Le mie non scarpe….salvo un paio – di Laura Galgani

Scarpe, non vi amo.
Strano? Forse.
Non vi guardo, non vi ammiro, non vi compro.
Nemmeno vi capisco, a volte.
Per necessità vi indosso.
Eppure so bene quanto siete importanti.
Per vestirsi bene, è da voi che bisogna iniziare.
Sapere quali scarpe voglio indossare al mattino determina tutto ciò che metterò, dalle calze in su.
Se è freddo e devo andare al lavoro ho bisogno di calzature capaci di garantirmi piedi caldi tutto il giorno. Allora mando al diavolo l’eleganza e opto per le scarpe sportive nere, in materiali tecno, allacciate da semplici stringhe. Giocoforza mettersi calzini robusti, leggings super attillati e maglione di lana. Se invece è il fine settimana provo a mettere gli stivaletti, appena appena più eleganti, salvo pentirmene due minuti dopo essere uscita perché il freddo ai piedi mi rovina la passeggiata.
D’estate è tutta un’altra cosa: indosso sempre sandali colorati che fanno vedere i miei brutti piedi, grandi e dalle unghie non curate. Ma non m’importa. Mi va bene così, e a chi non piacciono i miei piedi suggerisco di volgere lo sguardo altrove, magari all’abito colorato e svolazzante che vi sta sopra, di sicuro più piacevole.
Non sono affezionata alle mie scarpe, con una sola eccezione per gli scarponcini da montagna che fui costretta ad acquistare nell’agosto del 1998 a San Martino di Castrozza in un negozio specializzato, pagandoli ben 80.000 lire, che allora mi sembrarono un’esagerazione.
Ero fra il sesto e il settimo mese di gravidanza e i miei vecchi scarponcini improvvisamente cominciarono a farmi male, non ho mai capito perché.
I nuovi, invece, erano molto comodi e assai più eleganti dei miei: in pelle verde e marrone con delle piccole stelle alpine e dei cuoricini ricamati sulla linguetta. Li ho portati in montagna ogni anno, da allora in poi, e non mi hanno mai tradita, sostenendo il mio peso ed il mio passo su sentieri sassosi, impervi, su prati verdi e viottoli ciottolosi.
Due anni fa, di ritorno dalla Val Badia, nel ripulirli, scoprii con dolore che la suola si era rotta a metà. Non me ne ero accorta camminando! Quell’apertura mi sembrò una bocca spalancata, e ne sentii uscire quasi un lamento. Erano invecchiati i miei vecchi scarponcini e fui costretta a buttarli via, quasi piangendo. Erano legati a così tante belle emozioni! Da allora ne ho acquistati altre due paia ma non riesco a camminarci per più di una giornata perché il malleolo sinistro mi dà un dolore lancinante e piuttosto camminerei scalza sui sassi.
Ho capito, niente più scarponcini nuovi. Non si può tradire così l’unico paio di scarpe che si è amato …
Fantastico quel “Nemmeno vi capisco, a volte”. Scarpe come oggetto utile, un amore “interessato” per una qualche loro competenza speciale! Divertente, allegro, molto piacevole. Personalmente condivido l’amore per la “scalzitudine” libera e selvaggia.
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Una delle poche donne poco interessate alle scarpe!
Un amore mai tradito per un unico paio di scarponcini !
Un modo di raccontare piacevole che mi ha fatto sorridere
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Fedeltà per le cose comode, dolore nel trovarle sciupate, camminare insieme….se non è amore questo, cosa è???
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Rosy sei fantastica per come mi “leggi”!! Grazie!!
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