Scarpe per ogni stagione: Nadia

Le scarpe per tutte le stagioni non esistono – di Nadia Peruzzi

foto di Nadia Peruzzi

Scarpe per tutte le stagioni? Mica esistono. Nessuno porterebbe sandali in inverno a meno di abitare nell’altro emisfero. Già, ma lì è estate!
Vale anche per quelle della vita. Ogni step, è proprio il caso di dirlo, ha la sua scarpa, anche se con l’avvento delle scarpe da ginnastica, quelle da estate e da inverno,  il passo di nonne e nipoti ne risulta uniformato, spesso omologato, sotto il marchio di una cosa che non ho mai capito se sia virgola, apostrofo semisdraiato per la stanchezza o quanto di altro mai.
Nel corso degli anni , di scarpe, ne ho indossate di tutti i tipi.
Cuoio, camoscio, tela.
Il tacco alto, purchè un po’ largo, mi ha accompagnato nei miei 20 anni. La mia fase tutta nera e con la minigonna, perché il nero sfina. La fisima dello sfinamento non corrispondeva più alla realtà dei fattti visto che non ero più la “ciccia vampira” di un tempo, ma la fase dark era rimasta come una sorta di copertina di Linus.
Per arrivare ai colori pastello e a scarpe più adatte al cambio di passo cromatico, ci ho messo un bel po’. Poi è stato un fiorire di scalature di rosa e di pervinca, nelle scarpe non ho osato, tuttavia.
Gli anni del comodo e caldo son stati quelli dell’avvento dei pantaloni e degli scarponcini con i lacci. La colonna vertebrale ne trasse gran beneficio , pure i piedi che nelle Clarks trovavano ristoro inatteso dopo anni di punte rigide e di passo incerto e difficoltoso non appena beccavi una buca.
Si viaggiava come un treno. Erano l’ideale nelle manifestazioni. Nel caso la polizia ci avesse attaccato, la fuga era più facile che con le scarpe a tacco alto.
L’estate in montagna le Superga basse e senza carroarmato erano il perfetto contraltare delle Clarks in inverno.
Modello unico, e se non ricordo male anche colore unico, uniche nel loro genere, anche perché allora, o compravi quelle o niente.
Erano anche poco sicure. Memorabile uno scivolone appena uscita dalla funivia Ortisei/Alpe di Siusi. Imboccato il primo sentiero in discesa con i sassolini in movimento caduta assicurata e danno al posteriore pure.
Gli anni 70 per me son quelli delle espadrillas. In estate erano un si deve. La globalizzazione allora arrivava poco lontano. Parlavano spagnolo, eppure indossare le espadrillas aveva un misto di esotico e di figlio dei fiori che in quella fase aveva il suo fascino. Una stagione che per me arrivò fino al 1982, per scomparire in un fiat dal mio orizzonte. Un po’ come capitò ai dinosauri che si sono estinti in un soffio di vento. Nel mio caso fu la giovanile irruenza del passo e la improvvida e poco geniale pensata di poter esplorare Parigi per chilometri con scarpe rasoterra come quelle.
La settimana parigina finì con me che non potevo poggiare il piede destro in terra per un inizio di tendinite. Per fortuna per arrivare alla nostra seconda tappa di viaggio , la Val d’Aosta , dovevamo fare un bel pezzo di viaggio in macchina e la tendinite non volse al peggio. Non ricordo con quali scarpe abbia poi affrontato le valli alpine. Una cosa è certa le espadrillas avevano già fatto una brutta fine.
Ricordo con non minore sofferenza il periodo delle scarpe a punta, quelle che rendevano piedini di fata anche i più tozzi e larghi. Si camminava malissimo, le dita erano tutte un groviglio, almeno per me era così, ma non ci facevo caso. Per esser belle occorre soffrire, si diceva e non adeguarsi sembrava sciocco. Poi non vendevano altro che quelle, mannaggia.
Ovvio che l’alluce valgo attorno ai 60 ne sia stato un danno collaterale, seppure a distanza.
Il seguito è stato una alternanza di scarpe adatte al correre del tempo, al cambio delle mode, allo stile prevalentemente sportivo del mio abbigliamento. Ancora oggi è così.
Eppure, eppure un paio di scarpe nere fighette , col tacco sottile da mise elegante le conservo. Ce l’ho da tempo, ma son come nuove. Le ho messe poche volte visto che non ci si cammina benissimo e in chiave Nadia elegante mi sento sempre un po’ pinguina, come spesso accade agli uomini con lo smocking.
Le tengo di conto come scarpe del non si sa mai.
Quelle per un incontro dopo anni e anni che non ci vediamo. Verresti una di queste sere a cena?
Quelle per un ballo che non hai mai fatto prima e che ora potresti fare fino a che le forze ti reggono. Non a ritmo di valzer, ma rock e molto molto molto ritmo.
Quelle di una corsa sulla spiaggia tenendole in mano, come hai visto nei film.
Quelle del tutto sommato il nero mi dona ancora.
Quelle del sentirsi bene con sé stessi in una rimpatriata fra amiche che hanno solo voglia di ridere a crepapelle.
Si, scarpe da non si sa mai. Quelle dei sogni che assolutamente , ancora, non vuoi chiudere in nessun cassetto.

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

5 pensieri riguardo “Scarpe per ogni stagione: Nadia”

  1. Un narrare bellissimo, sciolto, ironico, che si guarda con tenerezza senza troppa indulgenza, realistico e pieno di allegra speranza. “Si, scarpe da non si sa mai. Quelle dei sogni che assolutamente , ancora, non vuoi chiudere in nessun cassetto”.: deliziosissimo

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  2. Nadia condivido ogni parola del commento di Cecilia ma devo dire che l’ultimo rigo è veramente troppo bello e anch’io non posso non applaudire ai sogni che ancora non hanno nessuna intenzione di finire chiusi in un cassetto

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  3. “Una storia di scarpe” ricca di tante ossevazioni divertenti, analizzata in forma ironica e originale…brava Nadia

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  4. Scarpe, viaggi, ironia, non chiedo di più ad una Nadia, che, come hai detto tu, imparo a conoscere con una certa lentezza…ma con grande piacere.
    Esplorazione, sentimento, politica…Non manca niente…

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