Regali: Laura a Anna

Il nostro caro angelo – di Laura Galgani

Cara Anna,

Mi hai tanto colpita quel giorno in cui ci permettesti di stare per un momento insieme a te su quella minuscola seggiolina nel cantuccio di una stanza di casa tua, stretta fra il termosifone bianco, di ghisa, come usava una volta, una cassettiera di plastica giallo ananas con lo stereo color inox sopra e una sedia di legno scuro.

Ecco, quella volta ti vidi proprio lì, al buio, in quell’angolino, a riprender fiato nel corso di una giornata pesante o a smaltire un momento di profonda malinconia e trovare la forza di colmare un vuoto, portare un peso, prendere te stessa in mano e andare avanti.

Quell’angolino, quella seggiolina, sono il tuo confessionale privato, dal quale puoi parlare a chi c’è e a chi non c’è più, a chi hai amato tanto e a chi ti ha fatto arrabbiare.

Ti dono con tutto il cuore un piccolo angelo di alabastro, uguale uguale a quello che ho io. Te lo vado a prendere a Volterra appena posso. È alto sì e no 7 centimetri ed è di colore azzurrino opalescente.

A me fa molta compagnia: pensa, lo stringo tutte le notti quando mi addormento. Sì, dorme con me, nel mio letto, e a volte lo perdo nell’intreccio di coperte e lenzuola. Ma al mattino lo ritrovo sempre, e gli do un piccolo bacio prima di metterlo sotto il cuscino e uscire.

Te lo regalo perché così puoi stringerlo fra le mani quando ti metti nel tuo cantuccio, al buio, e se vuoi puoi raccontargli che cosa in quel momento ti pesa sul cuore, di che cosa avresti bisogno o anche un momento di gioia che hai vissuto.

Non ha un volto, il nostro caro angelo, perché può avere tutti i volti.

Però ha due belle ali, che si aprono e abbracciano col loro tepore chi gli si affida con semplicità.

Io non me ne separo mai, pensa, lo porto con me anche in vacanza!

Te lo dono perché sento che il tuo cuore è delicato, che il tuo vissuto è prezioso e va donato al Cielo, che il tuo desiderio di pace è grande e vuoi che venga in qualche modo consacrato.

Ti faccio un pacchettino di stoffa, meglio ancora un sacchetto di stoffa bianca con dei fiorellini blu e un nastrino a stringerlo in cima.

Così anche tu, se vuoi, potrai portarlo sempre con te.

Con affetto sincero

Laura

Regali: Sandra a Simone

La chitarra del cuore – di Sandra Conticini

Simone  lo conosco da molto tempo e lo considero un vero amico. Anche se non ci vediamo spesso quando ci incontriamo sembra di essere stati insieme da sempre. Ci sono molto affezionata, ha sempre una battuta pronta e credo che gli si possa solo voler bene perché è una persona eccezionale.

Dietro quel suo modo burlone c’è tanta umanità e intelligenza ed io gli sono riconoscente per la sua comprensione.

Ha mille interessi, è molto bravo a disegnare, a fare  incisioni sul legno, un attore nato,  a suonare vari strumenti…insomma una persona poliedrica.

Donerei a Simone la chitarra che ho in casa. Per  anni ha suonato tante canzoni, ma ormai da più di venti anni non ci sono  mani che la suonano. E’ una vecchia chitarra del 1978 chiusa nella sua custodia, al riparo dalla polvere,  che  anche Simone ha suonato nella sua gioventù insieme agli amici ed in particolare a Roberto.

Regali: Rossella a Nadia

Il mio dono per Nadia – di Rossella Gallori

Non so se mi sei piaciuta subito, anzi in verità, manco capisco se mi piaci adesso. Ho ancora l’eco di quel che non hai mai detto, ma io ho sentito: “oh questa chi è?”

Tu due passi avanti.

Tu tre gradini più in su.

Ed io lì, come una balena in una vaschetta di pescetti rossi.

Poi c’è stato un giorno che è quasi ieri, un giorno tardivo, che forse né io né te meritavamo.

Ti ho telefonato ( o mi hai telefonato) era il giorno, lo ricordo, del : non ce la faccio, della fragilità, del  silenzio pesante. Mi sono, ci siamo, messe a parlare, delle mie case troppo alte, senza scale, senza porte, tu hai capito che erano grattacieli  senza ascensore. Ci siamo parlate, raccontate, pianto e riso, avvicinate da lontano, senza guardarsi, senza sfiorarsi le mani.

Tu con le mie stesse idee, dette meglio, con le mie stesse fregature, con più stile. Con il tuo essere un velluto a coste, che mi piace tanto e ti somiglia, sei un 500 righe Visconti di Modrone  bleu notte, intenso e forte.

Ciao Nadia, come stai?

Ciao Rosss com’è? E so che ti interessa, che vuoi saperlo davvero, anche se io, non so se lo sai mi chiamo Rossella, ora mi chiami “donna” e non te l’ ho detto mai, ma mi piace molto.

Ecco ti devo fare un regalo, un regalo..un regalo, si ti faccio un regalo.

Vorrei fosse bello.

Vorrei ti piacesse.

Vorrei tu non l’avessi mai avuta una cosa così.

Allora penso, al tuo essere, così diversa dal tuo sembrare! Ecco ho trovato, ti regalo una cosa preziosissima per me, il domino del mio babbo; ci sono i colori giusti dei tui pensieri: il bianco, il nero!

C’è, esiste, è una scatola fatta a mano da un bimbo malaticcio, quale era, c’è la sua tenacia, ci sono i suoi spigoli, simili ai nostri, c’ è la sua voglia di vivere…nonostante…nonostante….

Non te lo incarto, te lo do così  polvere compresa, ci metto, però, un nastro di miorèè verde bottiglia, all’ incrocio del fiocco un piccolo fiore color glicine di ciniglia, una piuma viola microscopica, con un campanellino, banale ma propiziatore.

Sarà un momento Bello, come quel parlarsi ed apprezzarsi, senza correre, come il tuo amore per le stesse mie cause, per le mie nuove amicizie….resterai senza parole, lo so, forse ti commuoverai, facendo finta sia raffreddore.

Dirai: no Rosss, è troppo!

Io insisterò, tu ripeterai: non posso accettarlo…ed io con il cuore gonfio di gioia, lo riprenderò. Perché è la cosa a cui tengo di più e con la voce dello stomaco, che è più giù del cuore, ti accarezzerò i capelli sempre composti e ti ringrazierò riprendendolo tra le mani, ti lascerò  il nastro di raso, con la piuma, il fiorellino ed il campanello, che in fondo non son poca cosa, forse ti  darò una pedina, un tassello, con  i numeri uguali, lo stesso segno, per due amiche uguali e diverse.

Il domino, non sarà sempre  solo mio, sarà un po’ più nostro! Te lo impresterò, forse solo per pochi minuti, ma te lo impresterò….perchè, perché…perché ..mi fido, mi fido…

Ciao Nadia, la tua Rossss  (si mi puoi chiamare come vuoi)

Regali: Rossella a Carla e Carmela

“Per CARLA E CARMELA” – di Rossella Gallori

Per CARLA

Ti regalo un cerchietto rosa fucsia, un cerchietto piumoso pieno di perle, poi se guardi meglio c’ è una piccola farfalla. Un cerchietto che ti protegga e non ti illuda, che ti renda più bella anche se non è possibile…

Un po’ figlia dei fiori, un po’ rocchettara, un po’ fatina, molto regina, sempre più pittrice, molto modella, le gambe accavallate, le gonne corte, un po’ sfacciate,  con quel pennuto rosa forte sul capo platino….lo sguardo rivolto al cielo…piovono coriandoli viola…

Per Carmela

Cerco nel baule che non ho, pieno di sogni, trovo due guantini di pizzo, quelli da signora chic, delicati, preziosi, minuscoli ed impalpabili, li appoggio nella scatola di carta decó, accanto ad una teiera senza thè, ma con te, che mi guardi da sotto il coperchio, nella ciotolina di ceramica bleu, piccole zollette di zucchero, un sacchettino fa cucù  tra le perle quadrate e dolci, dentro una piccola moneta con l’immagine di una madonna, che in fondo è una donna se non come me, è forse te..

