Carezze di Anna ad un Muro Amico

MURO AMICO – di Anna Meli

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            Ricordo una strada stretta tra due vecchi muri di sassi che ha accompagnato il mio tempo in periodi belli o meno belli. Da bambina ci ho giocato in allegria insieme ad altri ragazzi cercando fra le connettiture di quelle pietre ruvide e irregolari, chioccioline, sassolini bianchi e lucenti, minuscoli vetri colorati finiti lì non si sa bene come impastati col cemento renoso e friabile.

            C’era al di là un campo che in primavera si ricopriva di fiori gialli come il sole ed io mi arrampicavo con fatica su fino in cima per poi lasciarmi cadere in quell’oro respirando a pieni polmoni quel profumo delicato.

            Ora quel muro a tratti è crollato e le pietre si sono ricoperte di rovi quasi  volessero proteggerne la fragilità. In un pezzo ancora integro c’è rimasta una scritta in bella calligrafia dove si legge “ Questo pezzo di muro è stato fatto nell’anno 1860”.

            Prediligo in modo particolare questo punto e spesso trovandomi a passare di là mi avvicino  e lo accarezzo per rivivere un periodo triste della mia vita. Lo ringrazio per aver dato appoggio e sosta per brevi riposi ad una persona a me molto cara e amata durante le nostre camminate.

Muro con la lettera Maiuscola per Stefania

Muro onesto – di Stefania Bonanni

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Un muro e’ cosa onesta, esplicita. Non c’è bisogno di interpretare, che qualcuno ne spieghi ilsenso. Il muro traccia il confine, divide, protegge dal mondo. Quando da ragazzi si scavalcavano muri dei poderi era quasi sempre per le ciliege, e di la’ spesso trovavamo cani feroci, e contadini arrabbiati.

Il muro chiude l’orizzonte, che diventa piccolo, a breve termine. Però si stava volentieri dietro al muro, per l’ombra, nei pomeriggi bianchi dell’ estate, e spesso c’era il pozzo, l’ acqua fresca. Si giocava a nascondino, dietro il muro, si riusciva a scavalcare, se serviva, ma era parte del panorama, aveva la lettera maiuscola, Muro, come Prato, Fiori, Fiume. C’era, e basta. Nessuna oppressione nei muri a secco costruiti dai contadini, e neanche in quelli con i cocci di bottiglia in cima. C’erano, C’erano sempre stati, forse. A me i muri sembrano bellissimi. Mi piacciono bianchi, fatti di pietre sovrammesse ed incastrate, come fossero puzzle. In alcuni c’è inciso l’anno di costruzione. Su uno vicino a casa mia c’è scritto 1916. Anche un muro può essere un diario. Ha visto tante cose, quel muro. A visto ragazzi giocare, innamoratini  nascondersi, avra’ visto soldati, contadini, animali nei campi.

Questi muri tra i campi non fanno paura. Quelli pericolosi sono invisibili, e ci congelano in ghiacciai che non si scioglieranno neanche con la clisi climatica. Ci fanno sentire soli ed invisibili, senza abbracci, senza voglie, senza slanci, a volte anche senza tristezza. Eppure basterebbe un soffio caldo, come si fa sui vetri, per rendere il muro vero, visibile, da buttare giù.

Lei capì che era rimasta imprigionata. I muri che la circondavano erano pensieri neri, paure e solitudine, forse. E muri di mattoni, pareti di mattoni rossi con le fughe bianche. Ma non si arrivava da nessuna parte, seguendo quelle fughe. Come le principesse nei castelli, chiuse e sole, anche le pareti possono diventare mura, invalicabili e segrete. Piu alte, piu’ impenetrabili, piu’ buie delle cantine, piu’ prigioni delle carceri. E spesso chi rimane prigioniero e’ incapace di urlare, come se perdesse la voce. Si acquatta e sorride, e piano sbiadisce. Quando fu tardi ed inutile, capire, arrivando al castello, stupì quel muro di mattoni, quella parete . Era una parete altissima e misteriosa, come fosse stata costruita per nascondere,lei. C’era un moscone che spiccava nero su quel rosso del muro, come fosse lei che comunque non se ne andava, nonostante le ali. Da quel giorno i mosconi mi turbano, allo stesso tempo mi emozionano, come visite da lontanissimi paesi, e mi fanno male, come chi torna in un luogo dove c’è stato un fattaccio.