Biglietto – di Nadia Peruzzi

E se…
Stava camminando lungo il ruscello, proprio vicino al punto dove si incontra la cascatella ombreggiata dal grande salice.
La colpì il luccicare di qualcosa di bianco che in brevissimo tempo aveva smesso di scivolare sull’acqua ed era finito a testa in giù dentro la cascata. A tratti lo si intravedeva. Rimbalzava, rotolava, vorticava insieme all’acqua , quasi come in un gioco fra i due.
Per qualche minuto andò così poi una spinta, forse un refolo di vento, fece cadere quel qualcosa giù nella grande pozza sotto la cascata.
Era o sembrava un pezzo di carta. Non uno qualsiasi visto che era ben steso e compatto, non sgualcito, né malmesso malgrado lo stare in acqua. Luccicava sotto il gioco dei raggi del sole . Nell’acqua in quel momento si era creato come un intrico di fili dorati , erano quasi un paravento con accenni di arcobaleni e quel biancore risaltava ancora di più .
Quando riuscì a prenderlo vide che era un cartoncino tagliato in modo un pochino approssimativo . Dimensione non più grande di quella di un biglietto d’auguri. Sul retro, non c’era scritto nulla.
Sul davanti, in una calligrafia tonda e sicura , solo un “e se …”.
Il resto, ammesso che ci fosse, era svanito.
“E se” strano, avrebbero pensato in molti, forse tutti. Lei lo trovava bellissimo, invece. Lasciava spazio alla fantasia, all’immaginazione. Chissà cosa ci stava dietro a quell’”e se”.
Del resto la sua vita era stata un costellazione di “e se” !
Non quegli “e se” che avevano di contropartita nostalgia, rimpianto o dolore. No, forse per influsso di una buona stella, almeno fino a quel momento , i suoi erano stati segnati per lo più da positività.
Pensò al suo ultimo “”e se”. Se provassi a imparare a suonare la chitarra? Piano piano , accordo dopo accordo , ci era riuscita. L’obbiettivo non era Segovia ma un modo per placare sé stessa quando ce n’era bisogno e il senso di sfida, che si accendeva dentro di lei a partire dal suo essere curiosa di tutto. La voglia di riempire la vita con quello che pensava le facesse del bene e la arricchisse, faceva il resto e dava la spinta finale.
Uno dei sui “e se” migliori si era acceso un pomeriggio d’estate .
Se una volta o l’altra incontrassi quel testone simpatico e carino a cui passavo i compiti di latino e greco al liceo?
Beh, era capitato. E si era tradotto in qualcosa di bello. Inatteso, visto che non ci pensava più e da un pezzo, e bello. Ne era nato un amore che ancora non si era perso nella noia e nella routine, era vivo e complice come quando era iniziato.
Chissà se quell’”e se” scritto sul biglietto era invece figlio di un rimpianto o di un pensiero triste, si disse.
I suoi “e se”” li aveva conservati in un cassetto. Li collezionava da sempre ed erano stati un modo per spronarsi , darsi degli obbiettivi. Quando qualcosa non andava proprio come avrebbe voluto bastava che guardasse tutti gli altri, quelli che avevano avuto svolte positive, per rincuorarsi e ritrovare speranza e voglia di andare avanti . La sua filosofia era stata: se una cosa non va bene, non è detto che non vada bene per sempre, e in ogni caso ne andrà bene un’altra!
Quell’ “e se” invece , chissà perché le sembrava dovesse nascondere del mistero. Qualcosa di triste o pesante da sopportare , altrimenti non sarebbe stato gettato in acqua, come quando ci si vuol liberare di qualcosa che fa soffrire .
Insomma lo aveva preso come un bell’”e se le cose fossero andate diversamente. . ?”
Mentre si perdeva in questi pensieri, vide arrivare verso di lei un bambino sui 7 o 8 anni al massimo.
Bel faccino vispo, occhi vivaci e furbi e uno sguardo senza ombre. Sorrideva felice mostrando tutti i dentini che gli erano caduti e non erano ancora ricresciuti del tutto.
Aveva un piccolo zaino e una penna in mano. Guardava fisso il fiume, mentre si avvicinava a lei. Come se stesse cercando qualcosa.
Si salutarono. Lui posò lo sguardo sul foglietto che lei teneva in mano .
Le disse : “ Per favore puoi ridarmelo? E’mio! Mi è scappato di mano mentre ci stavo scrivendo sopra, poco lontano da qui. ”
Lei glielo restituì ma non resistette dal porgli una domanda.
“Volevi scrivere solo quell’”e se” , oppure c’era dell’altro? Per un bambino della tua età una frase che inizia così non è tanto abituale!”
“Macché ! L’idea era di continuare a scrivere. E’ arrivato un colpo di vento e non ce l’ho fatta a finire la frase”!.
Lei incalzante e curiosa. “ Scommetto che riguarda qualche bambina di classe tua. Sei così bello , chissà quante fidanzate avrai e il difficile è sceglierne una”!
“ Eccone un’altra che cerca di darmi una fidanzata! Le bambine sono uggiose e non giocano al calcio con me. Fanno sempre comunella fra loro. Vuoi che ti dica cosa volevo scrivere? Ecco qui.
E se domani non ci fossero le maestre , non dovrei andare a scuola. Tutto qui. ”
Le fece un accenno di linguaccia , ma con fare simpatico e complice e la lasciò a rimuginare sui suoi “e se” senza dubbio un filo più complicati.
Lo zainetto rosso che aveva sulle spalle continuò a rimanere visibile , fino a che non si perse dietro la curva a gomito della strada, nell’ombra dei pini marittimi .
Bel racconto Nadia, originale e curioso…e poi quegli “occhi senza ombre” mi piace molto, sono proprio quelli dei bambini…
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