La scelta: Carla

La scelta giusta – di Carla Faggi

A volte ho scelto con consapevolezza, altre sono andata a naso, spesso  ho fatto tutto il contrario di quello che mi veniva consigliato altre invece ho seguito il buon senso.

Ho cambiato idea molte volte e sono stata costretta a riscegliere. Anche gli  studi fatti a zig zag cambiando discipline e interessi tutte le volte che potevo, quindi arrivando a conoscere un po’ di tutto ma niente bene.

La leggerezza della vita mi dicevo.

Nelle scelte amorose mi sono permessa di cambiare idea e di sbagliare a cambiare idea.

Sempre la leggerezza della vita mi dicevo.

Poi finalmente l’incontro con un eroe a cui permetto di farmi fare la scelta giusta.

E quando ne fai una di giusta poi ci trovi gusto e quindi eccomi qui, sopravvissuta e soddisfatta.

Forse sono stata fortunata che tante scelte sbagliate non siano state poi così devastanti e quelle giuste siano state giuste per davvero.

Forse il caso oppure anche quel che basta di consapevolezza.

Si nasce senza scelta: Stefania

La scelta di nascere e di morire – di Stefania Bonanni

Si nasce senza averlo deciso. Si può decidere di morire.

Se non fosse stato per quella spinta violenta, se la spinta avesse dovuto essere lei a darla, se ne fosse stata consapevole, forse non sarebbe nata. Aveva cominciato a non scegliere.

Capitò in una famiglia che non le piaceva, del resto non l’aveva scelta. Ebbe un fratello più grande ed una sorella più piccola. Del maggiore non fu mai alla pari, costretta per sempre a rincorrerlo. Della sorellina non ebbe mai la grazia, la delicatezza, il modo di battere le lunghe ciglia sugli occhi sognanti, la bocca a cuore che si increspava nelle smorfie. Non avrebbe voluto essere paragonata, ma non lo poté scegliere, e le capitò.

Cominciò presto a rintanarsi, quando capì che non dare problemi faceva sì che la lasciassero in pace. Andò a scuola e si ritrovò con compagni che non aveva scelto. Qualcuno le piaceva, qualcuno la infastidiva, ma tutti la intimidivano.

Fece la seconda perché veniva dopo la prima, le medie perché seguivano alle elementari, le superiori perché venivano dopo le medie. Non scelse lei che indirizzo dare ai suoi studi. Non le piaceva nulla davvero, tutto le sembrava troppo difficile, troppo impegnativo. Scelsero i suoi, il corso di studi più corto. Quando ebbe il diploma di segretaria, trovò lavoro nello studio di un amico di suo padre. Non avrebbe mai, e “mai” lo ripete’ più volte il capufficio, dovuto prendere iniziative personali. Fu sempre silenziosa e dovutamente impersonale.

Intanto i giorni, i mesi, gli anni, passavano senza scossoni, come essere in un’utilitaria, su un’autostrada con il limite di velocità a 50 km l’ora. Sembrava tutto andasse piano. L’accelerazione ci fu quando suo fratello si sposò. Comnciarono discorsi sulla “sistemazione” che anche lei avrebbe dovuto trovare. Vent’anni sembran pochi, ed anche trenta, poi ti volti a cercarli e non li trovi più.

Quando si sposò anche la sorella minore fu come se lei fosse stata spinta in prima fila. Il problema ora era evidente. Quando le chiedevano se avesse un amore rispondeva: “non so scegliere”. Come se l’amore si potesse scegliere. Arriva e basta: non si sceglie un uomo, non si sceglie più nulla. Per amore son state fatte pazzie, sono stati vissuti dolori e gioie violente. L’energia dell’amore fa sembrare luminosi, si può credere di essere capaci di tutto, pur di stringere tra le braccia quell’unica persona al mondo che l’amore ha scelto per te.

