LA CITTA’ NELLA CITTA’ – di Nadia Peruzzi

Ci arrivò a cavallo,dopo un lungo peregrinare. Fra strade polverose, ponti, fiumi da guadare ma impetuosi e pieni di rapide,insidie notturne come quella volta che si era svegliato sotto gli occhi gialli e cocenti di un branco di lupi. L’aveva aiutato un pellegrino che dopo aver percorso per anni la via di Damasco,aveva deciso di spostarsi sulla via Francigena per provare il brivido di altri scorci,altri tramonti,altra vegetazione.
Cercava pace e tranquillità come lui, che col suo ronzino vagava per ogni dove alla ricerca di un’oasi che ancora non era riuscito a trovare.Gli mancava un posto da chiamare casa.
Aveva attraversato pianure rigogliose e deserti aspri. Si era inerpicato su montagne da cui gli era sembrato uno scherzo riuscire a toccare il cielo. Ma da quel suo vagare, non ne aveva tratto alcun beneficio. Aveva conosciuto molto del mondo attorno a lui,moltitudini festanti ed eremiti alla ricerca di sé stessi e di un senso per la vita di tutti gli altri. Si era perso fra belle ragazze dalle lunghe ciglia, pelli bianche come neve e labbra rosse come rose bagnate di rugiada mattutina. Non era stato facile staccarsene. Era riuscito a farlo comunque.
Nulla lo appagava.Aveva un ‘anima inquieta che lo spingeva a cercare senza sosta il luogo dove placare il suo disagio,la sua voglia di scappare da tutto e da tutti.
Il cavallo ebbe uno scarto al limitare del bosco,poi si fermò.Lui fu costretto a riprendersi dal torpore che lo aveva fatto quasi addormentare.Tornò vigile e la vide,mentre la nebbia mattutina si alzava lentamente.
In alto sulla collina,scorse mura e bastioni poderosi.Aveva la storia davanti agli occhi.Percepì,quasi come se la vedesse,tutta l’umanità che si doveva essere avvicendata nel corso dei secoli per regalare all’occhio di uno straniero una costruzione così magnifica da lasciare senza fiato.
Trovò il sentiero che si inerpicava verso l’alto. Si ritrovò circondato di magia. Giardini fioriti,giochi d’acqua,tanta acqua. Grandi vasche da poterci fare il bagno dentro,riflettevano forme architettoniche che non aveva mai visto fino a quel momento.Filari d’alberi d’arancio e di bergamotto spargevano il loro profumo inebriante.
“Sono arrivato in paradiso! Sono morto e non ho fatto in tempo ad accorgermene!”Si pizzicò forte una guancia. Era vivo,non c’era dubbio.E il panorama non cambiò.
Anzi alla sua sinistra vide emergere in tutta la sua possanza la rossa fortezza.Prendeva tutta la collina. Possente ed elegante insieme e mai in vita sua aveva pensato di poter usare insieme questi due aggettivi.
Ci aggiunse un mirabile e paradisiaca tanto più che nemmeno nel più bello dei suoi sogni gli era mai apparso nulla di simile.
Lasciò i giardini con i giochi d’acqua e si diresse verso la fortezza.
Era attraversato da emozioni così forti che non riuscì a trovare nel suo vocabolario nessun aggettivo che l’aiutasse a descrivere quel che vedeva.Attraversò un grande arco,poi un cortile e anche lì si ritrovò in un mondo di acqua,tanta acqua in vasche enormi, zampilli di fontane a formare cascatelle,rugiada che scivolava dagli alberi in una pioggerella fine fatta quasi di fili dorati.
E fiori e frutti.Tantissimi frutti.
Attraversò saloni con pavimenti e soffitti come ricami.Di fronte ad una grande fontana,circondata e quasi protetta da 12 leoni provò un senso di vertigine.Attorno,a limitare lo spazio e la vista gallerie e colonne,capitelli,stucchi con scritte in una strana grafia che non aveva nulla a che vedere con ciò che il suo aio gli aveva insegnato in gioventù.Era in una altro mondo che aveva poco a vedere col suo di prima.Dovette appoggiarsi alla fontana per riprendersi dallo sbandamento che lo aveva colto.
Attorno non c’era nessuna persona.Il sole stava spazzando via anche l’ultimo velo di nebbia,mentre ogni cosa prendeva vita con lentezza liberandosi man mano dalle languidezze della notte appena trascorsa.
L’aria cominciava a farsi calda e recava con sé nuovi aromi.Riconobbe il mirto,l’amaro del bergamotto,il profumo penetrante delle giunchiglie e dei fiori d’arancio.
Cadde in un sonno profondo.
Si risvegliò quando un profumo di gelsomino ebbe la meglio su tutti gli altri.
Si trovò di fronte due occhi grandi e profondi.Neri con pagliuzze dorate e ardenti come solo un tizzone infuocato sa essere.
Una ragazza bellissima lo stava guardando con grande curiosità.
Vestita di mille e mille colori,tessuti preziosi e veli impalpabili. Sui capelli neri una coroncina di mughetti che la faceva sembrare un angelo.
Si convinse di essere arrivato in paradiso.
Nella sua educazione fin da bambino inferno e paradiso era stati presenti,come monito uno,e salvezza eterna l’altro.Il guaio era che era dopo la vita terrena.Lui voleva viverlo in terra,invece.
Perdendosi in quegli occhi di ragazza,capì di averlo finalmente trovato il paradiso in terra che cercava.
Fra genti che non erano uguali a quelle della sua origine,o a gran parte di quelle che aveva incontrato nei lunghi anni del suo viaggiare e che a prima vista avrebbe potuto definire anche molto strane.
Ci sta che anche la ragazza che lo stava osservando intensamente e studiando senza profferire parola considerasse lui il massimo della stranezza. Tanto più che invece di vestiti fatti di stoffa ne aveva di fatti a maglie di ferro.
Ci volle un po’ di studio da parte di entrambi,tanta volontà di comprendersi anche a gesti nei primi tempi per trovare piano piano anche un modo per comunicare fra loro.
Finalmente arrivò il giorno in cui Jasmin nominò in modo a lui comprensibile il nome di quel paradiso.
Era l’Alhambra,il castello rosso,Al-qalah al-hamra come lo chiamava la sua gente. Era a Granada,il suo sogno di bambino. Ne aveva sentito il racconto da un viandante che si era fermato una notte a dormire a casa dei suoi genitori ma che aveva perso l’orientamento durante il viaggio di ritorno tanto da non saper dire nulla della strada per raggiungerla.
Finalmente Arturo ci era arrivato. Gli ci era voluta quasi metà vita e un lungo viaggio,ma ci era arrivato da vivo a conoscere il paradiso. Era li fra quegli arabeschi,quegli strani copricapi,quelle strane scarpe rivolte all’insù e vesti coloratissime e preziose e quegli occhi neri e vivaci,ricchi di curiosità.

