Il muro dei giochi per Daniele

Il muro in cemento – di Daniele Violi

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Il muro in cemento, tirato su dalle fondamenta, alla base del palazzo dove abitavo, rappresentava in modo figurato la porta, l’unica di un campo di calcio, che la piazza in discesa verso il muro, ci offriva e che poteva regalarci partite interminabili, dove lo schiamazzo correva piu del pallone.

Questo muro con tutte le pallonate, ….e dai oggi e dai domani…diventava un tamburo colpito continuamente e faceva salire la febbre del disagio alle famiglie e più che altro alle Mamme che ci intercettavano dalle terrazze, tra uno schiamazzo e l’altro, per costringerci a rallentare, se non a cessare, le staffilate che partivano dai nostri piedi. Io avevo un tiro potente con il piede sinistro. Allora il muro cambiava alla fine il suo compito; tutti in fila per decidere chi stava appoggiato per primo al muro, con la testa e lo sguardo nascosto verso il muro e le altre e gli altri a tentare di nascondersi dappertutto. Così iniziava ..Uno due tre per le vie di Roma, ……..un’altro gioco. 

Muri di campo per Carmela

Muri quasi insignificanti – di Carmela De Pilla

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Voleva capire, capire di più.

I filari delle viti ben allineati, interrotti qua e là dai vecchi fichi e orlati dagli antichi muretti a secco catturarono la sua attenzione e rimase impalata a guardare.

 -Tutto è in ordine qui, la sapienza dei contadini non lascia niente al caso!- pensò e con i piedi intrappolati nella terra fangosa se ne stava assorta nei suoi pensieri, la melma appiccicosa la imprigionava nei suoi mille perché, perché senza risposta con cui aveva ormai imparato a convivere.

Guardava davanti a sé i mille pezzi della sua esistenza che si rincorrevano, gli eventi si accavallavano alla rinfusa e tutto appariva caotico.

Un muro di pietre la separavano dal giardino fiorito, pietre grandi, pesanti, rotte, incastrate l’una sull’altra e tenute insieme da quelle più piccole, quasi insignificanti eppure essenziali per mantenere l’equilibrio, a lei mancavano proprio quelle piccole pietre per dare stabilità alla sua anima e il muro, quello che aveva dentro diventava sempre più fragile e franava ad ogni respiro.

Avrebbe voluto ricostruirlo pietra dopo pietra, avrebbe voluto incastrarci  quelle insignificanti, lo avrebbe risanato, curato, assistito e ne avrebbe fatto un mosaico di bellezza, poi avrebbe lasciato un varco per raggiungere il giardino fiorito.

Il forte odore di mentuccia la risvegliò e riprese il cammino sapendo che la luna l’avrebbe illuminata.

Carezze di Anna ad un Muro Amico

MURO AMICO – di Anna Meli

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            Ricordo una strada stretta tra due vecchi muri di sassi che ha accompagnato il mio tempo in periodi belli o meno belli. Da bambina ci ho giocato in allegria insieme ad altri ragazzi cercando fra le connettiture di quelle pietre ruvide e irregolari, chioccioline, sassolini bianchi e lucenti, minuscoli vetri colorati finiti lì non si sa bene come impastati col cemento renoso e friabile.

            C’era al di là un campo che in primavera si ricopriva di fiori gialli come il sole ed io mi arrampicavo con fatica su fino in cima per poi lasciarmi cadere in quell’oro respirando a pieni polmoni quel profumo delicato.

            Ora quel muro a tratti è crollato e le pietre si sono ricoperte di rovi quasi  volessero proteggerne la fragilità. In un pezzo ancora integro c’è rimasta una scritta in bella calligrafia dove si legge “ Questo pezzo di muro è stato fatto nell’anno 1860”.

            Prediligo in modo particolare questo punto e spesso trovandomi a passare di là mi avvicino  e lo accarezzo per rivivere un periodo triste della mia vita. Lo ringrazio per aver dato appoggio e sosta per brevi riposi ad una persona a me molto cara e amata durante le nostre camminate.

Muro con la lettera Maiuscola per Stefania

Muro onesto – di Stefania Bonanni

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Un muro e’ cosa onesta, esplicita. Non c’è bisogno di interpretare, che qualcuno ne spieghi ilsenso. Il muro traccia il confine, divide, protegge dal mondo. Quando da ragazzi si scavalcavano muri dei poderi era quasi sempre per le ciliege, e di la’ spesso trovavamo cani feroci, e contadini arrabbiati.

