Coriandoli e carta velina per Patrizia

Ricordi di carta – di Patrizia Fusi

Ricordo un brutto presepe con i personaggi di cartoncino: sapeva di miseria.

Invece erano allegre le bandierine di carta velina colorata attaccate a lunghe corde che venivano stese dagli uomini attraverso la strada. Formavano un tunnel colorato che ondeggiava gioioso al muoversi dell’aria. Le donne intanto appendevano, ognuna davanti all’uscio di casa propria, composizioni di piccole roselline di carta, create in tanti pomeriggi di lavoro, con lo scopo comune di abbellire il paese per quel giorno di festa. Ai bambini piaceva tutto questo movimento, tutto era una festa, gli addobbi rimanevano per tanti giorni dopo la ricorrenza.

 Carnevale: ho desiderio di coriandoli, capisco che non è il caso di chiedere. Mi procuro dei giornali vecchi, delle forbici e inizio a sminuzzarli: voglio anche io dei coriandoli. Torna il babbo da lavoro con un bella busta per noi bambini, contiene coriandoli e stelle filanti e nel vederli provo GIOIA PURA

Depliant artistico per Tina

La favola in Basilica – di Tina Conti

Mi sarebbe piaciuto comprendere quei segni che vedevo in quei nei grandi libri, sotto le immagini, sulle pareti, ma, per me, quella era una lingua sconosciuta. Potevo leggere il luogo, le sensazioni e le figure. Percepivo fascino, vita, storia, volti, il re insanguinato, il santo con gli occhi tristi e preoccupati, l’agnello paffuto girato all’indietro. Che senso di pace, di spiritualità e pacatezza sentivo. Parlavano quelle Mura, mi inondavano profumi e canti lontani. Finché ho raccolto da terra un cartoncino, toni del verde incorniciati di parole in una lingua che conoscevo, era una ricetta e  leggendola mi sono messa in tasca il foglietto, con l’idea di trascrivermi quelle parole sul  libro di cucina.

Era bello e invitante  quel biglietto, bordato di verde tenero, con una cornice leggera a riquadro delle parole, insomma, invitante.

Mentre riflettevo  e mi avvicinavo all’uscita, da dietro una colonna, ho visto una luce che guizzava e saltellava.

Un folletto azzurro scorrazzava e sgambettava colpito dalla luce giallognola della  finestra a bifora. Ad un tratto, saltò sopra un grande e dorato leggio  e cominciò a leggere con una voce stridula e metallica  parole lunghe  e corte ma a me ostiche. Dal grande libro uscivano bagliori dorati, rossi ,verdi, arancio e tutti i toni del violetto. Le parole e i suoni  riempirono la Basilica e cominciarono a danzare  fra le colonne, si scontravano, si abbracciavano  e si aggrovigliavano, non riuscivo a capacitarmi e neppure  a comprendere quelle frasi melodiose. Ad un tratto  diventò tutto buio e silenzioso.

Da dietro una piccola porticina, come portato dal vento, un drappo bianco e svolazzante uscì con una scritta… dove potevo leggere ora la parola:    FINE