6 aprile: VORTICE – di Stefania Bonanni

6 aprile, vortice.
Che ci fosse si sapeva.
Che ci si potesse cascare si sapeva.
Che potesse essere pericoloso si pensava.
Che potesse essere bellissimo, c’era chi lo sosteneva.
Che forse si potesse girare, girare, girare, all’infinito, era una possibilità.
Che poi il vortice finisse in un altro vortice ancora più grande, era un’altra possibilità.
Si pensava di poter decidere, di entrare nel vortice.
Nessuno aveva capito che era il vortice ad entrare nelle persone. Prima negli occhi, poi nella mente.
E la porta era il cuore, che batteva più strano, poi si calmava, ma non era lo stesso di prima.
Girava veloce, spandeva essenze, girando. Vedeva nel vortice bellezze solo sognate.
Il cuore vedeva con gli occhi, che illuminavano giri sempre più veloci, e se fosse stato fotografato avrebbe lasciato sulla pellicola una scia luminosa, come quella che fotografano di notte prodotta dai fari delle macchine.
Nel vortice ci fu chi vide amore immenso, che bastava a muovere il sole e le altre stelle, ci fu chi ci vide solo polvere e siccità, chi si trovò sulle stelle, e vide anche più in là.
Chi si fece molto male, fermandosi, e non si riconobbe.
Nulla è più come prima del vortice.
Per qualcuno fu vivere, finalmente. Per qualcuno fu morire, incapace di reggersi e di non sbatacchiare.