Il muro chiude l’orizzonte, che diventa piccolo, a breve termine. Però si stava volentieri dietro al muro, per l’ombra, nei pomeriggi bianchi dell’ estate, e spesso c’era il pozzo, l’ acqua fresca. Si giocava a nascondino, dietro il muro, si riusciva a scavalcare, se serviva, ma era parte del panorama, aveva la lettera maiuscola, Muro, come Prato, Fiori, Fiume. C’era, e basta. Nessuna oppressione nei muri a secco costruiti dai contadini, e neanche in quelli con i cocci di bottiglia in cima. C’erano, C’erano sempre stati, forse. A me i muri sembrano bellissimi. Mi piacciono bianchi, fatti di pietre sovrammesse ed incastrate, come fossero puzzle. In alcuni c’è inciso l’anno di costruzione. Su uno vicino a casa mia c’è scritto 1916. Anche un muro può essere un diario. Ha visto tante cose, quel muro. A visto ragazzi giocare, innamoratini  nascondersi, avra’ visto soldati, contadini, animali nei campi.

Questi muri tra i campi non fanno paura. Quelli pericolosi sono invisibili, e ci congelano in ghiacciai che non si scioglieranno neanche con la clisi climatica. Ci fanno sentire soli ed invisibili, senza abbracci, senza voglie, senza slanci, a volte anche senza tristezza. Eppure basterebbe un soffio caldo, come si fa sui vetri, per rendere il muro vero, visibile, da buttare giù.

Lei capì che era rimasta imprigionata. I muri che la circondavano erano pensieri neri, paure e solitudine, forse. E muri di mattoni, pareti di mattoni rossi con le fughe bianche. Ma non si arrivava da nessuna parte, seguendo quelle fughe. Come le principesse nei castelli, chiuse e sole, anche le pareti possono diventare mura, invalicabili e segrete. Piu alte, piu’ impenetrabili, piu’ buie delle cantine, piu’ prigioni delle carceri. E spesso chi rimane prigioniero e’ incapace di urlare, come se perdesse la voce. Si acquatta e sorride, e piano sbiadisce. Quando fu tardi ed inutile, capire, arrivando al castello, stupì quel muro di mattoni, quella parete . Era una parete altissima e misteriosa, come fosse stata costruita per nascondere,lei. C’era un moscone che spiccava nero su quel rosso del muro, come fosse lei che comunque non se ne andava, nonostante le ali. Da quel giorno i mosconi mi turbano, allo stesso tempo mi emozionano, come visite da lontanissimi paesi, e mi fanno male, come chi torna in un luogo dove c’è stato un fattaccio.

Un muro con le gambe che insegue Rossella

MUROMOBILE – di Rossella Gallori

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Uno

Due

Tre

Il quattro non mi piace, quindi

Cinque

Sei

Sette

L’otto, non lo voglio, gira, tondo, simpatico…sembra cadere, ma resta in piedi, gira, gira che cazzo gira a fare.

Quindi, nove e dieci…

L’ uno del dieci, non ha il naso! Divento IO.

Dove avrà messo il naso?

Dove avrò messo il naso?

C’ era un piccolo foro, in quel muro, o ci stava un occhio o ci stava il naso, annusavo aria, profumo.

Alternavo il mio guardare, il destro, il sinistro, il sinistro meno, quello spazio nel muro non ha mai contenuto tutto il mio viso.

Una volta ci ho appoggiato una guancia, un pezzo di “ cicciamorbida”  che cercava una mano, una carezza. Tra i mattoni rossi le dita non arrivarono mai…forse si ma non lo ricordo.

Era sempre lo stesso muro, senza porta, in alto si ergeva una torre, sul davanzale della piccola finestra l’olio bollente aspettava l’ invasore.

Il muro, poi, ha perso la torre, non l’olio…l’olio no.

Ha messo su le gambe, questo paravento di calce e pezzi duri, mi segue, a volte è dietro di me, mi spinge, a volte riesco a scansarmi …poi me lo ritrovo davanti:

Cerco un approccio

Gli regalo un bamboccio

Gli sorrido lenta

Gli porgo caramelle di menta

Poi ritrovo il mio solito spazio, oggi un po’ più grande…filtra il giorno…l’imbrunire, la notte, poi ancora più giorno, più notte.

