Un giovedì, di pomeriggio, in un vagone con Cecilia

Le carte e le Matite- di Cecilia Trinci

Potrebbe sembrare che tra poco questo Vagone prenda il via sulle rotaie.

Poco importa sapere che davanti e dietro ci siano il muro della Misericordia e il muro del Teatro: dove mai potrebbe andare? Invece sembra che le luci tenui del bar ci stiano facilitando la partenza scivolosa sui binari, che per altro sono veri sotto di noi.

La carrozza 10 parte. I viaggiatori sono al completo, seduti ai tavoli stretti e bui, un po’ Orient Express un po’ Avventure nel Mondo.

Carte varie da scegliere. Colorate, bianche, anonime o volantini, depliant zeppi di immagini e parole, carta fotografica impressa di nulla, veline, carta lucida, appunti scritti a mano, vecchie scritture fotocopiate…

Per questo giovedì mi era venuta un’idea qualche giorno fa, mentre pensavo e facevo altro, come fanno le buone idee che covano come galline sagge. Le ho raccolte curiosa  in poco tempo, qua e là. Ho trovato appunti vecchi che scrivo quando ascolto le Matite e che non riesco mai a buttare via, neppure dopo che hanno svolto il loro compito. Nomi, frecce, sempre scritte a matita perché la grafite è dolce, rapida, segue la velocità del pensiero, è fragile perché sbiadisce e può sparire, ma invece resta a lungo se non la tocchi troppo e la conservi semplice come l’hai scritta.

Loro, le Matite si avvicinano al tavolo, scelgono, di colpo, senza pensare come dico sempre, tornano al tavolo con una preda felice, scrivono, di getto, come voglio sempre.

Parole sgorgano, senza ripensamenti, come acqua di sorgente e appaiono aquiloni in cieli azzurri che escono da scatole da scarpe, giostre di carte volanti, blu su alberi rossi di ciliegie mature, libri adottati e abbracciati da carte a fiori, pagine pensate, mani  di nonni,  un mare vero che esce a consolare Velina, il colore di un lampo di notte e il soffio di un bambino che non spenge la candelina, una sveglia  uscita da una carta regalo, ferma a un tempo di tanti anni fa, una fotografia che non riesce a fermare un volto e resta vuota, la scrittura a mano che nasconde segreti o anche un fiore secco che è stato accolto da tempo, una carta a fette che diventa un paravento liberty, il re insanguinato e il santo triste che escono da una pagina ed entrano in una storia, pezzetti di carta che diventano racconti per bambini, verde la rana, marrone la lepre, rosso il fuoco. Calligrafie di padri, in rosso e blu, a righe alternate, diari di giorni diversi.

Donne gentili, storie di cartone, “fogli che hanno valore solo per chi li accatasta”.

Il vagone è pieno zeppo di vite, il giovedì sera, sul tardi, quando da un po’ si è fatto buio.

La carta scritta a mano con Gabriella

I segreti della carta scritta – di Gabriella Crisafulli

I fogli racchiudono parole che si rincorrono, svolazzano,  colpiscono, inchiodano lì dove sei, ma c’è carta e carta e ognuna con la sua grana è un capitolo a parte. Poi ci sono le scritture, i caratteri, le pagine tracciate a mano nascondono segreti… i segreti di chi usa la penna, anche se è meglio ancora il lapis… E’ bello rimescolare le carte fino a perdersi completamente fra mucchi scivolosi e scivolanti, privi di valore se non per chi li accatasta…. e poi ecco di tanto in tanto un appunto, un segnalibro, un fiore, una foglia che crepita tra le pagine che l’hanno accolta e nascosta.

Storie di cartoncino per Anna

Cartoncini animati – di Anna Meli

La carta ha un buon odore, un odore speciale di libri stampati, di quaderni di scuola, di cartoncini colorati e anche di imballaggi. E’ un odore particolare che a volte ti entra nelle narici provocandoti sonori starnuti liberatori.

            Il cartoncino mi piace in modo particolare perché lo sento forte e nello stesso tempo maneggevole, capace di aiutarmi a realizzare le mie idee, le mie semplici capacità, come il costruire scatoline in cui riporre piccole cose: strani bottoncini, perline di collane strappate, piccoli insignificanti oggetti appartenuti a chi sa chi, ma ognuno col loro passato intrecciato a fatti e persone.

            Da piccola mi divertivo, soprattutto nelle serate invernali quando rimanevo sola, senza la compagnia di amici, ad immaginare storie con cartoncini dipinti e piegati in un certo modo a cui davo un nome di persona o di animale.

            Il colore determinava l’appartenenza: verde era la rana che gracidava nello stagno di carta del cioccolatino, rosso era il fuoco, marrone la lepre che fuggiva via veloce di fronte al fucile nero del cacciatore verde e viola e poi…poi appariva la carta mago, mal ritagliata e scarabocchiata che terrorizzava tutti costringendoli a ritornare nella loro scatola in attesa di un nuovo gioco.

            Ripenso con nostalgia a quei momenti a quelle storie fantastiche che mi facevano provare sicurezza e, qualche volta, anche un certo senso di smarrimento, ma erano le mie storie segrete e in esse ci stavo bene come in un rifugio solo mio.

