Carla ha accettato di innamorarsi di un’idea

Aurora è anche altro – di Carla Faggi

Foto di Robert Kozak da Pixabay

Aurora è anche un’isola, una di quelle dove non esistono traghetti perchè quando si parte siamo già arrivati. Ci sono le colline ma senza le salite, le strade infatti sono tutte in piano ma ci portano sia sulla cima dei monti che alla spiaggia, spiagge sabbiose ma con l’acqua del mare sempre limpida come sugli scogli.

È una città che ama i suoi cittadini. Un giorno di metà ottobre scorso si era ingrigita, intristita, gli alberi non fiorivano, la Chiesetta non aveva colore, il cielo era senza stelle. Aurora stava perdendo una persona cara, una donna coraggiosa che aveva reso possibile l’impossibile, pur immobilizzata in un letto aveva seguito e guidato i suoi figli nella crescita, continuato le sue letture ed i suoi scritti, coltivato le sue amicizie. La città sapeva che i suoi abitanti sarebbero stati tristi di questa perdita, così come i figli, il marito, gli amici e gli amici degli amici. Per questo aveva spento i suoi colori e si era raccolta con loro.  Così come si era vestita di trasparenza quando la nostra amica aveva lasciato il dolore e la pesantezza della vita. Anche la città era diventata luce e leggerezza. Aveva accolto in sé la nostra amica che era diventata mondo.

In Aurora ci spostiamo continuamente pur restando sempre al centro di noi, possiamo visitarla tutta perchè sono le emozioni che ci fanno viaggiare e guidano i nostri occhi. La parte della città più bella è quella dove stiamo assieme alle persone a noi care e dove siamo felici, diventa così il viaggio più bello da ricordare, con fiori del nostro colore preferito, alberi accoglienti, mare luminoso, monumenti simpatici, libri da leggere, amici da incontrare, amori da vivere.

Non aver voglia di andarsene, questo è quanto scritto sul cartello d’ingresso alla città, infatti è un posto dove viaggiare è voler rimanere sempre qui.

La città che cura di Rossella B.

La città che cura – di Rossella Bonechi

La mia Città Invisibile vorrei che non fosse invisibile affatto, vorrei che la si potesse scorgere da ogni punto da ogni strada da ogni curva.

Dovrebbe essere la Città dove ognuno può fermarsi a sospendere il proprio tempo: per riposare, per ristorarsi, per riprendere fiato e sorridere. Si troverebbe accoglienza ovunque, sotto l’ombra di un gelso gigante, nel salotto buono della nonna che sta preparando il migliaccio, nella piazzetta che contiene un gran numero di chiacchiere e ricordi condivisi. Avrebbe spazi per lunghe passeggiate o piccoli rifugi nelle sue mura dove sentirsi protetti e al sicuro.

Vorrei che fosse sempre inondata della luce del mattino, quella che promette ogni volta una nuova giornata da scartare, ma siccome Sole e Luna se ne infischiano dei miei desideri, la Notte scenderebbe e la Città Visibile si accenderebbe di lumi e lucette, come un piccolo Presepe, in modo da farsi comunque vedere anche da chi si è perso nel buio. Allora ci sarebbe posto per i sussurri degli innamorati, per piccoli bilanci giornalieri, per una ninna nanna cantata in lontananza. Una piccola grande Città che popola un sogno, una Città che Cura