Allora pizzo, thè per te…ed il tuo bel parlare per me

Regali: Mimma a Sandra

IL REGALO PER SANDRA – di Mimma Caravaggi


Sto pensando! Non è facile per me fare un regalo alla Sandra poiché non ci lega una grande amicizia ma è sicuramente qualcosa di più di una conoscente per cui il regalo penso debba essere un pò particolare. Mi sto arrovellando il cervello ma le idee si intrecciano senza soddisfarmi. Sarà meglio analizzare quel poco che
conosco della Sandra per poter arrivare a farle un regalo non impegnativo ma
diverso e che catturi il suo cuore per far si che la nostra possa diventare una buona e bella amicizia. Sandra mi è sempre apparsa come una persona aperta e questo rispecchia molto il mio carattere. Io attaccherei bottone con tutti e sono subito pronta ad aprirmi senza alcuna preoccupazione. Sandra è stata per molto tempo più nei suoi panni, fino a poco tempo fa. Infatti, ultimamente, attraverso i suoi scritti ho notato che si è aperta un pò di più, pian piano, a tutti noi dando spiegazioni delle sue sensazioni ed emozioni, cosa che prima non le riusciva. Quando qualche anno fa scriveva sembrava facesse un compitino con le minime parole. Ora è cambiata molto, scrive racconti più lunghi, li descrive insieme alle sue emozioni insomma come d’altronde ho fatto anche io, siamo cresciute riuscendo ad esprimere il meglio di noi. Ho pensato allora di regalarle un bell’albero virtuale. Si acquista su TREEDOM come li ho regalati ai miei nipoti e bisnipoti per i loro compleanni. Che pianta regalare a Sandra ? Ho pensato che una pianta di cacao possa essere adatta a lei. Porta allegria e sul sito le spiegheranno come seguirla lungo l’arco della sua crescita, dove viene piantata, a cosa serve quanto CO2 elimina. Le verrà spedita una relazione settimanale o quindicinale per farle seguire tutte le fasi di crescita. Conoscerà la persona che se ne prenderà cura che l’ha piantata e i vari trapianti dal vasino come seme al primo germoglio e così via i vari trapianti fino alla crescita dei frutti alla loro raccolta e trasformazione e quanto il contadino ne potrà trarre profitto con la vendita dei frutti arrivati a maturazione nel loro habitat. Tu potrai dargli un nome che ti permetterà di ricordare qualcuno in particolare. Sandra spero di aver azzeccato il dono per te. Ne sarei molto contenta.
Ciao Sandra da oggi con la tua pianta potrai contribuire a ridare un pò di aria buona per te tua figlia per me per noi e al pianeta.

Regali: Lucia a Rossella

Per Rossella – di Lucia Bettoni

Ho due regali per te Rossella
Uno era già dentro di me e immaginavo con piacere di poterlo regalare a qualcuno prima ancora di sapere a chi
Pensavo che sarebbe stato bello trovare la persona giusta alla quale poterlo regalare, pur sapendo che non sarebbe stato facile perché, in effetti,  questo regalo presuppone una certa conoscenza tra persone
Sicuramente sento di poterlo regalare a te
È un fischietto, un fischietto di terracotta, uno dei  fischietti raccolti con cura nel corso della mia vita
Perché un fischietto?
Perché i fischietti non sono solo oggetti, hanno una voce, basta soffiare
Ognuno ha il suo suono, ognuno è diverso
Sceglierò per te il fischietto con la voce che più mi piace
Potrai appoggiare il fischietto da qualche parte nella tua casa, è piccolo, non ha bisogno di spazio, può stare anche nella tua borsa: se vorrai e se ne sentirai il desiderio o il bisogno lo potrai usare, basta soffiare
Puoi soffiare forte o anche molto piano: io riconoscerò il tuo richiamo

Il secondo regalo è un pacchetto/vacanza di due giorni in un luogo non lontano, un luogo in Toscana o nelle regioni limitrofe
Potrai scegliere tra le varie proposte l’albergo che  più ti piace, nel luogo che più desideri,
una città o un piccolo borgo: quello che vuoi tu, come lo vuoi tu, quando lo vuoi tu
Se ti farà piacere ti accompagnerò

Regali: Simone a Gabriella

REGALO DI SIMONE PER GABRIELLA

La pace, il silenzio al suono di una campana Tibetana. .. OHMMmmm …..un sole luminoso che diventa piccolo ……. più piccolo …..una pallina di luce intensa che entra nella tua testa, spazza via i pensieri e inonda i tuoi occhi della bellezza di un cielo di un azzurro intenso su di un prato smeraldo,…. continua il suo percorso su una cascata che inonda il petto, il corpo,….. i suoi ciottoli rotolano sospinti dalla corrente sulle tue gambe … fino a fermarsi ai tuoi piedi …. rigenerati da tanta frescura … donandoti l’energia per risalire fino alla mente finalmente rilassata e senza pensieri, …. Mentre mani esperte ti massaggiano il corpo con unguenti profumati di essenze orientali.

Una sauna, … una doccia fredda, … una poltrona per abbandonarsi ad un momento magico … Tutto questo in un biglietto di “ Hasmana “ per te !

Incontro del 25 febbraio 2022 – I doni

con Cecilia Trinci

In un abbinamento a coppia, accordato, si scambiano doni ideali: oggetti personali che decidiamo in astratto di donare all’altra persona oppure doni cercati appositamente, in accordo con il carattere o con quanto vogliamo comunicare. L’accento viene posto sulla persona che dona e che deve pensare a chi ha ricevuto dal gioco come destinatario del proprio regalo.

Storie a ritroso – Cartolina da Firenze: Anna

Cartolina da Firenze – di Anna Meli

Splendida giornata di metà inverno. La tramontana di ieri ha spazzato via ogni ombra di umida nebbia e Firenze gode di un sole che mi accarezza con caldi raggi, mi riscalda piacevolmente passando attraverso la stoffa della mia giacca pesante.

            Avevo trascorso bellissimi anni in questa città e da tempo sentivo una gran voglia di ritornarci. Studente della facoltà di architettura, avevo vissuto lì insieme ad altri miei coetanei, dividendo impegno e difficoltà negli studi, ma anche sogni e speranze per il futuro.

            Con alcuni di loro avevo condiviso un piccolo appartamento all’ultimo piano di un antico palazzo. Mi ricordo quella finestra piccola che si apriva su una marea di tetti che non riuscivano, nonostante tutto, a nascondere la bellezza, anzi mettevano in risalto scorci pittoreschi di questa città a me così cara. 

            Belle sensazioni, rimaste da troppo tempo nascoste dentro di me, riemergono e mi accompagnano per strade e vicoli conosciuti e rimasti quasi del tutto uguali.

            Entrando in Piazza della Signoria, mi dirigo lentamente verso la Fontana del Nettuno restaurata da poco e ne ammiro i getti dell’acqua zampillante. Sempre meravigliosi quei cavalli che emergono dalle acque e quel cocchio sovrastato dal “Biancone” imponente e fiero sulla cui testa tanto per sdrammatizzare camminano a turno vari piccioni!

            Respiro profondamente chiudendo gli occhi e ricordo…,Ricordo una giovane bella ragazza che passeggia lungo i lati della fontana. Indossa un abitino leggero di colore rosso come le sue scarpe dal tacco alto ma non troppo, mi passa vicino, forse mettendo male un piede e……..quasi mi cade addosso.

            Grande imbarazzo da parte sua, viso rosso in sintonia con tutto il resto e una vocina che fa:

– Scusa, scusa mi dispiace tanto! –

– A me per niente, anzi mi presento. Sono Sandro. –

– Io mi chiamo Marzia! –

            E forse fu in quel momento che “ Cupido”, forse nascosto fra le Ninfee e i Fauni della fontana, scoccò la sua freccia. Momenti magici che rivorrei indietro.

            Da allora ci ritrovammo spesso scoprendoci uniti anche da interessi comuni e il nostro amore fiorì fra musei e opere d’arte nella cornice di questa meravigliosa città.

            Non ricordo bene come tutto questo finì o meglio come si logorò. Forse la causa fu il mio trasferimento a Parigi. Per un po’, ci scrivemmo o ci sentimmo per telefono; poi le pause divennero sempre più lunghe fino ad annullarsi. Anche le cose che spesso riteniamo le più importanti e durature possono dissolversi come nebbia al vento.

            Mi allontano dalla nostra fontana. Ho comprato delle cartoline venendo qua, mi siedo al tavolino del bar e, nell’attesa di un caffè, incomincio a scrivere sperando che nel frattempo tu non abbia cambiato casa.

            Ciao Marzia!!

Questa città è bellissima! Ieri sera uscendo dalla stazione ho rivisto la nostra fontana…ti ricordi? Ora l’hanno restaurata e è ancora più magica, specialmente di notte con le luci dal basso. Te la mando con un abbraccio per te. Avrò molto da lavorare ma cercherò di tornare al Museo che ti piaceva tanto…. quel giorno che sembravi una bambina in gita! Mi manchi e spero di rivederti

S.

Storie a ritroso – Cartolina dalla Futa: Carla

Il bagno alle cascate – di Carla Faggi

Odio luglio, devo venire ogni anno qui al Sasso di Castro a passare il mio tempo con delle vecchie zie e con un sacco di cugini tutti maschi e tutti odiosi e dispettosi.

Odio stare lontana dalla mia mamma e dalle mie amiche.

Odio che qui il tempo non passa mai e…aspetta ma sta arrivando una famiglia nuova…un babbo, una mamma e…una bambina!

