Storia di Cecilia: biondina inaspettata

La solita bionda – di Cecilia Trinci

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I casi erano due: o smetteva di farsi domande inutili e affrontava la situazione, oppure lasciava perdere, girava i tacchi, usciva dal supermercato e  riprovava l’indomani a riempire il frigo che era rimasto vuoto.

L’unica cosa che lo tratteneva era il dubbio che fosse proprio lei e non la sorellina, ormai cresciuta di sicuro, che aveva i suoi stessi occhi di quel color temporale d’estate e quei capelli chiari da tedesca in vacanza. La guardò intensamente mentre si avvicinava alla cassa. Aveva comprato le cose che comprava sempre: cioccolata fondente, pasta, tonno, salsa di pomodoro. Doveva vivere ancora da sola….nonostante gli anni passati. E chi poteva resistere con lei? All’inizio bacini bacini, carezzine carezzine….poi veniva fuori il suo carattere da leonessa! Chissà se Pietro aveva pure un po’ paura ad affrontarla, così, senza preavviso.

Tutti e due pagarono la spesa a due casse diverse e in contemporanea. Così la seguì fino all’ascensore. Entrarono insieme, lui il cappello calato sugli occhi: voleva parlarle prima di essere riconosciuto. Ma lei di sicuro non lo aveva neppure notato.  Pietro schiacciò il pulsante del parcheggio n.2 e mise in tasca la mano. Lei si toccò i capelli mentre scuoteva la testa, sempre in quel suo modo ingenuo e sexy nello stesso tempo. Sì era proprio Paola, piccole rughe intorno agli occhi tradivano la quarantina. La seguì fino alla macchina, convinto di essere invisibile, ma appena lei aprì la portiera lui si decise: “Mi devi metà del malloppo, te lo ricordi? Non ho fatto dieci anni di galera per niente. Dove lo tieni?” estrasse un coltello dalla tasca sinistra e glielo puntò nel fianco, premendo. Lei avvertì la punta che stava per attraversare l’imbottitura del piumino blu. Fu un attimo, si girò di scatto, gli appioppò un calcio in piena faccia e subito dopo un altro in un punto molto più sensibile, salì in macchina mentre lui si accasciava e fece retromarcia. …..

Nel garage non c’era nessuno, era buio e nessuno vide il suv nero arrampicarsi per lo scivolo del parcheggio. Il corpo lo trovarono  dopo: in fondo era solo  un ex detenuto che forse si era trovato coinvolto  in un regolamento di conti inaspettato.

Storia di Carla: indecisione fatale

Un giorno indeciso – di Carla Faggi

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«Aspetto che se ne vada», pensò, «e poi pago la spesa e me ne ritorno alla mia vita, in fondo ho fatto a meno di lei dieci anni, posso benissimo continuare così.

«Oppure potrei salutarla chiedendole appena come sta, dire che io sto bene e poi andarmene!»

Non gli passò minimamente l’idea che poteva invece avvicinarla e ritrovare l’intesa di un tempo, raccontarsi la propria vita chiacchierando un po’.

Chiuse gli occhi e quando gli riaprì non la vide più. Sollevato dal non aver deciso perché era stata lei ad essersene andata, si avvicinò alla cassa, pagò ed usci.

«Pietroooo! Ma sei proprio tu?», quasi gridò Paola sistemandosi il foulard alla meglio e peggio nascondendo così un possibile argomento non piacevole di conversazione.

«Ma che ci fai da queste parti? Che bello vederti! Dai sediamoci su quella panchina che ho proprio voglia di chiacchierare con te…»

«Ci…ao Paola…ecco io veramente…si,si sto bene…anche te , si vede…all’Università? E si…bei tempi…no, no io sono single…cooosa dici? Eri innamorata di me…ma…ma e lui, lui…per ingelosirmi? Ma io…io…»

Pietro avrebbe quasi pianto ma non poteva per dignità.

Non voleva altro dalla sua vita che Paola, la voleva allora che era bionda e carina, la voleva durante questi dieci anni quando la pensava con l’altro e poi forse con altri, la vorrebbe ora anche se era così cambiata, ma…non era capace di dirglielo. La guardò, le disse: «…mi dispiace…» e se ne andò.

Pensò che i casi erano due, o era un imbecille o era un codardo imbecille! Non scelse cosa poteva essere, in fondo non sceglieva mai. Continuò per la sua strada e salì su un autobus qualunque, il primo che passava.

