Il tavolo di marmo – di Stefania Bonanni

Questa, che non è una storia, cominciò su un tavolo di marmo, in cucina.
Perché non nel letto? Mai saputo. Forse perché c’era la cucina economica, davanti al tavolo. Forse era una Pasqua fredda, quell’anno. Forse perché aspettando, tutti speravano di riuscire a consumare anche il pranzo di Pasqua.
. Comunque nacqui, primogenita dell’uomo più somigliante a Paul Newman che si fosse mai visto, e di una donna morbida e dolcissima. Vennero in tanti a vedermi, forse sbagliarono, non era Natale, non ero un maschio. Però ero bellissima, dicevano. Molti di quelli non ci sono più, alcuni di loro mi hanno sempre chiamato Pasqualina.
In quella casa si faceva tutto, sul tavolo di marmo. Si tirava la pasta, si impastavano le polpette. Si staccava un pezzo di carne dall’impasto grosso, e se ne faceva una polpettina. Si modellava la carne in piccoli pezzi. Carne, sangue, occhi, capelli, di casa.
Nacqui, arrivai in un mondo dove non conoscevo nessuno.Questo l’ha detto Beatrice, e mi ha fatto tanto pensare. Ma il mio problema non fu la solitudine.
Nessuno si accorse che avevo una sorella. Una gemella, siamese, appiccicata addosso.
Una buccia, un guscio, e sotto, dentro, la polpa.
Non so quale fu il momento in cui lo capii, ma da allora tutto è tornato. Questo sentirsi sempre un po’ altro, stonata, fuori posto . Io ero quella che si vedeva o quello”altra, nascosta….? O un po’ quella, un po’ quell’altra, secondo i momenti, le necessità, le convenienze?
Da bambina no, sono stata una bambina felice. Bella, intelligente e molto amata. Somigliavo a tutti e due, m baciavano molto, mi abbracciavano sempre.Su quel tavolo di marmo facevo i compiti ed il bagno, dentro la tinozza, davanti alla cucina economica.Somigliavo a lui, e da allora continuo a cercare di somgliare a lei, la donna morbida ed accogliente che non sarò mai.
Venne l’adolescenza, l’età difficile, il momento nel quale il corpo cambia e non ci si riconosce. Ecco, per me fu un momento magico. Il momento in cui credetti che il mio guscio bastasse. Avevo sempre occhi incollati addosso, pretendenti fidanzati che mi seguivano come ombre, che mi cascavano ai piedi, ragazzotti che più trattavo male e più mi orbitavano attorno. Mi sentivo potente, non dovevo fare niente, ed ero lo stesso capace di fare sognare con un sorriso. Che nella stessa maniera potessi anche fare star male non mi passava neanche nella mente. Naturalmente questo periodo fu il festival del guscio, il ripieno dormiva, cresceva inconsapevole. Ero sempre più convinta non ci fosse niente, dentro. Leggevo tanto, avevo sempre libri a mezzo e fantasie negli occhi, nei pensieri. Mi piacevano più i fratelli Karamazov dei ragazzotti del paese. Piano piano ma convinsi di essere presuntuosa, che tutto questo leggere, sognare, voler conoscere grandi pensatori, significasse voler essere più di quello che ero, un guscio di paese, e che anche chi mi viveva intorno mi giudicasse così .
“Nacqui, arrivai in un mondo dove non conoscevo nessuno. Questo l’ha detto Beatrice, e mi ha fatto tanto pensare. Ma il mio problema non fu la solitudine.” Ognuno è sempre un piccolo prodigio della natura…..dovremmo essere tutti colleghi per questo, invece non è facile tenersi per mano davvero sentendosi figli della stessa Terra
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Protagonista con la fanciulla con il guscio è il tavolo di marmo: quanta vita!
Scrivere cosa mi ha colpito? Lo dovrei trascrivere tutto❣
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Un guscio che non si accorge del suo contenuto, bello e importante: la fase della giovinezza che potenzialmente possiede contenuti veri.
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Bellissima Pasqualina intelligente e molto amata!…. e un tavolo di marmo dove nascono le magie della vita ,anzi la sua stessa vita!
Pasqualina è vero ha una gemella quella morbida e accogliente…quella che si vede!
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Il tavolo di marmo segna il tempo e la vita di tutte noi … quel padre Paul Newmann e quella madre morbida immagini di una realtà molto bella e tutto è caldo e accogliente in quella cucina che ruota attorno a quel tavolo. Bello.
Anche a me i Fratelli Karamazov son piaciuti davvero tanto….
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Mi fai venire in mente che sei stata impastata su quel tavolo di marmo dinanzi al tepore della cucina economica che favoriva la lievitazione.
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Nei tuoi scritti percepisco il piacere che provi quando sei davanti al foglio bianco e velature di tristezza consapevole…brava Stefania
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