Cartoncino: falò di legna verde
di Sandra Conticini

Quella domenica sarei andata con il vecchio treno a vapore per i paesi della Val D’Orcia. Appena sopra mi accorsi che forse era stata una decisione azzardata perché era una escursione più per famiglie che per persone adulte e sole. C’erano tanti bambini chiassosi, ma nessuno riusciva a tenerli calmi così avevo paura di pestarne qualcuno o di cascare in terra.
Per fortuna riuscii ad accaparrarmi un posto in uno scompartimento dove c’era una signora anche lei sola. Le chiesi se potevo sedermi lei fece di sì con la testa e poi mi disse di chiudere la porta e tirare le tendine. Questo mi fece capire che anche lei aveva bisogno di tranquillità.
La squadrai, era ben vestita, una bella borsa nera, un paio di scarpe comode, truccata ma non troppo, orecchini ultima moda, una bella sciarpa di seta con i colori dell’arcobaleno. Insomma questa signora mi dava sicurezza ero contenta della mia scelta.
Mi misi a sedere, fuori il paesaggio correva veloce, si vedevano le collinette a tratti brulle a tratti verdi, ogni tanto spuntava qualche cipresso ed in alto isolati casolari in quella terra di colore marrone mista al grigio ed in lontananza terra e cielo sembrano fondersi.
– Che bel paesaggio! Esclamai a voce alta.
– Davvero, io sono nata a Rapolano e ci sono stata fino all’età di dieci anni poi siamo andati a Siena. Ho molti ricordi, ed almeno una volta l’anno cerco di venire e, se non approfitto di queste occasioni, i miei figli hanno i loro impegni. Promettono di portarmi ma il tempo passa e se ne scordano.
– Io volevo rivedere questi luoghi perché ho il ricordo di un trekking fatto agli inizi degli anni 80 insieme a una quindicina di amici. Fu pieno di imprevisti, ma divertentissimo. Era il week-end di Pasqua e le previsioni erano brutte. Si partì ugualmente da Firenze che pioveva, arrivati ad Asciano il tempo era grigio, ma dopo mezz’ora di cammino iniziò a piovere. Il terreno diventò un manto fangoso e, nonostante gli scarponi, stare in piedi non era facile. Trovammo un casotto diroccato e li ci riposammo, ma la pioggia continuava a cadere, riprendemmo il nostro stradello per i campi. Dopo una serie di sbagli di strada arrivammo ad una stazioncina, forse Buonconvento, che per fortuna aveva una sala d’aspetto. Tutti bagnati e infreddoliti mangiammo ognuno i nostri panini e il capo decise che con qualche mezzo dovevamo arrivare a Montalcino dove avevamo affittato un casolare per mangiare e dormire. Chi con la macchina di paese chi con l’autostop ci ritrovammo al casolare che era in fase di ristrutturazione. Mancavano le porte, anche quella del bagno, eravamo affamati, stanchi e la amatriciana che ci eravamo fatta ci sembrava buonissima, pane, affettati e tante risate… Anche lì era freddo così i ragazzi andarono a cercare della legna e fecero un falò con la legna verde e bagnata, lo stanzone si riempì di fumo, ci fu un fuggi fuggi generale e andammo fuori che comunque continuava a piovere. Anche la nottata fu movimentata. Ogni tanto qualcuno si alzava e spostava il letto perché gli pioveva addosso ed i secchi erano già stati utilizzati tutti. Per fortuna la mattina seguente c’era un bel sole ! Furono giornate impegnative ma indimenticabili e spesso quando ci ritroviamo tra amici le ricordiamo e ancora oggi ridiamo.
Angela, quello era il nome della mia compagna di viaggio, rideva con me.
Al momento del saluto mi sono venuti i lucciconi perchè ero rimasta affascinata dalla dolcezza e dalla bontà di questa persona fino al giorno prima sconosciuta. Con la sua tranquillità mi aveva fatto sentire a mio agio e passare una giornata diversa e spensierata.
Ricordo fresco, leggero, giovane accanto ad una signora tranquilla, che ispira fiducia e senso materno
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Angela, come poteva chiamarsi diversamente…mentre fuori il paesaggio correva veloce…
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Grazie
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