Che bello giocare alle cascate, i piedi nell’acqua, tu che fai il bagno, io che non so nuotare, gli odiosi cugini che rompono cercando la nostra attenzione, noi che facciamo le sdegnose!

Che bello vedere tutti quei bambini vestiti tutti uguali, noi col naso schiacciato sulla grande cancellata della Colonia estiva ad osservare i loro giochi organizzati e a cercare di capire quel loro dialetto bolognese che sembra lingua straniera.

Che bello correre poi alla fontana di fronte alla colonia, accaldate in pieno luglio, a bere, a spruzzarci, e quando ci riesci anche a infilarti dentro, naturalmente io no perchè ho paura di scivolare. Che fifona che sono, tu invece…temeraria, vuoi provare tutto.

Che bello giocare dietro ogni angolo del Cimitero dei Tedeschi, le zie che ci chiamano ad osservare, noi che facciamo finta di non sentire e corriamo e ci sembra di essere ad un parco giochi invece che ad un cimitero monumentale!

Ho voglia di andare a rivedere quei posti dove andavo in estate da bambina, dai andiamoci così ti racconto.

Ecco il Cimitero dei Tedeschi, sai ci sono stata da bimba insieme alle zie, i cugini ed una amichetta che veniva da Prato, Marzia. Non mi ricordo neppure come è fatto, mi ricordo solo che giocai tanto con Marzia, tante risate, i cuginetti che a nascondino quando ci trovavano ci facevano paura, un giorno veniamo a visitarlo, oggi non abbiamo tempo perchè ti devo far vedere tanto altro.

Queste sono le cascate, sembrano più piccole dei ricordi di allora. C’è una strada in asfalto che allora non c’era. No, non c’era perchè non la ricordo proprio! Non sono bellissime? Amavo venirci.

Questa è La Selva, abitavamo in quella casa là, e quella accanto è la casa del contadino, che strano le ricordavo lontanissime invece sono confinanti.

E laggiù c’erano i campi ed il bosco, andiamo a vedere…villette e cartelli proprietà privata, severamente vietato, divieto di accesso.

Vabbè…ecco là c’è la Colonia…non vanno più di moda le colonie per ragazzi ma lasciarla in così degrado è un peccato.

Speriamo almeno che la fontana dell’acqua sia come allora. Ma… doveva essere qui, almeno mi sembra, cerchiamo più avanti..no non c’è, forse era qui dove c’è quella nuova villetta!

Mi tengo i miei ricordi, li ho aggiornati ma solo un po’.

Chissà se Marzia abita ancora a Prato al vecchio indirizzo che avevo. Ovviamente non posso avere il cellulare e neppure la mail, quindi l’unico modo è provare a scriverle. Sarebbe bello mandarle una cartolina, ma sono introvabili perchè non usano più. Se la trovo le scriverò:

Ciao Marzia!!

questo paesino è bellissimo anche se molto cambiato.

La nostra fontana non c’è più, ma forse così è più magica perchè è illuminata solo dalle nostre emozioni di allora.

Ricordi la nostra gita meravigliosa  al cimitero dei tedeschi? Cercherò di tornarci appena posso o forse potremmo ritornarci insieme perchè mi manchi e spero di rivederti.

Sandra

Storie a ritroso – Cartolina da X: Simone

LA VALIGETTA 24 ORE – di Simone Bellini

La neve caduta in abbondanza nella notte aveva rallentato tutti i treni superveloci.

Ero arrivato in stazione con ore di ritardo ed avevo una dettagliata relazione da illustrare ad un’ importante conferenza sull’avanguardia ingegneristica per l’architettura moderna.

Progetti, disegni, ipotesi e appunti sull’argomento erano tutti custoditi nella mia valigetta 24 ore.

Uscendo dalla stazione mi avviai di corsa verso la mia meta, passando velocemente davanti alla bellissima fontana del quattrocento, ma proprio in quel momento una turista indietreggiò nell’intento di scattare una fotografia col cellulare scontrandosi inevitabilmente con me facendomi cascare rovinosamente in terra.

– Oh mio dio ! Mi dispiace, mi scusi tanto ! – disse aiutandomi ad alzarmi – Ma lei sanguina !- Mentre con un fazzoletto cercava di tamponarmi il sangue che usciva dal labbro inferiore.

– Lasci, lasci stare non importa- le dissi fermandole la mano –Sono molto, molto in ritardo !-

Mi rialzai in fretta, ma fatti tre passi mi resi conto che non avevo più la mia valigetta.

Rividi allora nella memoria la scena della valigetta che volava dentro la fontana.

La conferma era lì, in mezzo all’acqua.

 – Cazzoo….i miei documenti ! –

La donna resasi conto della situazione reagì immediatamente tirando su quella gonna già corta di suo, scoprendo, al limite del pudore, le meravigliose gambe per immergerle nella fredda acqua della fontana e recuperare la preziosa valigetta.

– Sono mortificata ! Se le ho arrecato molto danno mi telefoni a questo numero- disse porgendomi il suo biglietto da visita- La metterò in contatto con la mia assicurazione. Mi chiamo Marzia ! –

– Simone- le dissi porgendole il mio biglietto- Grazie ! Si è bagnata tutta  mi dispiace, purtroppo sono molto in ritardo. Magari potremmo riderci sopra stasera a cena !-

– Magari si ! Ma il ristorante lo scelgo io e pago io, è il minimo per rimediare alla mia sbadataggine.-

 Fu l’inizio di una fugace, imprevedibile storia. Persa poi nella memoria e riemersa ora nel tornare davanti a quella fontana, resa ancora più magica da un restauro esemplare, immortalata in questa cartolina che sto scrivendo per te Marzia.

Ciao Marzia!!

Questa città è bellissima! Ieri sera uscendo dalla stazione ho rivisto la nostra fontana…ti ricordi? Ora l’hanno restaurata e è ancora più magica, specialmente di notte con le luci dal basso. Te la mando con un abbraccio per te. Avrò molto da lavorare ma cercherò di tornare al Museo che ti piaceva tanto…. quel giorno che sembravi una bambina in gita! Mi manchi e spero di rivederti

S.

Storie a ritroso – Cartolina da Madrid: Patrizia

Tornare a Madrid – di Patrizia Fusi

E’ bello volare, siamo avvolti in morbide nuvole bianche, a sprazzi vedo il mare scorrere sotto di me, il mio amore Sergio è seduto accanto, è la prima volta che viaggio in aereo.

Allo scalo mi  affascina tutto quello che mi circonda è un mondo sconosciuto per me, mi incuriosisce il funzionamento dell’aeroporto, da sola mi sentirei persa, la presenza di lui mi rassicura.

Il taxi corre veloce per portarci a Madrid, grandi casermoni anonimi ci passano accanto, tutte le periferie si assomigliano.

Ci stringiamo vicini, vicini, è bello sentire il contatto fisico della persona che si ama.

Stiamo andando all’albergo, percorriamo un bel viale alberato, ci troviamo in piazza De Cibeles una grande fontana con al centro un carro e sopra ad esso una donna seduta su un trono in atteggiamento austero, trainato da due leoni, l’acqua sgorga tutta intorno, ai lati maestosi edifici, i raggi del sole illuminano tutto, l’aria è tiepida, abbiamo scelto l’albergo in centro per visitare Madrid con più facilita.

Il pomeriggio andiamo in giro in libertà per scoprire angoli particolari, Puerta del Sol con l’orso del Corbezzolo, è la prima tappa, mi sento felice, mentre camminiamo la mano di lui mi coccola.

 Chiediamo a un coppia se ci può scattare una foto sotto la statua dell’orso, ci dicono ragazzi; siete una bella coppia si vede che siete innamorati.

Percorriamo la piazza, tanti bei negozi di tutti generi, ci soffermiamo davanti alle vetrine, parlando serenamente, imbocchiamo una strada in discesa che porta al museo Thyssen che andiamo a visitare, è un mio desiderio che ti ho chiesto con insistenza, mi affascina tutta la pittura, ma son curiosa di vedere le opere di Hopper e sentire le emozioni che mi fanno provare.

 Nel pomeriggio siamo andati in Plaza Mayor passando dal L’Arco de Cuchilleron una delle nove porte d’accesso della piazza.

Al centro di questa una statua con il re a cavallo, un porticato tutto intorno agli edifici di colore rosso e bianco, tante persone, polizia a cavallo.

Bella la cena che abbiamo fatto in piazza, non tanto per quello che si è mangiato ma per l’atmosfera romantica che si è creata, i nostri piedi complici si sono cercati sotto il tavolo, al calore della sera tutto intorno a noi è diventato luminoso e dorato, è stata una piacevole giornata, la luna brilla in celo e ci accompagna.

Dopo quarant’anni ho voluto ritornare a Madrid, tanti ricordi nostalgia mancanza della tua presenza, un pensiero strambo mi passa per la mente quella di comprare una cartolina e di spedirtela.