A lei non era successo. I suoi le spiegarono che era l’ora, e pazienza se non era innamorata. Avrebbe imparato a voler bene a quel brav’uomo, modesto e lavoratore. Lo sposò senza emozione. Continuò a mettere in pratica la lezione avuta in ufficio: mai prendere iniziative, mai.

Quando si trovò il marito addosso, che la forzava ad aprire le cosce, le spalancò con rassegnazione. Durò pochissimo, e lei pensò che se era tutto lì, allora si poteva fare. Presto si accorse di aspettare un bambino, e se lo lasciò crescere in seno più per vedere come andava a finire, che per amore. Partorì un maschio, buono e sano. Ma i figli di suo fratello erano oggettivamente più belli, e quelli di sua sorella più vispi, più grassi, più… più…

 E tutti, davvero tanti, a dirle cosa fare, come fare. Non davano consigli: piuttosto giudizi: una mamma capace deve sapersi imporre con i figli, e prendere decisioni sui comportamenti, le scuole, lo sport, l’alimentazione, i giochi, le compagnie. Lei lasciò scorrere la vita come veniva.

Quando il figlio fu adolescente le disse di essere convinto avrebbe fatto la stessa vita, fosse stato orfano di madre.

Il suo poco mondo le cascò addosso tutto insieme, provocando fratture e ferite così profonde che non se ne vedeva l’origine.

Lei non seppe più uscire da quella caverna. Avrebbe avuto bisogno le buttassero una corda, ma non la chiese, non chiamo’ cercando aiuto, e scivolò sempre più giù. L’oscurità ed il silenzio le riempirono gli occhi, i polmoni, le mani, lo stomaco.

Non l’aveva scelta, la malattia.

La lasciarono andare come si butta a mare una zavorra, per essere più leggeri e veloci.

E lei questa volta decise. E se ne andò.

All’ombra del ricamo: Tina

Ombra e punt’ombra – di Tina Conti

foto di Tina Conti

La storia del ricamo, ricorda il flusso della mia  vita. Quello che è bello mi attrae, e ammalia. Le cose che non so fare,  posso provare a impararle.

Così per il ricamo, i lavori con il legno, la maglia, coltivare le piante, cucire una camicia, un lenzuolo, riparare la bicicletta.

Mi piace imparare e fare da sola .

A volte rovino e strapazzo i materiali, ma spesso mi accontento dei risultati, poi però, rubo con gli occhi ai capaci per progredire.

Ho sempre un progetto in testa e uno che devo rincorrere perché mi scappa. Confesso che prendo appunti: accomodare la seggiola, dipingere la cornice, cercare soluzione per la giacca che non mi sta più.

E mentre armeggio, mi perdo in altre occupazioni, cambio la terra a una pianta, ritocco il lavoro ad acquerello del giorno prima.

Quando ho queste giornate di 2libero” come le chiamo, la casa è un bailamme.

Ritorniamo al filo e ago: rimanevo incantata dai colori che RITA, con sveltezza metteva nei suoi lenzuoli, centri, tovaglie.

 Così da bambina mi sono comprata un paio di lenzuoli e disegnata fiori colorati.

Il lavoro da molto lontano era piacevole, ma da molto lontano.

L’estate sotto i platani, si ritrovavano le ricamatrici vere, sfilati, punto ombra, intaglio. Io ho rubato con gli occhi, decisamente i risultati mi attraevano.

Così ho sperimentato, con dubbi risultati  tutti i punti del  ricamo.,

Nel frattempo continuavo con  la scuola e lavoretti saltuari.

Rifinire golf da una magliaia, e confezionare animaletti di panno peloso.

Ho lavorato un mese intero, impestando tutta la casa per una vera miseria.

Finita la scuola, sono andata a bottega da dei decoratori su metallo.

Bel lavoro, con la lente per le miniature, suggestioni degli smalti in cottura

Ma ancora poca paga. finalmente la decorazione del legno,ero diventata brava e svelta con questo lavoro a domicilio molto ben pagato.

