Rancori non detti di Nadia

LE COSE CHE NON TI HO DETTO – di Nadia Peruzzi

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Mi ci è voluto del tempo, anni, per liberarmi dal peso di un limite. Il tenermi dentro le cose e logorarmi, soffrire senza dire, prima di scoprire quanto sia corroborante rispondere a tono, anche a raffiche ad alzo zero, se necessario.
A te, Caterina la bella di raffiche ne avrei dovute tirare più di una.
Amicizia nata sui banchi del liceo e al solito, per quegli anni, intrecciata anche con la politica.
Una amicizia che non lo era, alla prova dei fatti, intessuta di fili di eccessi e di adolescenza in tumulto.
Troppo di tutto, esclusiva e chiusa. Una di quelle storie che di solito finisce nell’unico modo in cui deve. Cioè male.
E tu carissima più volte ti sei comportata da vera cacchina, tendente pure al verdognolo. Te lo scrivo di cuore.
Fra le cose migliori quando bella bella, ”sai, ora ho un ragazzo come possiamo continuare come prima?. ”Un vaffa al cubo ci sarebbe stato benissimo, ma evitai.  
Ci pensò lui a essere stronzo quanto basta nei tuoi confronti da farmi gustare a distanza di tempo il detto che la vendetta è un piatto che va assaporato freddo. Beh, quello fu gelido addirittura perché ormai si era congelato tutto e non era ricucibile assolutamente nulla sul piano dell’amicizia che poi alla prova dei fatti, amicizia vera non era.
Ci siamo perse poi di vista.  Tu in Venezuela col tuo compagno nuovo.  Uno di quelli che lavorano per grandi aziende, vanno all’estero e dopo aver intrattenuto per anni i rapporti che contano poi si mettono in proprio.  Bella vita, begli ambienti. Poi però Chavez vi ha tarpato le ali cercando di far salire e far emergere gli ultimi, gli esclusi.
La tua posizione, legittima ci mancherebbe, antichavista chiaramente scritta su facebook in polemica con me dopo anni e anni che nemmeno il buon giorno e buona sera e forse, solo forse,  qualche buon compleanno.
Mi volevi pure convincere a cambiare idea su un evidente tentativo di colpo di stato che puzzava come una latrina sporca e corrotta.
Sedersi per trenta anni al tavolo dei ricchi e dei benestanti, benpensanti può far male anche alla figlia di un vecchio segretario provinciale del PCI.  
Ma hai fatto anche altro. Mi telefonasti un giorno. Eri a Firenze, avevi parlato a lungo con mia mamma. Lei tutta entusiasta.  Io quando presi la telefonata sempre con le mani in avanti e pronta a cogliere la fregatura. Ormai avevo imparato.
Era un invito a cena. Un giorno di calendario preciso, non trattabile. Invito perfetto, fatto con i tuoi modini, sempre gli stessi, da chi ci sa fare.  Piacionici, sfruttando un aggettivo fantastico inventato dalla sagacia di Gigi Proietti.
Non ci volle molto per capire che a Firenze già c’eri da due mesi. Già ti eri incontrata con altre di quella classe del liceo, senz’altro quella di cui conservo il ricordo peggiore di tutta la mia carriera scolastica.
Stavi telefonando due giorni prima di ripartire, evidente segno di quanto quella cena ti interessasse realmente.  
Che ti andasse di traverso non te l’ho detto. Ma l’ho pensato. Eccome se l’ho pensato!

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

1 commento su “Rancori non detti di Nadia”

  1. Bravissima,hai tratteggiato con dolce veleno una realtà scomoda ma reale,tutti ne abbiamo vissuto di analoghe,sempre coperte dal bon ton.Per fortuna qualcuno scopre il vero sentire e tutti ci sentiamo più accomunati.Complimenti.👍😂

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