Ciao Sergio!!!

Questa città è bellissima!! Ieri sera uscendo ho rivisto la fontana in piazza Cibeles…ti ricordi? Ora l’hanno restaurata e è ancora più magica, specialmente di notte con le luci dal basso. Mi manchi vorrei poterti abbracciare. Cercherò di tornare al museo che mi piaceva tanto…quel giorno che sembravo una bambina in gita, per avere l’illusione di sentire la tua presenza, mi manchi tanto. La spedisco al nostro indirizzo e sarà un altro ricordo di noi due da mettere nella scatola bianca.

M .

Storie a ritroso – Cartolina da Perugia: Sandra

Un museo da mangiare – di Sandra Conticini

Sonia e  Marzia avevano bisogno di riposo.

Decisero di  fare un week-end allungato per evadere da quell’ambiente e rilassarsi, ma trovare qualcosa che potesse accontentare tutte e due non fu facile. Dopo aver girato con la mente l’Italia decisero che i paesini dell’Umbria sarebbero stati adatti alle loro esigenze.  Si fermarono ad Assisi e Spoleto e rimasero a bocca aperta nel vedere tanta bellezza…. poi proseguirono per Perugia dove avevano prenotato un agriturismo con piscina e centro benessere.

Una fontana di acqua bollente le accolse nel giardino. Pensavano che si sarebbero dedicate solo alla loro bellezza: massaggi, dieta sana, piscina.

Sentivano nell’aria la promessa dell’estate, gli obblighi che la bella stagione richiede alle ragazze belle….. Ma furono forse i canti degli uccelli a distrarle e a guidarle verso quella meraviglia che trovarono…. o che trovò loro: la fabbrica di cioccolata e il museo della Perugina.

Non aveva niente di culturale ed artistico, ma il loro morale arrivò alle stelle.  Appena entrate furono assalite  da un abbraccio di cioccolato e accolti dal più grande bacio di tutti i tempi,  e che emozione vedere la pasta scura e  tutti quei cioccolatini nelle grandi vasche e sui nastri trasportatori… ed all’uscita era prevista anche una piacevole degustazione.

Fu lì che le due amiche si dimenticarono di dover essere belle e si tuffarono letteralmente in un idromassaggio di cioccolata: vederla appena pronta, vedere l’argento delle cartine, i messaggi nascosti dentro e poi tutta la scia di profumo inebriante, irresistibile e folle che scivolava sui nastri trasportatori, tra le mani di ninfe portatrici di bontà, fu un vortice di piacere.

Tornarono a casa non certo più magre ma di certo più felici. Anche perché le tentazioni golose non erano finite e proseguirono in tartufi, tagliatelle, salumi e arrosti.

Dopo diversi anni Sonia ricapitò a Perugia per lavoro e ripensò a Marzia, che non vedeva da tanto tempo, così comprò una cartolina e le scrisse:

Ciao Marzia,

questa città è bellissima! Ieri sera uscendo dalla stazione ho rivisto la nostra fontana… ti ricordi? Ora l’hanno restaurata ed è ancora più magica, specialmente di notte con le luci dal basso. Te la mando con un abbraccio per te. Avrò molto da lavorare ma cercherò di tornare al museo che ti piaceva tanto… quel giorno che sembravi una bambina in gita!

Mi manchi e spero di rivederti

S.

Storie a ritroso – Cartolina da Fenderlik: Rossella

Borsa con cartolina di Rossella Gallori

Era sempre andata per mercatini, per cose, per case, per sogni,  per vestirsi e scoprirsi…di borse poi ne aveva comprate e vendute in grande quantità, una necessità fisica la sua, toccarle, annusarle, restaurarle.

Un gioco costoso: comprarle a Parigi, abbandonarle a Londra, per ritrovarne di nuove a New York, incontrarle poi a Roma, riconoscerle e provare la stessa gioia….

Aveva incontrato “tanto”  nei suoi pellegrinaggi di lusso, gente,  soprattutto gente…preso schiaffi nello stomaco, baci sulla bocca, calci nel culo…tutto preso e restituito in un eterno match, visto strade, percorso fiumi, visto  musei, fontane e piazze, bar e bistrot, alberghi con più stelle che camere.

Una zingara ricca, dicevano di lei, Marzia ormai non la chiamava più nessuno da tempo: la Ma, la Ziza,  per quel suo vagabondare era “gitana”, un soprannome, che non le piaceva granchè…perché non più Marzia?

La sua vedovanza giovanile l’aveva fatta esplodere in una follia lenta ed un po’ pericolosa, girare, fare, andare, una trottola impazzita di cose da collezionare, anche per gli amori era stato così, dopo quel lui scialbo che le aveva messo la fede al dito, c’era stato A…B…C…D…E…un alfabeto intero di maschi anonimi e non, era affamata di emozioni e nonostante “una certa età”  bussasse alla porta continuava imperterrita la sua giostra…..

Girava, ora, senza sapere cosa in effetti cercava tra i banchi di Henfingard, fu colpita, da curiosi anelli di ferro, da uno scialle fantastico, da piccoli cuscini ricamati…poi il cuore accelerò, le mani le tramavano, una piccola borsa la fece sussultare, sembrava chiamarla, gridava quasi, quella piccola pochette di gros grain bluette, con la fibbia di Swarovski  un po’ assenti… sì era la sua, come fosse arrivata lì non se lo domandò, l’ acquistò senza riflettere sul prezzo, sicuramente troppo alto.

Si allontanò da sguardi indiscreti, l’aprì con il cuore in gola, cercò nella piccola tasca interna, al tatto riconobbe il cartoncino rigido della cartolina: persa, cercata e ritrovata, baciò quella S delicata e morbida, che l’ aveva lasciata sempre senza fiato, una lettera che ricordava il suo sorriso, il suo  seno, il suo “sempre”

Socchiuse gli occhi ricordando: si erano incontrate a Fenderlik in un angolo remoto della Norvegia, in un museo del ghiaccio ovviamente freddo e molto inutile, si erano baciate illuminate  dai  raggi sfacciati  di una fontana pretenziosa ed enorme, sormontata da due lucidi cigni di marmo argentato, che univano il becco in una specie di bacio da amanti, pennuti senza sesso, né maschi, né femmine…

Erano poi tornate al museo, più per tenersi per mano come scolarette ancora una volta, che per scoprire nuovi mostri gelati.

Poi, poi…. il lavoro, le ambizioni, la vita, le promesse che si annullavano al primo ostacolo….gli anni erano passati, tanti, troppi, per ripercorrerli a ritroso  nessuna delle due aveva fatto il primo passo. Un giorno era arrivata quella cartolina che però aveva voluto perdere e dimenticare dentro la borsa.

Al primo banco rivendette la trousse, a meno di quel che l’ aveva pagata, cercando di dimenticarne il colore asciugandosi gli occhi colmi di lacrime….

La lesse, la rilesse ancora quella cartolina, prima di stracciarla….e farne coriandoli che gettò per aria.

Ciao Marzia!!

Questa città è bellissima! Ieri sera uscendo dalla stazione ho rivisto la nostra fontana…ti ricordi? Ora l’hanno restaurata e è ancora più magica, specialmente di notte con le luci dal basso. Te la mando con un abbraccio per te. Avrò molto da lavorare ma cercherò di tornare al Museo che ti piaceva tanto…. quel giorno che sembravi una bambina in gita! Mi manchi e spero di rivederti

S.

Volarono piccoli pezzi di  carta: francobolli, cigni , fontane, luci e rimpianti, rimpianti tanti….

Un morso di ricordi, volava ancora ed incurante del suo dolore le si appiccicò sul viso bagnato di sale, c’era scritto:  DI RIVEDERTI…..

E quella firma che non era più solo S ma Sarah ……

Storie a ritroso – Cartolina da Firenze: Lucia

In giro per Firenze – di Lucia Bettoni

foto di Lucia Bettoni

Stella amava la sua città.

Le piaceva percorrere le sue strade e i suoi ponti da sola.

In realtà Stella non era mai da sola.

Aveva sempre con se la sua macchina fotografica, era la sua compagna, la compagna di ogni momento sereno ed anche un’amica preziosa che con le immagini supportava la sua scarsa memoria.

Con l’occhio della fotocamera Stella poteva vedere oltre, oltre un primo sguardo distratto, poteva vedere e gioire di bellezze nascoste o riscoprire da altre angolazioni ciò che le era noto.

Così fu quella mattina, una mattina con una luce speciale.

Un raggio di sole illuminava esattamente la fontana, come se fosse un palcoscenico.

Pensò che sarebbe stata una foto meravigliosa anche se il soggetto era tra i più fotografati al mondo.

Stella guardò meglio e vide quello che aveva visto sempre senza vederlo mai.