Finalmente un po’ di verde! Scosto con la mano graffiata la pianta di capperi che sa maledettamente di te…strappo una foglia, forse due…

Un fragore travolge il  dieci, cioè il mio io.

Crolla il muro inesorabile e stronzo.

Lasciandomi un piccolo spazio per respirare.

Respiro

Uno, due, tre…il quattro non c’ è………

Un muro antico per Simone

QUEL CHE RESTA DI UN MURO – di Simone Bellini

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Uno, due ,tre, quattro…

– Corri, corri, nasconditi dai ! – Si ma dove ?-

 Trenta, trentuno, trentadue….

Un rapido sguardo tutt’intorno-…. Trovato !- con un balzo atletico  me lo ritrovo accoccolato dietro le mie pietre, ansimante, eccitato per l’euforia del gioco –

cinquantasette, cinquantotto cinquantanove.

 – Si appoggia a me rannicchiato stretto stretto, ridacchiando sommessamente per non farsi sentire. Il suo calore si propaga nelle mie fessure, lo sento,…. come moltissimi anni fa riscaldava queste mura e i cuori di chi vi abitava.

 Tutto era amore in questa casa, tirata su pietra dopo pietra con entusiasmo e fatica per realizzare il sogno di una piccola fattoria  con animali e campi da coltivare. L’ allegria si spargeva nelle corse ridenti dei bambini fra le sottane della madre che stendeva i panni, mentre il padre si occupava del raccolto.

– Sessantanove, settanta, settantuno…….

Passarono gli anni. I gelidi inverni, le grandinate primaverili, le siccità estive compromisero i già miseri raccolti. Sia gli animali, che loro stessi, non avevano più di che vivere . In città avrebbero trovato il sostentamento in un lavoro in fabbrica.

Fui abbandonato.

La natura, le intemperie, i piccoli animali, gli insetti, topi, lucertole, si impossessarono di ogni mio anfratto, mentre le piante con le loro radici stavano prendendo il sopravvento sulla mia stabilità.

Per un po’divenni rifugio per i pastori e le loro pecore, finché le travi marce cedettero sotto il peso della neve facendo crollare il tetto . Stessa sorte, col passar degli anni, toccò al resto delle mura. Solo questo piccolo rudere, una striscia di pietre, è rimasto in ricordo di quel che fu.

– Ottantasei, ottantasette…..

Allunghi il collo per osservare la situazione, gli occhi vispi brillano di tensione che si disperde in un sorriso di puro divertimento.

-Stai giù, acquattati a me, se no ti vede!-

-Novantotto, novantanove, Cento!-

Il gioco inizia.

Muri per il futuro di Lucia

Muri – di Lucia Bettoni

foto di Lucia Bettoni

Ho passato in rassegna tanti muri e il mio è questo:

una tavolozza in mano e un muro bianco senza fine che attraversa il mio e gli altri mondi.

Quanti muri colorati ho nei miei occhi!

Si, ho visto il muro di Berlino quasi mezzo secolo fa, colorato e lunghissimo.

Vi ho appoggiato sopra le mie mani aperte e ho spinto forte.

Dopo qualche anno è caduto perché nessun colore poteva velare quel dolore.

Adesso è il muro di una casa a Bruxelles che affiora di prepotenza nella mia mente:

camminavo in un viale, una delle strade principali e alzando gli occhi in alto

una donna grande e nuda, dipinta sul muro quasi all’altezza del tetto,

inequivocabilmente stava procurandosi del piacere con le sue mani.

Incredibile! In una città grigia come Bruxelles questa rappresentazione del piacere mi ha fatto sorridere.

Ah, ecco… Adesso vedo i muri di Tabriz dove le donne non sono nude ma molto, troppo coperte, dove le donne non hanno un corpo, non lo possono avere, e dove è proibito tenersi per mano.

Ed è proprio a Tabriz che in un muro di mattoni, infilate tra i loro interstizi, girandole e girandole roteavano al vento in una festa di colori. E su altri muri qualcuno aveva dipinto quello che non c’era: montagne verdi, fiori, cascate, uccelli. I muri come ricordo e speranza di bellezza.

Ecco, un muro bianco mi aspetta per dipingere il futuro.

I muretti d’Irlanda di Luca

Muretti di pizzo- di Luca Miraglia

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Il verde nebbioso eppure abbagliante delle colline d’Irlanda è mascherato da infiniti pizzi di muretti a secco: bassi, bianchissimi, disposti per linee irregolari che seguono il piegarsi del suolo e il poggiarsi dei venti oceanici.