La storia di Simone: sorpresa alla cassa

SPESA A SORPRESA – di Simone Bellini

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I casi erano due: aspettare che uscisse dal supermercato e perderla per sempre un’altra volta o farsi avanti per ritrovarsi piacevolmente stupiti dopo tanto tempo. Magari sarebbero rimasti a parlare dei loro migliori anni insieme, di come la vita li avesse cambiati, se erano felici o delusi, maltrattati ( come faceva presupporre quell’ematoma sul collo ) oppure entusiasti di quell’incontro.

Ma se voleva salutarla doveva decidersi subito, le rimanevano pochi articoli nel carrello.

Approfittò di una pausa indecisa della cassiera che si era soffermata a leggere una scritta sulla busta di carta del pane con un’espressione terrorizzata.

– Paola – gridò andandogli incontro con il cuore che batteva a mille per l’emozione.

– Zitto!!- gridò lei dopo un primo momento di imbarazzata sorpresa- Fermati !!!-

– Paola sono Pietro non mi riconosci ?-

– Zitto ho detto ! –

– Ma Paola ?…. Paola Neri !?! –

In quel momento dalla busta della spesa partì un colpo di pistola.

 Un dolore lancinante alla spalla lo fece svenire.

-Ti avevo detto di stare zitto ! – Si scusò lei.

“PUM” un altro sparo riecheggiò nel supermercato, questa volta era la pistola della guardia giurata accorso in difesa della cassiera.

Il colpo la centrò in pieno facendola accasciare in terra fra le urla dei presenti in un fuggi fuggi generale.

Seguirono ambulanze, polizia,ispettori.

– Commissario, guardi questa busta del pane. – disse l’appuntato porgendogli la busta di carta sul quale c’era scritto “ questa è una rapina, ho una pistola nella borsa della spesa, resta tranquilla e dammi l’incasso della giornata come se fosse il resto, nessuno se ne deve accorgere.”

Storia di Stefania: scappare via

La fuga – di Stefania Bonanni

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I casi erano due: avvicinarsi, salutare, dire le solite ovvietà richieste dal caso:  “ma sei Paola, ma come si fa  a essere sempre la solita? giuro sei proprio come ti ricordavo seduta in aula magna a prendere appunti….” poi le avrei stretto la mano con partecipazione  cercando di avvicinarmi  il più possibile e inevitabilmente avrei visto le piccole rughe intorno alle labbra e quello stringere gli occhi dall’emozione che li facevano sembrare  piccoli, più piccoli di un tempo, e forse neanche più tanto verdi e forse neanche blu: i colori erano affogati in un marroncino con qualche riflesso, nulla di più. Le avrei visto le pieghe del collo che accusavano la forza di gravità come tutta la carne, avrei chiesto se era sposata e non mi interessava per nulla, avrei chiesto se aveva dei figli e questo mi mi sarebbe servito per parlare dei miei, avrei domandato del lavoro ma la scontata risposta “sono in pensione” (che è la cosa che anche io rispondo a medesima domanda) detta in un supermercato pieno di gente di corsa, aspettata a casa da figli piccoli, in quella pausa pranzo per fare la spesa mi sarebbe sembrata proprio intollerabile, a metà strada tra il sentirsi inutili e l’essere parassiti, a godere di privilegi a carico di qualcuno. Se l’avessi salutata avremmo parlato del nostro compagno di corso, morto giovane in un incidente di “come è strana la vita proprio lui così bello e pieno di donne”, poi si sarebbe parlato del tempo che “non è più quello dei nostri tempi”… e qui ci sarebbe stato bene un punto esclamativo! Come si fa a ricordare com’era il tempo? e poi si sarebbe passati agli acciacchi e arrivati al reflusso gastrico avrei guardato l’orologio e fingendo sorpresa avrei chiesto  scusa. Dicendo una bugia avrei detto di sperare di incontrarla ancora e mi sarei allontanato di corsa, senza fare la spesa… E questa era la prima ipotesi: andarsene di corsa

La storia di Rossella G.: sorriso amarognolo

I CASI ERANO DUE… – di Rossella Gallori

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O inciampo nel suo carrello, sbadatamente, sperando che lei mi riconosca, le porterò il mio pacco di pasta, facendole credere sia il suo…incrocerò il suo sguardo, strabuzzeró  gli occhi, aspetterò contando fino a sette, massimo otto : uno, due, tre…sette…otto.

