Carta Velina per volare con Rossella B.

La Velina e la…cartina – di Rossella Bonechi

Pssst…..pssst….no no non ti allontanare….vieni…. sì, sono io, la Velina. Oh ecco, mi hai vista, toccata, riconosciuta, sì sì sono proprio io: quella che il nonno toglieva delicatamente dalla scatola delle scarpe nuove e accarezzandomi piano mi spiegava quasi a stirarmi. Perché??? Ma perché sarei stata la carta con cui avreste costruito insieme il nuovo aquilone! Oppure tagliata in perfetti quadrati ti avrei aiutata a vincere la gara di chi mi teneva più in alto solo soffiandomi.          Sono quasi trasparente, impalpabile, mi strappo facilmente ma è con me che avvolgi i bicchieri di cristallo del servito buono per affrontare l’ennesimo trasloco.                                                                           

  E che dire dei regali? Ora che mi hanno fatta di tutti i colori, impreziosisco qualsiasi confezione, anche solo di saponette o confettini; che emozione scostarmi con le mani e ascoltare il mio scarteggìo per scoprire cosa nascondo o proteggo!       

     Ma alla fine, lo so, mi hai scelto per colpa dell’aquilone e del gioco: nessuna carta è più preziosa di quella che ti rende bambina. Che meraviglia! Un pezzo sgualcito, incolore, strappucchiato di velina fa comparire una bimba riccioluta e colorata con le braccia spalancate a NON contenere la gioia.

Incontro del 12 gennaio 2023: la carta ha parole per noi

Foto di Lucia Bettoni e Cecilia Trinci

La scintilla è venuta dal libro Malinverno di Domenico Dara:


“…noi non siamo quello che abbiamo vissuto: siamo quello che abbiamo pensato, immaginato, sperato, desiderato, dimenticato. Che l’universo mai saprà ciò che davvero è stata la nostra esistenza silenziosa e clandestina, nessuno mai conoscerà i nostri viaggi segreti, i nostri amori immaginati, le nostre centinaia di vite racchiuse negli infiniti universi di un neurone.” (cit.)
Astolfo Malinverno è il bibliotecario di Timpamara, dove c’è una cartiera e dove finiscono al macero libri, riviste e giornali non più utilizzabili ed il vento spesso disperde pagine strappate per le vie. Gli abitanti recuperano dal macero i libri meno malridotti o a volte solo pagine o brandelli. “Leggevano tutto e tutto serbavano, i timpamarani, quasi a contrappesare il destino di distruzione del macero: lì i libri venivano cancellati, loro invece li tenevano in vita.” (cit.)

“Fosse per me ci abiterei, tra i libri: attraversata la porta della biblioteca mi sembra già di non zoppicare più, non è vero ma io lo sento, come se lì dentro non esistessero uomini claudicanti o piè veloci, distanze da percorrere o tempi da rispettare ma tutto si agguagliasse nella parola. È più d’un rifugio per me: una tana, la mia camera amniotica. Qui dentro mi sento meno solo, e io la so misurare la solitudine. (…)

Hai mai sentito la voce dei libri?” mi chiese una volta mia madre. “Non le parole che leggi, intendo proprio la loro voce, il suono della carta.” La guardai stupito. Capivo le sue allucinate immaginazioni, i personaggi letterari che diventavano vicini di casa e viceversa, ma che la carta parlasse mi sembrava troppo. Forse la sua testa si stava ammalando. “Dobbiamo trovare la giornata giusta, però,” concluse.” (cit.)

La carta parla, suggerisce, sussurra al cuore e le pagine che seguiranno lo confermano!