Cornice da un foglio bianco per Stefania

La cornice di carta – di Stefania Bonanni

Una carta bianca come una tela, e dentro la cornice nera di un foglio ingiallito, che chiama per essere letto, e merita la mia fiducia, perché racchiude un consiglio perfetto: per scrivere, leggere, parlare, capire, vivere : l’errore è raggiungere il bersaglio, la grazia di mancarlo.

Il bersaglio spesso sembra la soluzione, ma è ovvio, abusato, già di lui hanno in molti scritto, parlato. Si può solo ripetere, riservargli parole scontate, ordinarie, senza stupore. L’incanto è girare intorno, volare leggeri, senza toccare, lasciandosi portare dal vento che passa dagli occhi un istante, dal colore di un lampo di notte, dal soffio di un bambino che non spenge la candelina. E’ un lavoro difficile, dovremmo essere esperti chirurghi, per scansare tutto quello che non serve. Recidere con un colpo deciso tutto quello che non serve, e volare alto, senza freni . Poi, che bisogno c’è di freni, volando? Si casca comunque, alla fine, e forse il segreto è cascare di sedere , sollevare piedi e gambe ed essere felici di tutto ciò che siamo riusciti a salvare.

Volare nel tramonto, stormi neri nel cielo rosa, certo non è da tutti, ma provare può essere un destino, ed anche le oche starnazzanti sono uccelli.

Carta di un magico blu per Carmela

Magica carta – di Carmela De Pilla

In casa c’era poco a quei tempi tanto meno la carta che era considerata molto preziosa, Velina aveva visto solo la carta oleata che Sisina usava per incartare le sarde sotto sale o la mortadella, la carta gialla che la mamma ripiegava con cura per poterla riutilizzare, la carta dell’unico libro scolastico e quella dei pochi quaderni.

Di libri nemmeno l’ombra in quella casa! Avrebbe desiderato tanto poterne annusare il profumo, lo cercava in ogni angolo, ma ne rimaneva delusa, ecco perché andava volentieri a casa di Tinuccia. Suo padre, maestro dell’unica scuola elementare del paese le permetteva di entrare nel suo studio che poi altro non era che una piccola stanza con un tavolo, una sedia e una scaffalatura che conteneva libri di ogni genere, quelli da grandi sulle mensole più alte e in basso quelli che usava per la scuola con le figure dai colori pastello un po’ sbiaditi dal tempo.

 Li guardava con curiosità e ammirazione, uno in particolare sembrava la chiamasse, sulla copertina la bellissima bambina dagli occhi azzurri con le trecce bionde le sorrideva e le rosse ciliegie che pendevano dall’orecchio come fossero preziosi orecchini sembravano vere, quasi da mordere. Lo prese e lo annusò, era un odore un po’ invecchiato che sapeva di dolci e di bambini.

Un giorno un carretto con mille cianfrusaglie si affacciò all’angolo della strada, le donne e i bambini si avvicinarono come api perché quello era uno dei pochi divertimenti che avvolgeva le vite di quelle persone.

Chi lo spingeva era un omino buffo dai grandi occhi azzurri orlati da folte sopracciglia nere con un cespuglio di capelli ispidi e ribelli che schizzavano da ogni parte.

Velina gli si avvicinò e infilò furtivamente la mano nella sua poi lo guardò con occhi imploranti come a voler dire ”non c’è niente per me?”, lui le mise tra le mani un foglio di carta, sembrava magico per i giochi di luce che sprigionava a contrasto del sole e liscio come l’acqua del mare se lo portò al viso gustando fino in fondo quella morbida carezza.

Rimase affascinata dal colore, da una parte azzurro intenso e dall’altra argenteo, “proprio come il mare” si disse e lo stropicciò, una musica si sprigionò fra le dita e si lasciò trasportare in un mare dove si tuffò e annegò nel silenzio dei suoi pensieri.

Decorazioni su carta da regalo per Sandra

Sei mia – di Sandra Conticini

Sei mia, ho pensato mentre si poggiava sul tavolo insieme a  fogli di carta velina un po sgualciti, oppure bianchi con qualche scarabocchio insignificante a prima vista, fogli di ricette,  bustine brillanti da regalo che quando le tocchi  gracchiano come le rane e poi tante altri tipi di carta, tutti diversi ma particolari.

Il mio pezzetto di scatola deve essere stato un  regalo fatto con amore e di buon augurio. Si capisce dal grande fiocco rosso, con un tralcio di abete, un campanellino e rifinito con un pon pon giallo senape.

I regali fatti con il cuore si riconoscono, sono curati e la confezione parla. Infatti a me, che i regali sono sempre piaciuti, li preferisco più incartati che aperti.

 Davanti al pacchetto sogno, cerco di indovinare cosa ci potrebbe essere. Qualche volta indovino, qualche volta rimango delusa, ma in genere sempre piacevolmente stupita.

Quando sono diventata adulta in casa, invece dei regali, tendevano a darmi qualche soldino dicendo che tanto avevo già tutto e così li avrei usati per qualcosa che loro non avrebbero saputo comprarmi. Io sostenevo che non era vero e, un anno per Natale, il babbo mi regalò una sveglia, che è ancora sul comodino insieme ad un’altra funzionante.

Anche un dono piccolo per me è importante vuol dire essere pensata, avermi dedicato del tempo e questo fa sempre piacere. Quando faccio un regalo il più bel grazie è vedere la felicità nell’altra persona.