Vide i cavalli, i cavalli della fontana del Nettuno e pensò di non essersi mai accorta della loro bellezza: possenti, vigorosi, vivi, pervasi e invasi dagli spruzzi dell’acqua che al sole sembravano arcobaleni di perle.

Galoppavano indomiti, senza paura con tutto il loro vigore.

Non sembravano di marmo, non sembravano fermi.

Galoppavano senza tregua in mezzo all’umanità che ogni giorno attraversa una delle piazze più famose nel mondo.

Stella era inginocchiata per terra per meglio immortalare gli spruzzi dell’acqua sui cavalli, quando una mano si posò sulla sua spalla.

Fu come fosse svegliata nel mezzo di un sogno.

Si voltò di scatto e la prima cosa che vide fu il suo sorriso: era il sorriso del suo amico in vacanza a Firenze.

Niente succede a caso e il caso aveva voluto che anche Claudio quella mattina fosse in giro per la città, anche lui con la sua macchina fotografica in cerca di un’inquadratura perfetta, della giusta luce, di una emozione da immortalare: Claudio è un fotografo.

Pur essendo italiano vive in Svizzera da tantissimo tempo, ma appena gli è possibile passa da Firenze e non manca mai di salutare la sua amica Stella e di passare qualche giorno con lei.

Era arrivato la sera prima, Stella non lo sapeva perché lui voleva farle una sorpresa: e fu davvero una sorpresa per lei, ma anche per lui.

(Ma veramente le cose e gli incontri succedono per caso?)

A differenza di Stella alla quale piacciono le luci, i colori forti e le immagini ben definite, a Claudio piacciono le luci morbide, soffuse e i cieli con le nuvole.

La luce di quella mattina era decisamente quella giusta per Stella, ma non per Claudio.

Lui prese Stella per mano e le disse: “Fammi un regalo, vieni via con me, andiamo insieme agli Uffizi, andiamo per bellezze!”

Girarono per le sale soffermandosi più a lungo davanti ai quadri che più li emozionavano.

Poi, anche la bellezza ha bisogno di pause e andarono a sedersi nella bella terrazza del bar degli Uffizi.

La luce si era fatta più morbida e in cielo erano apparse le nuvole: due piccioni li guardavano dal parapetto della terrazza, guardavano Stella e Claudio seduti al tavolino con un caffè. Erano belli nella luce morbida di quel momento e nella luce dolce della loro lunga amicizia, erano belli come la primavera e anche di più.

foto di Lucia Bettoni

Dopo qualche giorno Claudio partì.

A Stella erano rimaste le immagini degli scatti di quella giornata, ne fece una stampa che mise in una busta, e le spedì a Claudio accompagnate da queste parole:

Ciao Claudio, Firenze è bellissima, bella come la nostra amicizia.

Ti mando i cavalli della fontana illuminati dal sole e i due piccioni che hanno visto i nostri occhi accarezzati dalle nuvole.

Mi manchi.

Spero di rivederti presto

Stella

Storie a ritroso – Cartolina da Roma: Stefania

La vacanza – di Stefania Bonanni

foto e disegno di Stefania Bonanni

Ricordo benissimo l’agitazione, i preparativi, i tentativi delle nostre famiglie di dissuaderci, anche di proibire , e la nostra ostinazione. Non ci fu nulla da fare….Non ci spostammo di un millimetro. Si era deciso: Roma Roma Roma. Il centro del mondo, della bellezza, il viaggio che ci avrebbe cambiato la vita. Quanto ci fece parlare la scelta delle cose da mettere in valigia, una valigia in due, naturalmente. E quante volte,  tra noi due, si commentava la tensione in casa “Ma hanno presente che siamo maggiorenni? Se continuano a rompere, si parte e ciao….permesso o non permesso” Un progetto bellissimo, ci siamo divertite tanto a parlarne, a sognare, a fantasticare. Ci aspettava Trastevere, Via Margutta, Campo de Fiori, ci aspettava Cinecittà, via Veneto, la Fontana di Trevi. Nessun dubbio sul fatto che aspettassero tutti noi. La vita era lì, quella splendente di arte ed artisti, e bastava andare a cogliere le occasioni. Io avevo una gran voglia di andare e “vivere”, anche se, in un angolino del cuore, sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento in cui ci saremmo allontanate, io e Marzia. Mi sentivo crescere una specie di  crepa, una ferita destinata a diventare una  frattura, lo sentivo e mi faceva un male profondo. Anche su questa Roma:, io mi volevo divertire, volevo conoscere un pezzo di mondo, e ridere con un’amica. Marzia comincio’ a dire che forse non sarebbe tornata a casa, che si sentiva un’attrice e che il suo posto non era un paesello di campagna come il nostro, pieno di gente ignorante e nessun artista. Non la presi sul serio, ma questi discorsi mi turbarono, mi lavorarono dentro. Era un giudizio che comprendeva anche me, che amavo tanto il paesello di campagna.

Si partì, comunque curiose, libere e felici. Roma ci sembrò di più: più grande, più bella, più bianca, più luminosa, più piena di monumenti più grandi, più piena di gente, di traffico, di piazze, di fontane. Tutte le città dovrebbero avere tante fontane, con acqua da bere e da rinfrescarsi,  e marmi lucidi e statue di giganti, di tritoni, di ninfe, di tartarughe. L’acqua fa belli i monumenti, e anche il contrario. Tutto era di più, più di come si immaginava. Quando, in un sole accecante, si arrivò davanti alla fontana di Trevi, ci si mise a sedere su uno scalino, in silenzio, e non fu facile allontanarsi. Tornammo in un giorno nuvoloso, una mattina presto, all’ora del tramonto. Si voleva vedere come giocavano le nuvole sui marmi, sull’acqua. Ci si andò di notte, in una notte  dipinta di stelle, e si rifece la Dolce Vita. Marzia faceva Anita Ekberg e chiamava “Marcello” con un accento così buffo che si comincio’ a ridere così tanto e così a lungo che si contendeva il rumore dell’acqua alla fontana. Senza dircelo, tutte e due si entrò nell’acqua, sempre ridendo. Si smise all’improvviso quando la luce di una torcia ci disegnò una cornice intorno, e ci permise di vedere il vigile urbano che ci illuminava mentre ci urlava di uscire subito, e che c’era la multa, per chi si bagnava nella fontana. Si scappò, ma più che correre si scivolava, e si ricominciò a ridere. Il vigile non ci insegui’, forse rideva anche lui.

Poi ci fu la parentesi “culturale”. Avevamo conosciuto un gruppo di ragazzi composto da musicisti, ballerine, pittori…noi che si poteva dire? Allora si raccontò di essere a Roma per Raffaello, che ci interessava l’arte e che avremmo visitato i musei vaticani. Per sapere cosa dire in caso di domande, il giorno dopo eravamo in coda per entrare ai musei vaticani. Si rideva in coda , si rideva per l’atteggiamento “serio” che si cercava di tenere, non facevamo che ridere. Salvo smettere di colpo, abbagliate da una meraviglia così meravigliosa che non c’erano parole per descrivere, che faceva sentire formiche, con gli occhi riempiti, la bocca spalancata, il cuore, lo stomaco, le vene, traboccanti dei colori più belli della vita. Gli occhi di Marzia erano brillanti di bellezza, ed io speravo di avere nei miei lo stesso stupore.

Passarono giorni velocissimi, ricordo quello che ho raccontato, ma non molto di più. Non c’era tempo per fare nulla…si correva dietro ai set, agli attori, alle osterie, a ripensare sembrava un frullatore, più che una vacanza.

Marzia si trasferì a Roma l’inverno successivo. Avrebbe fatto l’attrice, dicevano i suoi familiari.

Io rimasi molto male, è stato un dolore che è continuato moltissimi anni. Lei non mi ha mai cercata. Una notte di Pasqua l’ho riconosciuta in chiesa. Emozionatissima mi sono avvicinata: “non mi riconosci?” La risposta è gelo: “Ho dimenticato tutti quelli di quassù”. Fu ancora peggio della prima volta. Basta, era l’ora che capissi. Mi aveva cancellata.

Ma non sempre i pensieri si adeguano, ed ho continuato ad essere addolorata, per averla persa.

Ed oggi a Roma ho comprato una cartolina con una fontana di Trevi restaurata e bellissima, e l’ho spedita al suo ultimo indirizzo conosciuto. L’avevo chiesto a suo fratello una delle volte nelle quali avevo deciso di scriverle, senza poi farlo davvero.

Ciao Marzia!!

Questa città è bellissima! Ieri sera uscendo dalla stazione ho rivisto la nostra fontana…ti ricordi? Ora l’hanno restaurata e è ancora più magica, specialmente di notte con le luci dal basso. Te la mando con un abbraccio per te. Avrò molto da lavorare ma cercherò di tornare al Museo che ti piaceva tanto…. quel giorno che sembravi una bambina in gita! Mi manchi e spero di rivederti

S.