Quei muretti non tracciano confini, non segnano un al di qua o un al di là: semplicemente ricamano le linee del vento sui poggi verdissimi, a difesa di quel poco che vi si può coltivare. Sono memoria di una umanità offesa che ha saputo, voluto pervicacemente resistere.

Non serve scavalcarli o seguirli per percepire la loro forza: basta leggere a distanza il bianco ricamo di pietra tracciato da mani esperte e disperate insieme, per sentirne il respiro vitale che ti accoglie.

I muri contro la pace di Patrizia

Muro – di Patrizia Fusi

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Vorrei essere una persona che non crea muri, vorrei rimanere umana, non lascarmi travolgere dalla faziosità.

In questo momento cosi difficile a livello mondiale con le notizie che ci arrivano dal medio oriente, mi sento mentalmente una barchetta di carta in un oceano in tempesta.

Seguendo la vita del popolo ebraico tramite i libri letti, mi sono sempre stupita di come si sia potuto attuare la persecuzione di questo popolo nella quasi totale indifferenza della popolazione civile in tutta  Europa.

 Ricordo dalle righe di un libro, dove un bambino ebreo che sente i passi di chi lo veniva a prendere il terrore che lui provava, ho sentito su di me tutta la paura di quel bambino.

Cosa dobbiamo fare per non essere complici dei crimini che vengono commessi nell’ interesse di altri.

Attualmente sento un gran peso per quello che succede nel mondo, tante guerre, tanto dolore, tante nazioni tenute nella povertà per potere permettere a una parte del mondo di vivere più comodamente.

Sono arrivata ad una amara conclusione:  noi esseri umani siamo feroci, ipocriti, egoisti, nella storia ci sono state sempre guerre e sopraffazioni  uno popolo sull’ altro popolo per ideologia o per profitto

Il Muro – L’ostacolo di Rossellina

Il muro – di Rossella Bonechi

foto di Rossella Bonechi

Se penso al Muro penso all’ostacolo non alla protezione, penso al mio spazio e al tuo non al nostro spazio, penso ad un ingombro che para la visuale non a qualcosa che tiene fuori altri occhi.

Se penso al Muro penso alla fatica, alla pesantezza, alla granitica resistenza: muri di città -fortezze arrivati intatti fino a noi sicuramente grazie al sudore e forse anche alla vita di molti uomini.

Ma poi mi viene in mente la ripresa dall’alto di una bella Campagna coltivata dove serpeggia una linea quanto mai irregolare ma che delimita, rincorrendosi, coltivazioni alberi rovi prati.

È un muro a secco, costruito con sapienza e pazienza da chi ha scelto pietra per pietra: quelle in basso a creare spazi per alloggiare quelle in alto che fungeranno da appoggio. La bellezza di questo lavoro appanna il significato negativo di “Muro”, gli dona una sua nobiltà e capisco che i muri sono inconsapevoli del loro compito, siamo sempre noi che li costruiamo secondo le intenzioni.

Una parola per ognuno – Follia per Gabriella

Follia – di Gabriella Crisafulli

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Era il tempo del caos. 

Difficile vagare fra un impiccio e un altro.

Era necessario saltare gli ostacoli.

Di tanto in tanto qualcosa crollava: scatole piene di giornali, pile di libri in equilibrio precario, pignatte impilate alla meno peggio.

Su tutto si posava la luce di uno splendido autunno che disegnava picchi e vallate tra cui penzolavano cenci in disuso.

Il filo si era spezzato.

La matassa appariva ingarbugliata: dove il bandolo?

Nel frigo? Sotto il letto? Fra le pieghe dell’abito da sposa?

E le scarpe, dove erano le scarpe?

Il cervello si era increspato tra un intoppo e un altro, in un sali e scendi di emergenze e burrasche. Il plissè della mente creava un reticolo di fitte piegoline. La selva di malie suonava le note di un incantesimo tutto da svelare.

Da un angolo nascosto faceva capolino il tempo delle mele.

Una parola per ognuno – Daniele e il seme

Seme – di Daniele Violi

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Seme, che ci affascini tutte le volte che vogliamo scoprire cosa ci donerai di bello.    D’incanto, come la sorpresa di un regalo, ti apri, germogli, fai nascere una nuova vita.

Seme, che senza clamore ci fai luccicare gli occhi, tutte le volte che un germoglio, una nuova vita ci riempe di gioia e nutre i sensi che desideriamo apprezzare. 