Farò i complimenti ai bambinucci, che visti più da vicino, tanto bellini non mi sembrano; non hanno i suoi occhi, i suoi colori, quell’onda di mare che mi bagnava l’ anima, ogni volta che la vedevo entrare nell’ aula di scienze.

Avevo ceduto il passo ad un vigliacco, uno che l’ aveva rimpallata di chiacchiere, la colpa era stata anche mia, pensò, nascosto dallo scaffale. Notò anche il  livido sul collo, solo lui poteva aver messo le sue mani maligne, su un cigno così delicato…….

TROPPE SCENE, TROPPI FILM, PENSO AD UN PIANO “B”

Salgo sul banco della macelleria, grido: PAOLAAAAAA…sono PIETROOOOO, lancerò in aria, a mo’ di coriandoli, le pennette corte, rigate Barilla, in offerta, semiscadute…

Cazzo, dovrà pure sentire, cercherò di distrarre i mostrini (brutti come lui) con chicche supergolose; la stringerò tra le braccia, bacerò il suo livido sul collo, ricordandole le nostre lezioni di violino, quando anche io avevo un livido sul collo a sinistra, lei il suo a destra… una magnifica violinista mancina: Paola… un po’ invecchiata ora, come me d’ altronde, un Pietro d’epoca, senza valori, non avevo concluso niente, né studi, né amori.

Riguardò il foulard stropicciato, intorno al collo ancora delicato se pur segnato, dava l’idea di una vita modesta, senza fronzoli tra figli, casa, lavoro…

Forse  l’ aveva amata, forse voluta, più per vantarsene, con l’ amico stronzo…..ma ora, tutto sbiadito…

Ripose il pacco di pasta, per sceglierne un’altra, all’uovo… avviandosi frettolosamente verso  la cassa….dove in modo brusco la commessa offrì la soluzione “ C “

ALLORA CI SI MOVEEEEE, SI CHIUDEEEEE❣❣❣❣❣

La storia di Sandra: potenza del ricordo

Ricordi e speranze – di Sandra Conticini

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Poteva pagare la spesa ed uscire senza farsi vedere, nascondendosi dietro ad altre persone, ma questa soluzione era da vigliacco, e lui non lo era.

Le tornarono i ricordi dell’università. Paola era molto bella, con quegli occhi di vetro trasparente, capelli  biondi lunghi boccoli castani e quel suo modo di parlare signorile che lo faceva sognare. Era ancora innamorato di lei. Eppure volle sposare quella brutta persona sempre a giocare e bere con gli  amici, con modi esagerati,  un venditore di fumo … In quel momento decise: uscì allo scoperto.

Abbandonò il  carrello della spesa ed iniziò a cercare Paola. La vide che stava scendendo in garage. Si avvicinò con indifferenza a lei , si guardarono e, molto stupita, lo riguardò diverse volte, poi le buttò la braccia al collo urlando: – Pietro ma sei proprio tu, non ci posso credere!!! Quanto tempo è che non ci vediamo. Sei sempre affascinante come ai tempi dell’università. Andiamo a prendere un caffè e facciamo due chiacchiere.

Davanti ad un the e due pasticcini lui non riconobbe la bella Paola che ricordava. Gli occhi erano tristi e stanchi, qualche ruga sul bel viso dalla pelle di pesca, le labbra senza un filo di rossetto e quello che lo angosciava maggiormente era quel grosso livido,  coperto da un foulard sgualcito, che si intravedeva sul collo.

Si ricordarono i bei tempi della gioventù. La sua vita non era stata bella, quell’uomo era la sua droga e non riusciva a mollarlo… aveva paura, la ricercava sempre.

Mentre parlavano si avvicinò un uomo alto, con una bella pancia capelli e barba brizzolata che rivolgendosi a Paola con tono scocciato e rabbioso le disse: -Ecco dove ti eri  nascosta, andiamo a casa.

Lei si alzò di scatto, salutando Pietro mortificato e deluso, ed andò via quasi correndo.

Pietro rimase un altro po’ a sedere a rimuginare, poi pensò che fortunatamente avevano avuto il tempo per scambiarsi i numeri di telefono.