Storie a ritroso – Cartolina da Polignano a Mare: Carmela

Innamorarsi a Polignano a mare – di Carmela De Pilla

Non aveva capito proprio niente! A lui interessava solo la musica, nel suo tempo libero si rintanava nella cantina di Giorgio a suonare la batteria con i ragazzi del suo gruppo e tutto il resto non contava, non si era accorto nemmeno che le ragazze della sua classe e non solo, lo guardavano con occhi languidi e trasognati desiderose di scambiare solo qualche parola giusto il tempo per lanciare un messaggio che lui nemmeno notava.

Era facile innamorarsi di Stefano, con i suoi capelli corvini e riccioluti, volutamente scompigliati e un po’ lunghi, a volte legati in una coda scomposta con i riccioli che saltellavano in qua e in là, gli occhi neri e birichini ridevano ancor prima della bocca eppure quello destro se ne andava un po’ per conto suo, ma nessuno si era mai accorto del suo leggero strabismo, erano attratti da altro, dal suo modo di camminare per esempio, con quel passo ondeggiante sembrava che ballasse al ritmo di chissà quale musica immaginaria e poi quel modo di vestirsi, sempre uguale eppure sempre originale…soliti jens e camicia, ma una diversa dall’altra, persino d’inverno andava in giro solo con la camicia magari più pesante, ma rigorosamente camicia, insomma Stefano non poteva essere altro che  un artista.

 Aveva fatto il liceo  con discreti risultati, i professori dicevano di lui “ È intelligente, ma ha sempre la testa fra le nuvole, dovrebbe applicarsi di più” ma Stefano suonava anche quando veniva interrogato.

 L’esame di maturità era alle porte, ma nessuno pensava a studiare, in quella settimana non si parlava altro che della gita a Polignano a mare, c’era un’atmosfera elettrizzante, da una parte gli ultimi impulsi giovanili e dall’altra tanta voglia di diventare adulti, quella sarebbe stata forse l’ultima possibilità di sentirsi ancora incoscienti.

Finalmente il giorno tanto atteso, quelle due ore sul pullman furono le più divertenti, Stefano, seduto in fondo per farsi vedere da tutti batteva sulle ginocchia un ritmo incalzante e tutti cantavano “…voglio una vita spericolata…” anche Marzia si era lasciata trascinare in quel vortice di allegria e quasi per caso, ma il caso non c’entrava proprio niente, si ritrovò seduta accanto a lui con moderata sobrietà che tradiva il vero sentimento che provava.

Era bellissima Marzia con i suoi lunghi capelli rossi e quella carnagione quasi perlacea che lasciava intravedere le lentiggini sparse sul volto cinquecentesco, i suoi vestiti scelti con gusto comprati sul banco dell’usato o al mercato rivestivano un corpo esile e longilineo, tutti si erano accorti del suo amore sottaciuto verso Stefano meno che lui e naturalmente tutti avrebbero voluto essere al suo posto.

Tanta euforia e spensieratezza si spandevano tra le stradine di Polignano, le risate di quei ragazzi mettevano allegria anche ai passanti che li guardavano con una certa nostalgia, poi tra una battuta e l’altra, senza nemmeno accorgersene Stefano e Marzia si ritrovarono soli, lontani dal gruppo camminando silenziosi l’uno accanto all’altra. All’improvviso ecco il mare.

Una terrazza si affacciava prepotentemente su quell’azzurro intenso e tutt’intorno  spiccava il bianco accecante delle case con le piccole scale su cui fuggivano parole d’amore.

In un angolo una fontana con un delfino dalla cui bocca sorridente usciva un sottile zampillo li osservava, si presero per mano e si sedettero sul bordo accarezzando  l’acqua nel tentativo di sfiorarsi, il suo canticchiare quasi pettegolo accompagnava i loro intensi sguardi e curiosa di scoprire come sarebbe andata a finire continuava a sussurrare una dolce nenia.

Sarà stato questo silenzio custodito da tanta bellezza che spinse Marzia ad avvicinarsi alle sue labbra con timida trepidazione e Stefano inebetito e travolto da mille emozioni inaspettate la strinse con vigore tra le sue braccia.

I loro corpi vibranti si intrecciavano con passione, non una parola tra loro, ma una profonda intesa che li trasportò al di là del mare.

Raggiunsero gli altri frastornati dalle tante emozioni fino ad allora sconosciute, mancavano solo loro per entrare al museo nautico, raggiunsero il portone un po’ impacciati seguiti dagli occhi interrogativi dei compagni, tutto aveva un significato insolito ora e la vide davanti al grande timone con occhi diversi, sembrava una ragazzina e la sua voglia di amore la rendeva ancora più bella.

Fu un amore giovanile quello, intenso e sincero, poi le loro strade si persero e non si incontrarono più, dopo qualche anno Stefano ritornò a Polignano per un concerto e camminando per quelle stradine che avevano incorniciato il suo primo amore si ritrovò davanti al delfino e per un attimo provò la stessa antica emozione.

Sentì un bisogno irrefrenabile di scrivere una cartolina a Marzia, ora erano adulti, ognuno con la propria vita, ma tutti e due con un ricordo bellissimo da custodire.

Scelse la cartolina con la terrazza sul mare e il delfino e scrisse poche parole

Ciao Marzia!!

Questa città è bellissima! Ieri sera uscendo dalla stazione ho rivisto la nostra fontana…ti ricordi? Ora l’hanno restaurata ed è ancora più magica, specialmente di notte con le luci dal basso. Te la mando con un abbraccio per te. Avrò molto da lavorare ma cercherò di tornare al museo che ti piaceva tanto…quel giorno mi sembravi una bambina in gita! Mi manchi e spero di rivederti

Stefano

Storie a ritroso – Cartolina da Roma: Cecilia

La Barcaccia – di Cecilia Trinci

Ormai faceva così tutte le volte che andava a Roma: scendeva a Termini, saltava la coda dei taxi e prendeva subito a destra, a piedi  verso Trinità dei Monti. Non era così lontano e camminare sotto quel cielo, sempre allegro di storni, lo faceva sentire in vacanza. Adorava viaggiare per lavoro. Si mescolava agli orari, ai passi frettolosi,  alle battute locali e si sentiva in una bolla di libertà.  Un paese si conosce lavorandoci, lo aveva sempre pensato. Passava davanti alla pasticceria siciliana zeppa di  caffè, ricotta e pistacchio, rinunciando alle tentazioni,  prendeva di buon passo la salita centrale, guardando le vetrine diverse da quelle solite. Furgoncini frettolosi, valigette come le sue, qualche mamma in ritardo. Se la prendeva comoda, Roma non era Milano, la lezione  non cominciava prima delle 9,30 e i corsisti traccheggiavano fumando davanti all’ingresso fino all’ultimo momento. Arrivò alla balaustra di Trinità dei Monti e si fermò a guardare Roma, come sempre. Cupole sotto il sole sbucavano qua e là, il ponentino aveva preso a zufolare tra i tetti rossi. Giù, in basso la Fontana, la splendida Barcaccia adorata, per lui la più bella di tutte,  una vera “barchetta” agile in mezzo a un mare chiaro in città, diversa e snella contro il barocco romano….E fiori. I fiori di Piazza di Spagna, e colori, e gente. Una Roma da cartolina che si stava svegliando…..attraversò la piazza e mise, come sempre, le mani dentro l’acqua. Quel colore impossibile lo faceva sognare, tra l’acquamarina e il turchese. Via Condotti si svegliava e si affrettò: era un lavoro bellissimo il suo, ogni volta lo assaporava come un regalo. Ripassò per un attimo la scaletta del giorno e con la solita sicurezza entrò. Le grandi scale, il pomposo ascensore, il cigolare delle corde attraverso i  cancelli di fero battuto, la salita lenta quasi maestosa….era proprio a Roma, casomai lo avesse scordato. Il portoncino interno era aperto, una ragazza era seduta alla reception. Non era Adriana, quel giorno, quella signora di età indistinta, materna e rassicurante che da anni lo accoglieva con quel suo: Buongiorno professore, viaggiato bene? Gradisce un  caffè?

L’Unione Italiana Ciechi era quasi una famiglia, ormai.

Buongiorno, disse appena quella ragazzina, la signora Adriana non c’è, è malata. Disse con naturalezza: una causa ovvia per i più, ma non per Adriana che da quasi vent’anni non era mai mancata davanti a quella porta, con il suo sorriso soave e la premura di madre.

La meraviglia di lui non passò inosservata perché la ragazzina aggiunse: niente di grave, deve operarsi a una vena. Ci sono io, comunque, sono Marzia, se vuole può chiedermi di tutto, me lo ha detto Adriana, che poi è mia zia.

Piacere, rispose lui un po’ imbarazzato da tutte quelle informazioni ricevute in un solo minuto. Grazie, e si trattenne un attimo nei grandi occhi celesti di lei, che lo guardavano sospesa e un po’ in attesa di un eventuale comando.

