Dimmi che ti manco – di Patrizia Fusi

Solitudine nostalgia di una bambina.
Una grande villa con la facciata ricoperta da una pianta rampicante con dei fiori a imbuto di colore arancione, un viale di ghiaia esteso come la casa che dal cancello d’ingresso portava al garage, dove venivano parcheggiate le macchine, sopra la stanza dei giochi, per il ragazzino di casa.
Al centro un grade plastico con paesaggi, stazioni ferroviarie, doppi binari dove i trenini correvano veloci, tanti altri giochi.
Poteva entrarci ma non toccava niente, sentiva che non erano cose sue, il suo compagno di giochi era un bellissimo cane lupo, si poteva osservare e fantasticare.
Il giardino anch’esso grande e curato, al centro un pergolato interamente ricoperto di glicine, quando era fiorito era una gioia guardarlo, sotto, tutto intorno ai lati, vasi di bianche camelie profumate, alcuni rami fasciati con il terriccio per fare nuove piante tramite talee
I candidi fiori bianchi emanavano un intenso profumo, nel centro un tavolo di marmo bianco con attorno sedie di ferro battuto smaltate di bianco.
Il giardino era suddiviso in tre quadrati in uno c’era una bella piscina ma doveva essere rotta perché era sempre vuota, era foderata di piccole mattonelline celesti, negli altri due, piante di dalie a forma di girasole o a buchi di vespa di vari colori, piante di puzzole, vasi di bianche margherite di gerani di vari colori, le siepi di bossolo recintavano i quadrati, le conche di limoni erano posizionate lungo il viale di ghiaia, i frutti brillavano al sole come gioielli dorati, i piccoli fiori erano profumati.
Al termine del giardino per tutto il perimetro c’era una pergola di uva bianca da tavola, quando era matura veniva legato un sacchetto intorno ai grappoli più belli, per proteggerla dalle intemperie e per poterla consumare nelle feste natalizie.
Al lato opposto al garage un cancellino un po’ sgangherato per entrare nell’orto, quello era il giardino della verdura, c’era di tutto, era veramente bravo chi accudiva al giardino e a l’orto.
In certe ceste, il venerdì, veniva raccolta tutta la verdura e la frutta che era pronta, che il proprietario della villa portava alla sua famiglia che passava tutta l’estate nella loro casa di Forte Dei Marmi.
Era un ambiente sereno, ma la bambina si sentiva avvolta da una maglia di malinconia e si chiedeva.
Dimmi che ti manco un po’.
Anche se non è tanto.
Anche se non è vero.
E questo dubbio è quello che sempre è tornato nella vita di lei
Ogni volta sento un tonfo di dolore cupo, grasso, accecante
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Vengo quasi travolta, dallo splendore della casa, distratta dalla sua bellezza, mi accorgo troppo tardi di una “bimba sola”
Una bimba fiore ” vestita di malinconia” un fiore piccolo ed importante, profumato…degno di attenzione, tanta.
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Bello Patrizia.Brava.Quella ghiaia che fa rumore ad ogni passo,i grandi vasi mi sembra di vederli e quasi di toccarli. e quella bambina che si aggira in tuttebquelle bellezze ma sola fa tenerezza.
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Mentre leggevo non potevo crederci!! Possibile che Patrizia stia descrivendo il giardino della villa di Torre a Cona, possibile che anche lì mettessero i sacchetti intorno ai grappoli d’uva!
Possibile che stia descrivendo le emozioni di una bambina che conosco molto bene?
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