Il Lago – di Cecilia Trinci

Non era un lago che conoscevo. Forse riassumeva più laghi della mia storia, come spesso succede nei sogni.
Non lo vedevo tutto, ma un piccolo pezzo che sfumava nell’aria di latte, biancastra, quasi grigia a tratti.
In primo piano una figura irriconoscibile, che mi tendeva la mano.
Non so perché la stringevo, ma la sentivo forte, rassicurante. Mi tirava leggermente verso di sé. Dietro, alle sue spalle, l’acqua di lago opaca.
Piano piano, dal grigio, apparivano altre figure, ombre in controluce, una dopo l’altra, lentamente.
A questo punto ho capito che era il Lago di Como. Non era come lo ricordavo, non era una stagione definita, forse primavera, perché eravamo tutti a piedi nudi nell’erba. Lo sapevo e basta.
Tra le lenzuola potevo sentirla, l’erba che mi rinfrescava sotto le coperte.
Sentivo anche, o mi pareva, i passetti leggeri del gatto che non avevo più. E’ lui, mi resi conto di pensare mentre dormivo e sentivo anche sgranocchiare, in lontananza…
Volevo sapere ancora, come fossi in un film e continuavo a dormire. La coperta ebbe un abbraccio, come una carezza lieve.
Le facce presero forma, ma non erano quelle che mi aspettavo. Il lago svanì piano piano, mentre entravo in uno stretto corridoio con mura di pietra su cui si affacciavano porte aperte e stanze vuote finché apparve mia sorella che mi rimproverava per non aver saputo festeggiare il Natale come si deve, con cappellini rossi e luci multicolori, per far contento nostro babbo, che “lo sai, no, che è il suo ultimo natale?”
Sentivo quel sentimento di inferiorità, quella mortificazione di non saper accontentare e avrei voluto svegliarmi, ma le coperte tenevano e il buio era ancora completo.
Le zampette di gatto tornarono ai piedi del letto. Dormi, dicevano, sono io qua con te. Mi sentii sospirare, girandomi su un fianco e ritornai nella storia.
Uscii a cercare le luci e un grande mercato natalizio mi accolse facendomi perdere. Era pieno di scatole di cartone, di taglieri da cucina, di bricchi di plastica bianca di ogni dimensione. I banchi erano un’immensa distesa di mare calmo, in attesa. Scelsi qualcosa, ma non so cosa, travolta dai miei desideri e cercavo la strada per tornare. Mia sorella mi raggiunse e si unì a me nella ricerca di consolanti oggetti inutili. Ora eravamo tornate a chiacchierare e ridere, come incantate da un gioco antico. Lentamente i banchi si stavano dissolvendo, lasciandoci isolate in una bolla bianca. Una suora ci chiamò da lontano, per nome, ognuno il nostro, ci sorrise sotto il velo celeste, ed era giovane, una ragazza come tante, senza vocazione. Cercava un rossetto da mettere di nascosto nelle notti di luna, quando, aspettando le preghiere del mattino pensava a chi era rimasto lontano.
Avevamo ripreso a camminare vicine, io e mia sorella, la mano mi stringeva ancora, ma non era la sua, lei saltellava, avanti e indietro, contenta. La mano era calda, grande, e diceva ti proteggo, ti proteggerò sempre. Alzando gli occhi vidi una luce accesa a una finestra antica, una donna tagliava porri per la zuppa, gesti sicuri, un coltello lungo, che brillava nella luce grigiastra che piano piano si alleggeriva.
Pensai che stesse sorgendo il sole. Le zampette tornarono a camminare in camera, o così mi pareva, o così volevo credere.
Faceva così, un tempo, quando voleva svegliarmi.
Altri rumori lievi stavano arrivando, senza spiegazioni, mentre una fetta di luce fresca riuscì a colpirmi gli occhi.
Li aprii, mentre ricomponevo la stanza intorno a me, le coperte erano calde e leggere.
Nell’aria un profumo allegro. Qualcuno aveva fatto il caffè.
La sensibilità, l’attenzione e la bravura di puntare la telecamera su ogni particolare mi ha affascinata…bellissimo…
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Il lago e le sue atmosfere.Presenze e assenze che segnano la vita. Magia del risveglio nella quotidianità condita di serenità e pace.Molto molto suggestivo e bello.
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quanta tenerezza in questo sogno, ricordi dolci, nostalgie, rammarichi.
la coperta ebbe un abbraccio, come una carezza lieve, mi sa che hai fatto venire a tutti noi la voglia di abbracciarti e portarti il caffè caldo!
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Grazie care Matite, delle vostre carezze
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…la mano era calda, grande e diceva ti proteggo..
Un sogno che è realtà una mano che emana amore, protezione.
Tra sogno, realtà, coperte calde e leggere, non facili da trovare, so che le daresti a chi te le chiede senza dire: perchè?
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Leggere questo brano mi ha fatto rilassare, tutto molto pacato e tranquillo, quello che riesci a trasmetteremi tranquillità e sicurezza. Grazie grazie grazie
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Sei riuscita a trasmettere i sentimenti e le emozioni, quelle semplici quelle più difficili da trasmettere, quelle che parlano di una persona vera e di notti e giorni veri . Lo hai fatto intensamente semplice come un profumo allegro di caffè!
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Non c’è separazione fra ciò che è stato e ciò che è. Sta a noi saper contattare il flusso di vita ininterrotto che ci attraversa continuamente. Il tuo gatto zampetta ancora sulle tue coperte, se lo chiami lui è lì. L’acqua del lago è il “serbatoio” dell’inconscio al quale attingere… Grazie Cecilia per questa intima condivisione.
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Bello tutto, il descrivere il sogno magia ,grazie
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