La foto scelta da Cecilia: dal vetro

Attraverso il vetro – di Cecilia Trinci

La ragazza col vestito giallo è sua figlia.

L’aveva notata un paio di mesi fa  per le strade vicino a dove era andato a vivere. Lui camminava senza una meta precisa, in cerca di un bar diverso dove annacquare l’amarezza,  aveva alzato gli occhi dalla tristezza solita di quelle ore, quando accettare la realtà sembra quasi impossibile e l’aveva vista.

Lei camminava da sola, aveva qualcosa di familiare nel muovere il vestito, nel girarsi di tanto in tanto a specchiarsi nelle vetrine, nel muovere i capelli facendoli ondeggiare come una marea leggera.

Quel giorno aveva un vestito verde.

Stasera l’ha vista di nuovo, entrare in quel negozio con un’amica insignificante. E’ stato attratto da quel muovere la testa senza spostare le spalle, quel camminare a lunghi passi, come una piccola antilope nel deserto.

La luce le batte in faccia, ora, sotto le lampade del negozio. Ride e l’amica le dice qualcosa nell’orecchio e lei ride a testa indietro, muovendosi tutta in una vibrazione di felicità.

E’ ipnotizzato. Quasi non respira per paura di vederla scomparire.

Aveva forse dieci anni l’ultima volta che l’aveva vista.

Si era chiuso la porta alle spalle quel giorno e non era più tornato indietro.

La madre era stata tassativa: mai più! e dentro ci aveva messo tutto quello che era stato in comune, anche la figlia.

Non ne aveva sentito la mancanza. Una bambina difficile con i suoi pianti incontenibili, le sue esigenze, le scarpe da comprare, i libri, la scuola, sua moglie che gli urlava dietro i doveri e le incombenze.

Non aveva mai rimpianto quel giorno.

Meglio la vita del bar, del “domani è un altro giorno”, delle sue poche esigenze essenziali.

Eppure ora è lì, incantato davanti a quelle due creature leggere, ridenti. Sente un macigno scoppiargli dentro, da qualche parte, sente un forte desiderio di abbracci, di appoggiare la testa pesante di alcol in quei capelli leggeri, sicuramente profumati.

Spera che si volti, che lo veda. Ma se così fosse dovrebbe fuggire e allora spera che quel momento duri per sempre. O almeno qualche attimo ancora.

Assorbe tutto il giallo che può del suo vestito, fa il pieno delle risate, dei sorrisi, dei capelli ondeggianti sulle spalle. Poi sono loro due che spariscono per prime nella notte.

La foto scelta da Anna: i piedi

I PIEDI – di Anna Meli

            Quattro piedi, quattro cammini diversi, quattro vite diverse; tutte uno stesso percorso simile e differente nello stesso tempo.

            Si erano conosciuti in un lontano giorno in un campo profughi dove erano giunti bagnati e stanchi. La loro conoscenza era avvenuta attraverso gli sguardi provati dallo sconforto poiché i loro dialetti e le lingue diverse non glielo avevano permesso.

            Erano stati separati per i primi soccorsi, ma ciò non aveva impedito loro di ritrovarsi il giorno seguente. Era come se un filo si fosse impadronito dei loro pensieri. La solidarietà si manifesta soprattutto nella sventura.

            Avevano cominciato a dialogare con poche parole e molti gesti e si erano scoperti accomunati da un’unica esperienza: la fuga. Chi scappava dalla guerra, chi dalla miseria e dalla fame, chi dalla persecuzione politica e chi, troppo giovane per capire, si era ritrovato in un gruppo senza sapere il perché spinto da altri miseri come lui nella ricerca di quel benessere gratuito di cui si parlava come in una favola.

            Non era piacevole la vita nel campo e ognuno sperava che presto finisse per avere la possibilità di tornare padroni della propria esistenza e tentare di ricominciare altrove.

            Un giovane, un ragazzo, una donna e un vecchio erano lì a piedi scalzi nella polvere; le scarpe le conservavano per l’eventuale partenza. Il resto del loro vestire non era egualmente importante. Chissà quanto avrebbero dovuto aspettare ancora per andarsene!?

            Si erano guardati i piedi sporchi e malconci e in un gesto spontaneo, a due a due ne avevano unite le dita formando una croce…la loro vita. Un solo momento e tutti e quattro avevano rialzato  la testa, si erano guardati comunicandosi con un leggero sorriso che non sarebbe stato sempre così.             Quei piedi dovevano camminare ancora, lottare ancora per realizzare le loro aspettative e i loro sogni.