Ho cominciato ad andare in città per lavorare nelle scuole e i negozi di ricamo erano i miei preferiti da sbirciare e ai quali  ispirarsi.

I disegni li ho sempre fatti da sola, così ho contribuito a confezionare tutte quelle stoffe che la mamma comprava per il famoso “corredo”

Quando sono riuscita a fare il punt’ombra, mi è sembrato di aver raggiunto un vero traguardo. Così, lenzuoli, tovaglie e asciugamani erano pronti per la nuova casa da novella sposa.

In seguito il ricamo è diventato  il momento di riposo e raccoglimento.

Sempre in movimento, trovare il tempo di pace e ascolto non mi sembrava vero.

Con la radio accesa, oppure sotto l’ombra di un albero trovavo la mia oasi di pace.

Per la casa per i figli e gli amici due punti li facevo volentieri, e anche adesso, se nasce un bambino fra gli amici o parenti, un bavaglino o un lenzuolino lo faccio volentieri, proprio col cuore, perché nel  mio ricamo, come ingrediente essenziale,  ci vuole il cuore.

La scelta delle donne: Carla

Donne- di Carla Faggi

Sonia è una donna moderna, realizzata.

Ha un ottimo lavoro, una famiglia deliziosa composta da un marito e due figli, i genitori ancora in vita anche se il padre non è autosufficiente. Inoltre è impegnata politicamente nel consiglio comunale del suo paese.

Come concilia il suo lavoro, la famiglia, la politica?

Facile. I ragazzi li accompagna lei a scuola quando va al lavoro poi a riprenderli ci pensa Ana, una ragazza ucraina che lavora part time per Sonia, lei adora stare con i bambini, dice sempre che quando sta con loro gli sembra di essere a casa con i suoi di figli che vede pochissimo e che stanno crescendo senza di lei. D’altronde non aveva avuto scelta se voleva sfamarli li doveva lasciare ai nonni e venire a lavorare in Italia.

Per tornare a Sonia quando Ana aveva il suo giorno libero ci pensava la nonna ai ragazzi tanto il marito infermo era accudito da Maria una non più giovane donna peruviana che viveva con loro e con il suo lavoro di badante accudiva a tutta la sua famiglia rimasta in Perù. Non aveva avuto scelta nel suo paese era molto difficile avere un lavoro e la sua era una famiglia numerosa.

La sera Sonia un giorno si e l’altro pure si occupava di politica, i figli andavano a letto presto e poi c’era il marito e quando lui era assente c’era sempre Concetta, che si occupava delle pulizie di casa di Sonia e che cercava sempre di fare qualche lavorino extra come baby sitter per permettere ai figli di condurre una vita decente, d’altronde separata da un ex marito disoccupato non aveva scelta che procurarsi tutti i lavori possibili.

Quindi Sonia era contenta, si sentiva una donna libera e soddisfatta, felice di vivere in questo mondo e in questa epoca dove le donne erano libere di scegliere la loro vita, lavorare, avere figli, essere impegnate politicamente. Inoltre stava anche scrivendo un libro: “Come le donne si sono emancipate nel ventunesimo secolo”.

Visto però che le favole anche quelle moderne hanno tutte una morale e tutte dovrebbero finire con “vissero felici e contenti” cerco di trovarci una morale ed un buon finale.

Per la conclusione mi risponde Sonia che giustamente dice che se non gli dai da lavorare stanno peggio, e poi le ha regolarmente assunte con stipendio dignitoso.

Per la morale la retorica direbbe che finchè una sola donna non è libera di scegliere nessuna lo è. Sempre la retorica direbbe lotta politica, uguaglianza sociale, opportunità per tutti.

Ma io detesto la retorica. E quindi non so trovarci la morale.

Si perchè io oggi, contenta della mia terza dose di vaccino, consapevole che la maggior parte del mondo, quella povera non l’ha avuto, rispondo che da sola la morale non la so trovare.

Se volete aiutatemi voi matitine……