Cartolina da Perugia – di Laura Galgani

“Com’è strana la vita, che quando decide ti prende e ti fa roteare, ti avvolge su te stesso per farti imboccare strade che non immaginavi.”
Questo pensava Stefano mentre l’Intercity Roma – Perugia rallentava la sua corsa stridendo sui binari in prossimità della stazione. I finestrini erano bagnati da gocce di pioggia pesanti che scivolavano giù quasi a voler scavare dei solchi sui vetri appannati. Al di là, la città di Perugia era avvolta dagli ultimi bagliori rossastri del tramonto, che tingevano i tetti e le mura già rosse dei mattoni di gran parte degli edifici.
Una gioia mista ad ansia affiorò sulla pelle di Stefano, traducendosi in un lieve tremito sottolineato da brividi intermittenti mentre tirava giù il pesante bagaglio e si preparava a scendere.
Mentre aspettava, in fila dietro ad alcune ragazze americane coi capelli lunghi, rossi o biondi, con le lentiggini e grandi zaini sulle spalle, gli sembrò di avere fra le braccia Marzia, e di assorbire dalla pelle il calore di quell’unico abbraccio che avevano appena fatto in tempo ad assaporare pochi giorni prima della sua partenza per Perugia. E pensare che proprio lì, a Perugia, avevano trascorso gli anni più spensierati della loro vita, quando frequentavano il liceo classico e la sera si ritrovavano – dapprima per caso, poi, senza dirselo, volutamente – ai piedi di quella fontana medievale circolare, ornata da colonnine finemente lavorate, bassorilievi e piccole figure femminili di marmo, una diversa dall’altra. Dalla parte centrale, con tre ninfe in bronzo, zampillava abbondante l’acqua fresca, rumorosa.
Non erano soli, in quei pomeriggi di primavera o inizio estate: era facile per i giovani incontrarsi lì, c’era sempre qualcuno con cui scambiare due chiacchiere, fumare una sigaretta o sentire un po’ di musica.
Loro però, Marzia e Stefano, si erano sempre guardati con occhi speciali, e andando dritti all’essenza l’uno dell’altra avevano intrecciato in silenzio le loro anime. Senza mai diventarne consapevoli però. Nemmeno quella volta che avevano visitato insieme la Galleria Nazionale dell’Umbria, e Marzia era rimasta a bocca aperta ad ammirare tutti quei quadri fondo oro, le pale d’altare dei pittori medievali che brillavano di una luce soprannaturale nelle sale pietrose, fresche e buie del museo. Stefano aveva letto nel suo volto lo stupore candido e ingenuo di una ragazzina alla sua prima gita scolastica. Marzia era così, capace di stupirsi di fronte alla bellezza con sentimenti autentici e puri, e non ne faceva segreto.
Dopo il liceo però si erano persi di vista. Lei aveva scelto di studiare storia dell’arte a Roma, lui medicina a Milano.
Si erano incontrati di nuovo solo qualche giorno prima, del tutto casualmente, in Val Gardena, in cima ad una pista da sci sopra Santa Cristina, quando lui era rovinosamente caduto scendendo da una seggiovia e lei, arrivata subito dietro di lui, l’aveva aiutato a rialzarsi. Dopo essersi ripresi dal groviglio di sci e racchette si erano guardati in viso: “Tu? Che ci fai qui?” avevano esclamato insieme. E dopo essersi abbracciati, nonostante le ingombranti tute colorate, si erano subito scambiati i numeri di telefono con la promessa di non perdersi mai più di vista. I rispettivi amici, sconosciuti gli uni agli altri, li aspettavano a metà pista, e facevano ampi cenni con le braccia per invitarli a scendere velocemente e raggiungerli in fretta.
“Ma tu dove abiti, che fai?” era riuscita a dire Marzia, mentre impugnava le racchette.
“Ho appena vinto un concorso come cardiologo, pensa, proprio a Perugia!”
“Davvero? Mi manca così tanto! Io vivo ancora a Roma, lavoro al Ministero dei beni culturali. Non ci sono quasi mai tornata, a Perugia, ho così tanta nostalgia …”
Ecco, Stefano era ancora lì, in cima a quella pista da sci, con quell’abbraccio che gli riempiva l’aria davanti a sé mentre attraversava la piazza con la fontana e pensava che sì, la sua vita aveva davvero preso una svolta.
Glielo doveva dire, a Marzia, quanto era bella la loro fontana. E quanto le mancava. Magari le avrebbe scritto una cartolina … che diceva così:
“Ciao Marzia! Questa città è bellissima! Ieri sera uscendo dalla stazione ho rivisto la nostra fontana … ti ricordi? Ora l’hanno restaurata ed è ancora più magica, specialmente di notte, con le luci dal basso. Te la mando con un abbraccio per te. Avrò molto da lavorare ma cercherò di tornare al Museo che ti piaceva tanto … quel giorno che sembravi una bambina in gita! Mi manchi e spero di rivederti. Stefano”