Ma lui non disse altro ed entrò in sala riunioni.

La lezione passò. Liscia come l’olio, liscia come sempre: metodi di traduzione braille per vedenti che vogliono imparare il braille e scrivere per i ciechi. La pausa pranzo era alle 12,30 e lui uscì, verso la Barcaccia, che voleva rivedere con calma, bagnandosi di nuovo le mani.

La vide già lì, seduta in un angolo di marmo, che mangiava un piccolo panino al formaggio di capra. Buongiorno le disse questa volta meno incerto e lei rispose Salve, alzando il visino in alto. Un sorriso immenso la illuminò tutta, sotto il cappello rosso di lana a sacchetto che le avvolgeva tutta la massa di capelli lunghi e neri.

Pranzo veloce?

Sì. Mi piace troppo il sole, non sono abituata alle stanze chiuse. E lei?

Io adoro questa fontana, mi sfama.

Bellissima sì….ma sfamare….forse è troppo. E gli porse un piccolo panino al prosciutto, quasi uguale al suo.

Sbriciolarono piccoli panini per un po’, assaporandoli uno dopo l’altro, in mezzo ai passerotti di Piazza di Spagna.

Le parole furono leggere, frettolose e fresche come l‘acqua della Barcaccia. Lei era lì per pochi giorni,  poi sarebbe tornata al  Museo del Cinema, dove la zia le aveva trovato un lavoro a tempo determinato. Gli parlò all’infinito di quelle pellicole custodite, dei vecchi film che rivedeva di nascosto, dei sistemi di proiezione, di Tornatore che aveva conosciuto di persona quando era venuto alla UIC per un progetto di museo tattile per ciechi.

Una persona così…..così…..incredibile, disse lei con gli occhi più azzurri dell’azzurro.

Tornarono al lavoro insieme e la giornata volse piano piano alla fine. All’uscita Marzia era ancora lì, già sulla porta, con il suo cappello rosso e gli disse piano, da farsi appena sentire: Ma come fanno i ciechi a gustarsi un film? Me lo spiega lei? e poi ancora più piano: Vuole venire al Museo? Glielo voglio far vedere di notte, quando non c’è nessuno. Ho le chiavi.

Sandro pensò che avrebbe perso il treno… ma fu solo un attimo e partirono subito.

A qualcuno parve che si tenessero per mano.

Il mese dopo,  Sandro tornò a Roma per gli esami. Doveva rimanere un po’ di giorni tanto che era partito la sera prima per trovare un buon albergo. La mattina, alle 9,30  la signora Adriana lo aspettava alla reception col caffè già pronto.

Buongiorno, professore, fatto buon viaggio? Vuole un caffè?

Grazie, oggi no, rispose e tornò indietro di corsa, come preso da un demone, a cercare una cartolina. La scrisse prima di rientrare, sul marmo della Barcaccia.

Ciao Marzia!!

Questa città è bellissima! Ieri sera uscendo dalla stazione ho rivisto la nostra fontana…ti ricordi? Ora l’hanno restaurata e è ancora più magica, specialmente di notte con le luci dal basso. Te la mando con un abbraccio per te. Avrò molto da lavorare ma cercherò di tornare al Museo che ti piaceva tanto…. quel giorno che sembravi una bambina in gita! Mi manchi e spero di rivederti

S.

Storie a ritroso – Cartolina da Roma: Nadia

Fontana di Trevi – di Nadia Peruzzi

Era una figurina minuta. Indossava un vestitino di cotone bianco con dei fiori rossi che la faceva sembrare poco più di una bambina.
Se l’era ritrovata dentro l’obbiettivo mentre stava cercando l’inquadratura perfetta per la foto che doveva fare.
Attorno alla Fontana di Trevi c’era la solita calca, il solito brusio in cui si sovrapponevano lingue e dialetti di ogni parte del mondo. Un gran bazar di suoni, voci, risate, sudori,  odori più o meno gradevoli in quello scampolo di estate romana accarezzato dal ponentino.
Lei sembrava uscita da un fotogramma di Vacanze romane. Guardava rapita verso la fontana che,  ad ogni folata di vento,  la imprigionava in una ragnatela di goccioline impertinenti .
In un secondo giro di obbiettivo era riuscito a coglierla proprio nel momento in cui, col braccio alzato sopra la testa stava gettando nell’acqua la sua monetina. Un raggio di sole evidenziava le sfumature ramate dei suoi capelli. Aveva occhi tagliati all’orientale, una frangetta sbarazzina che la faceva sembrare una liceale in gita scolastica, un nasino all’insù così perfetto da essere unico e inimitabile.
Ci aveva fatto caso perché per lavoro si era ritrovato a fotografare visi resi, ad ogni trattamento, sempre più finti, inespressivi, comuni e anonimi in quel regno di silicone e botulino così alla moda fra le attricette e le modelle che frequentava.
La svedese di un metro e 70 che aveva di fronte quel giorno era un prodotto di quel mondo li. Labbra a canotto, gran voglia di emergere e con ogni mezzo,  anche a costo di risultare un incrocio fra attrici diverse , dopo l’ennesimo intervento di chirurgia estetica. Di suo non era rimasto più nulla. Si stava esponendo ai suoi scatti per cercare di raccontare una lei che non esisteva più da tempo. Era una imitazione e nemmeno di gran livello.
Scattava di malavoglia, per mestiere. Ogni tanto aveva cercato la ragazza col vestito a fiori rossi. Per fortuna era sempre ferma al solito posto e per fortuna quel punto era, adesso, in favore di luce. Gli ultimi scatti alla biondona aveva deciso di farli proprio li.
Si era avvicinato ma lei si era girata a mala pena verso di lui.
Aveva scattato le ultime foto, poi un saluto veloce con un cenno e un arrivederci e la stangona si era persa in mezzo alla folla.
Si era ritrovato imbambolato a guardare verso quella ragazza così particolare, in mezzo alla moltitudine vociante e chiassosa. Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, ma non sapeva come rivolgerle la parola. Lo aiutò , senza volere, un tedescone di due metri che nella calca, sfiorandola, aveva sciolto il foulard rosso che lei portava al polso a mo’ di bracciale.
Lo aveva raccolto in fretta prima che qualcuno potesse calpestarlo. L’aveva toccata sul braccio per attirare la sua attenzione.  Ci era voluto un po’ prima che lei si girasse. Come se si fosse dovuta liberare da un sogno che stava facendo.  Il primo sguardo che gli aveva concesso era venato di fastidio, poi alla vista del foulard rosso l’espressione da severa e accigliata che era, si era fatta dolce e per nulla scostante. Il suo grazie era stato accompagnato da un sorriso che le aveva illuminato il volto e fatto brillare quel suo sguardo vivace, da monella.
Sergio si era perso subito dentro quegli occhi venati di pagliuzze dorate sotto i raggi del sole del tardo pomeriggio. In un attimo aveva avuto la sensazione che in quella piazza , nonostante le spinte che ricevevano da ogni parte, fossero rimasti solo loro due.
Si erano ritrovati a parlare come se si conoscessero da tempo. Lui le aveva raccontato del suo lavoro in mezzo alle star della tv, lei dei suoi studi di storia dell’arte e delle emozioni di quella sua prima volta a Roma. Anzi , meglio,  della sua prima volta al di sotto della linea della pianura padana. Non le era mai capitato prima di scendere verso sud, in “Terronia” aveva aggiunto con una risata cristallina che lo aveva infastidito non poco. Lui uomo del sud, trapiantato a Roma e partito appena due anni prima da Santa Maria di Leuca.
Per fortuna avevano stemperato il passo falso con un gelato comprato in quel piccolo bar d’angolo affacciato sulla piazza. Era dolce e fresco come l’aria di quella serata romana dalle ombre sempre più lunghe.
Avevano vagato senza meta per ore. Un po’ sul lungotevere, poi il Pantheon e Piazza Navona, il Ghetto e il Teatro Marcello. Erano scesi di corsa dalla Scalinata del Campidoglio tenendosi per mano.
Il sonno se n’era andato . Anzi, per meglio dire, non aveva fatto nemmeno a tempo ad arrivare.
Ed erano ritornati li dove si erano incontrati. La piazza vuota era impressionante. L’acqua dominava la scena a quell’ora della notte. Le luci della fontana, dopo il restauro, spandevano su tutto una patina azzurrina. I palazzi sui tre lati della piazza erano avvolti d’oscurità e persi nel sonno dei loro occupanti. Solo la fontana era viva ed era li solo per loro. Ogni zampillo, ogni gloglottio sembrava chiamarli. Erano accaldati, malgrado il ponentino. Il cemento e i sanpietrini avevano iniziato a rilasciare tutto il calore accumulato durante la giornata. In un attimo si erano trovati nell’acqua a ridere come scemi e a schizzarsi come fanno i bambini al primo giorno di mare. Nessuno dei due aveva l’età per ricordarsi il bagno che aveva fatto epoca. Per loro era stato un semplice cogliere l’attimo. Si erano spogliati di ogni remora e avevano trovato il coraggio di osare l’impossibile e il vietato. Coraggiosi solo perché erano insieme.
La consapevolezza delle poche ore che avevano davanti prima del rientro a casa di lei aveva reso tutto più magico ed eccitante.
L’adrenalina era salita a mille quando avevano visto il lampeggiante di una macchina della polizia che faceva la ronda nel quartiere.
Si erano dati alla fuga appena prima che riuscissero a vederli. Avevano corso, inciampando sui sassi sporgenti del selciato sconnesso e non si erano fermati che a Piazza di Spagna.
Seduti sulla scalinata avevano passato il resto della notte ridendo e scherzando . Il primo bacio era arrivato con le luci dell’alba , che salutava il nuovo giorno.