Seme di fagiolo, sei ora rappresentante, mi caschi a fagiolo, abbracciato al farro, in un buon piatto caldo, mi dai tanto sapore e tanto gusto della vita.  

Una parola per ognuno – Sandra e il gioco del mondo

Il Gioco del mondo – di Sandra Conticini

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Il gioco del mondo dovrebbe sempre finire che qualcuno vince e un altro perde, come succedeva quando eravamo bambini. Chi perde fa qualche lacrimuccia e amici come prima.

Dov’è finito il mondo che conoscevo da bambina?

Ai miei occhi sembrava  semplice, ognuno aveva il suo ruolo.  Il lavoro dei ragazzi era giocare, studiare, divertirsi con le cose semplici, avere rispetto delle persone più grandi di loro e, quando facevano qualcosa che non dovevano, erano nocchini.

La semplicità ormai è difficile trovarla, l’umiltà non esiste più ed anche l’amore per gli altri non si sa cosa sia.

Mi sento come una barca alla deriva perché “il gioco del  mondo” gira  intorno ai soldi, al potere, alla cattiveria,  alla prepotenza e,  anche se cerco di assecondarlo, non mi piace per niente.

Una parola per ognuno – Carla e il caos

Caos – di Carla Faggi

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All’inizio fu il caos, tirai fuori la testolina piano piano, mi guardai attorno, c’era ancora il caos.

Spingevo con le spalle ma ero incastrata, tante facce attorno a me ma tutte in altre faccende affaccendate. Dovevo riuscirci da sola.

Disincastro un braccio, poi scivola via anche l’altro; mi spingo ancora di più in fuori, ma attorno a me tutte le persone del mondo erano ancora in altre faccende affaccendate.

Mi sporgo ancora, mi sforzo, mi aggrappo a chi c’era…e poi cercando spazio riesco quasi ad uscire. Una mano si porge, la prendo. Ecco ci voleva, ora ci riesco. Grazie.

Una parola per ognuno: Domanileggero – Stefania

Domanileggero – di Stefania Bonanni

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Scrivo perché quello che non c’è, ci sia. Quello che non c’è mai stato, chissà dove si e’ nascosto.Quello che non è mai stato visto, l’hanno guardato occhi assonnati, e forse non l’hanno riconosciuto.

E poi, chi sarebbe così presuntuoso da dire che tutto quello che non ha visto, non esiste?

Io mi beo di particolari che nessuno di solito vede.

Forse non esistono le ringhiere piene di ghirigori delle terrazze delle case d’epoca, solo perché di solito i passanti guardano in giù e non in su’?  Forse solo io scopro pavoni ed iniziali intrecciate, nel ferro battuto che in alto chiude le due parti di un vecchio cancello? Se così fosse, gran colpa dell’ impoverimento delle nostre anime si può addebitare a chi fa fare bisognini al cane senza raccogliere, e ci costringe a guardare dove mettiamo i piedi anziché il cielo, le terrazze, le nuvole.

Una parola per ognuno: Orizzonte – Anna

ORIZZONTE – di Anna Meli

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Orizzonte è un bacio fra il cielo e la terra , fra la terra e il mare.

Ti da’ un senso di pace e, col suo abbraccio ti stimola ad immaginare

cosa possa esserci al di la’: persone, cose, altre vite, altre realtà.

Una varietà di casi e di fatti contrastanti…guerra e pace, amore e odio,

bene e male sui quali l’orizzonte segna una linea di inizio e di fine.

Una parola per ognuno: Incontro del 19 ottobre 2023 – Rossella

Rossella Gallori – TESSERE

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TESSERE di silenzio

TESSERE  di assenzio

Il telaio si era rotto, il tessuto era venuto sghimbescio, increspato, storto nel disegno…

Poco per una gonna, inutile per un gilet, forse una toppa?

TESSERE, io non tessevo

Crescevo

Non capivo

Vivevo

Ci feci una cravatta, con la lana disfatta.

TESSERE di partito, TESSERE del tram, TESSERE di uno stupido spaccio, anche la foto della Madonna, sembrava il lasciapassare per un posto migliore.

Cucivo a mano in un caos speciale, aghi senza cruna, fili arruffati, quasi sbiaditi, dai colori stupendi…inimmaginabili.

Tessevo, pregavo, cucivo, mentre  mordevo la mela che aveva un verme di seta goffrata…