Scodella per l’Olimpo – di Nadia Peruzzi
Chiare, dolci, fresche acque.
Che bello perdersi in questo gioco a pelo d’acqua. Il fresco dal palmo si diffonde e ti senti trasportare fin dentro quel liquido che si fa accogliente.
La scodella è piccola e quindi immagini di diventare un lillipuziano per poterti stendere dentro, come si fa su un letto confortevole, ma trasparente e liquido.
Questo pensiero induce una sensazione di vago torpore. Vorrei dormire, abbandonarmi. Tanto già sono ad occhi chiusi e Morfeo è pronto ad accogliermi. Poi l’immaginazione è li pronta a fare il resto.
Al risveglio però il quadro cambia.
Vedo i colori, la forma, il sapiente decoro del piatto che racconta una storia che si tramanda di generazione in generazione, forse viene dalla notte dei tempi. L’Umbria ,dove l’ho acquistato durante un viaggio, sfuma mentre sento con forza il mistero aleggiare attorno a me.
Viaggio a ritroso nel tempo. Sono nel Mito. Sono nella Grecia degli Dei dai difetti umani che osservano dall’alto il brulichio degli esseri viventi e lo scorrere delle loro vite.
Ho davanti a me il Monte Olimpo. Sono sul Monte Olimpo. Vedo Giove con i suoi fulmini, Eolo con i suoi venti, Era con le sue gelosie. E io con questa scodella davanti divento di colpo Ebe coppiera. Nel piatto non c’è più acqua ma un liquido ambrato con un profumo che inebria. Tutti si avvicinano per berlo. Cercano l’estasi.