Davanti al caffé Greco , in fila per una colazione da favola, c’erano arrivati mano nella mano, persi uno dentro gli occhi dell’altra.
Avevano un po’ di tempo prima di andare alla Galleria Borghese. L’ingresso sui biglietti era fissato per le 9, 30. Marzia ne aveva due visto che l’amica che doveva essere con lei all’ultimo le aveva detto che non poteva assolutamente lasciare il lavoro.
Si erano tolti dagli occhi gli ultimi rimasugli della notte insonne, sotto il getto di acqua fredda alla toilette del caffé Greco. Si erano rinfrescati alla bell’e meglio e poi via di nuovo .
Ritrovarono il Bernini nelle sculture custodite a Villa Borghese. Marzia aveva il cuore che le batteva a mille. Il Ratto di Proserpina lo aveva studiato e visto solo sui libri e trovarselo di fronte tradotto in realtà le aveva prodotto un’emozione fortissima.
Di quei momenti,  lui aveva conservato le foto che aveva fatto allora.
Lei che guardava da sotto in su quella statua enorme , lei che gli sorrideva sbarazzina mentre indicava le mani affondate nelle carni di Proserpina, lei che guardava i soffitti con i loro affreschi ricolmi di fiori e frutti, lei statuaria e quasi irreale a fianco di Giuseppina Bonaparte del Canova e agli occhi di lui non meno bella.
Uscirono dal museo che era già caldo. Avevano attraversato il grande parco alberato e dal Pincio erano scesi a Piazza del Popolo, per finire in una di quelle trattorie romane con le tovaglie a quadri rossi e bianchi che sembravano arrivare diritte dagli anni 60.
Li aveva serviti una sosia della Sora Lella , che loro conoscevano più per i libri di ricette delle loro madri,  che per il fatto di essere stata attrice e sorella di uno dei grandi attori di una stagione pazzesca ed irripetibile del cinema italiano.
Si erano alzati un po’ brilli. Al solito l’Est Est Est aveva fatto il birbone. Scendeva come acqua, ma poi te lo ritrovavi nelle gambe e nella testa dopo non molto.
Stavano bene anche perché si erano scoperti ebbri più di felicità che di vino.
Avevano sentito ancora una volta il richiamo della Fontana di Trevi e ci si erano ritrovati quasi senza rendersene conto.
Uno sguardo a 360 gradi, una foto ancora a lei e a quel suo vestitino bianco a fiori rossi che risaltava come non mai con alle spalle l’acqua cristallina e le grandi statue bianche sullo sfondo, poi il negozietto dove avevano deciso di regalarsi a vicenda una guida di Roma e una cartolina della Piazza di Trevi con la grande fontana in primo piano.
Il treno era li li per partire quando erano arrivati di corsa alla stazione. C’ era  stato  solo il tempo di un abbraccio fugace e di un bacio sulla fronte, poi il vestitino con i fiori rossi era sparito nello scompartimento.
Sergio non era riuscito a vedere Marzia che lo salutava da dietro il finestrino. Un raggio di sole cattivo e tagliente glielo aveva impedito.
Non si erano mai più visti. Di lei, e per puro caso,  lui aveva fissato in un ultimo scatto il cognome e l’indirizzo della sua casa a Bergamo. Lo aveva scritto sulla guida una volta che lui gliel’aveva data in Piazza dei Trevi.  Se n’era accorto solo quando aveva stampato quelle foto.
A quel punto era già lontano. Fuori dall’Italia.  Un lavoro capitato per merito di un amico che aveva pensato a lui e che lo aveva tenuto negli Stati Uniti per tre anni.
Quei due giorni erano stati presto dimenticati e le foto erano sparite sotto la mole delle tante che aveva dovuto scattare negli anni americani.
Stava finendo di mettere a posto la libreria. Gli mancava l’ultima scatola di un trasloco che gli era sembrato più faticoso di sempre.
“Sto cominciando ad invecchiare”, si ritrovò a pensare Sergio.
Era appena rientrato a Roma e stava riordinando il vecchio appartamento fra sbuffi di polvere e pavimenti da lavare.
Sotto due romanzi di giallisti svedesi vide comparire quella piccola guida di Roma a cui non aveva fatto caso da tempo. La sfogliò e una cartolina cadde terra. Ebbe un tuffo al cuore. La riconobbe e gli tornò in mente tutto. La Fontana di Trevi in quella calda giornata di fine estate, la ragazza nel vestito bianco con i fiori rossi, la felicità e la spensieratezza che gli aveva donato in quelle 48 ore vissute con una intensità mai sperimentata dopo in nessun luogo e con altre.
Andò al computer per cercare la foto con l’indirizzo e non fu lavoro facile, viste le migliaia stivate durante quegli anni.
Si emozionò alla vista di quella calligrafia netta e rotonda.
Fu il cuore a guidare la sua mano mentre iniziava a scrivere sulla cartolina.

Ciao Marzia!!

Questa città è bellissima! Ieri sera uscendo dalla stazione ho rivisto la nostra fontana…ti ricordi? Ora l’hanno restaurata e è ancora più magica, specialmente di notte con le luci dal basso. Te la mando con un abbraccio per te. Avrò molto da lavorare ma cercherò di tornare al Museo che ti piaceva tanto…. quel giorno che sembravi una bambina in gita! Mi manchi e spero di rivederti

S.

Storie a ritroso – Cartolina e soliloquio: Vanna

Soliloquio con cartolina

“Ah, ecco la fontana, qui, vicina alla stazione! Quanto tempo e` passato dall’ultima volta in questa citta`, anni e adesso un’occasione improvvisa: questo servizio fotografico, piovuto dal cielo, mi riporta in questo luogo magico che mi ha lasciato una ferita ancora aperta, dopo tanti anni… L’ho conosciuta qui Marzia, quell’infame! Non sono mai stato trattato cosi` da una donna. Quel visetto infantile mi inganno`, ci cascai come un imbecille, una storia finita male, del resto gli amori a distanza, si sa, non possono durare a lungo, ma con lei mi ero illuso… chissa`, se non avessi scoperto chi era, forse l’avrei sposata, quella bugiarda… Anni di sotterfugi, falsita`; certo io a Milano, lei a Napoli, come avrei potuto controllare, sapere fino in fondo che persona era… Poi, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, cosicche`, prima o poi, la verita` viene fuori! Vorrei che mi vedesse, qui alla fontana dove ci siamo baciati per la prima volta, mi vedesse cosi` come sono oggi, sempre un bell’uomo, almeno lo dicono le mie donne! Eh si, perche` da quella delusione, col cavolo che mi sono riinnamorato, ho imparato la vita orma i: due meglio di una, tre meglio di due… Ma questa fontana e` un po` cambiata, e` stata restaurata, decisamente piu` bella illuminata, anche se gia` allora mi pareva stupenda. Vorrei che Marzia mi vedesse proprio qui, magari in compagnia di una fata stratosferica… del resto potrebbe anche essere vero, mi sarebbe stato facile invitare Svetlana a trascorrere questo weekend con me, sarebbe corsa, tanto le piaccio! Ma voglio fare una cosa, mi voglio togliere questa soddisfazione, tanto so dove abita adesso Marzia, Gennarino me l’ha riferito. Quasi quasi una bella cartolina di questo artistico profluvio con due firme, la mia e quella di Svetlana. Gia` questo nome, la fara` rimanere di stucco… ah ecco, gia` trovata la cartolina giusta, mi appoggio un attimo al bancone e gliele canto come merita, la vendetta, cara  mia e`un piatto che si serve freddo! Ok: “Ciao Marzia, questa citta` e` bellissima, uscendo dalla stazione ho rivisto la nostra fontana… ti ricordi? Ora l’hanno restaurata ed e` ancora piu`   magica, specialmente di notte con le luci dal basso. Te la mando con un abbraccio per te. Avro` molto da lavorare, ma cerchero` di tornare al Museo che ti piaceva tanto… quel giorno che sembravi una bambina in gita, mi manchi e spero di rivederti, tuo per sempre   Saturnino.