Un muro con le gambe che insegue Rossella

MUROMOBILE – di Rossella Gallori

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Uno

Due

Tre

Il quattro non mi piace, quindi

Cinque

Sei

Sette

L’otto, non lo voglio, gira, tondo, simpatico…sembra cadere, ma resta in piedi, gira, gira che cazzo gira a fare.

Quindi, nove e dieci…

L’ uno del dieci, non ha il naso! Divento IO.

Dove avrà messo il naso?

Dove avrò messo il naso?

C’ era un piccolo foro, in quel muro, o ci stava un occhio o ci stava il naso, annusavo aria, profumo.

Alternavo il mio guardare, il destro, il sinistro, il sinistro meno, quello spazio nel muro non ha mai contenuto tutto il mio viso.

Una volta ci ho appoggiato una guancia, un pezzo di “ cicciamorbida”  che cercava una mano, una carezza. Tra i mattoni rossi le dita non arrivarono mai…forse si ma non lo ricordo.

Era sempre lo stesso muro, senza porta, in alto si ergeva una torre, sul davanzale della piccola finestra l’olio bollente aspettava l’ invasore.

Il muro, poi, ha perso la torre, non l’olio…l’olio no.

Ha messo su le gambe, questo paravento di calce e pezzi duri, mi segue, a volte è dietro di me, mi spinge, a volte riesco a scansarmi …poi me lo ritrovo davanti:

Cerco un approccio

Gli regalo un bamboccio

Gli sorrido lenta

Gli porgo caramelle di menta

Poi ritrovo il mio solito spazio, oggi un po’ più grande…filtra il giorno…l’imbrunire, la notte, poi ancora più giorno, più notte.

Finalmente un po’ di verde! Scosto con la mano graffiata la pianta di capperi che sa maledettamente di te…strappo una foglia, forse due…

Un fragore travolge il  dieci, cioè il mio io.

Crolla il muro inesorabile e stronzo.

Lasciandomi un piccolo spazio per respirare.

Respiro

Uno, due, tre…il quattro non c’ è………

Un muro antico per Simone

QUEL CHE RESTA DI UN MURO – di Simone Bellini

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Uno, due ,tre, quattro…

– Corri, corri, nasconditi dai ! – Si ma dove ?-

 Trenta, trentuno, trentadue….

Un rapido sguardo tutt’intorno-…. Trovato !- con un balzo atletico  me lo ritrovo accoccolato dietro le mie pietre, ansimante, eccitato per l’euforia del gioco –

cinquantasette, cinquantotto cinquantanove.

 – Si appoggia a me rannicchiato stretto stretto, ridacchiando sommessamente per non farsi sentire. Il suo calore si propaga nelle mie fessure, lo sento,…. come moltissimi anni fa riscaldava queste mura e i cuori di chi vi abitava.

 Tutto era amore in questa casa, tirata su pietra dopo pietra con entusiasmo e fatica per realizzare il sogno di una piccola fattoria  con animali e campi da coltivare. L’ allegria si spargeva nelle corse ridenti dei bambini fra le sottane della madre che stendeva i panni, mentre il padre si occupava del raccolto.

– Sessantanove, settanta, settantuno…….

Passarono gli anni. I gelidi inverni, le grandinate primaverili, le siccità estive compromisero i già miseri raccolti. Sia gli animali, che loro stessi, non avevano più di che vivere . In città avrebbero trovato il sostentamento in un lavoro in fabbrica.

Fui abbandonato.

La natura, le intemperie, i piccoli animali, gli insetti, topi, lucertole, si impossessarono di ogni mio anfratto, mentre le piante con le loro radici stavano prendendo il sopravvento sulla mia stabilità.

Per un po’divenni rifugio per i pastori e le loro pecore, finché le travi marce cedettero sotto il peso della neve facendo crollare il tetto . Stessa sorte, col passar degli anni, toccò al resto delle mura. Solo questo piccolo rudere, una striscia di pietre, è rimasto in ricordo di quel che fu.

– Ottantasei, ottantasette…..

Allunghi il collo per osservare la situazione, gli occhi vispi brillano di tensione che si disperde in un sorriso di puro divertimento.

-Stai giù, acquattati a me, se no ti vede!-

-Novantotto, novantanove, Cento!-

Il gioco inizia.