Colloqui con il Gigante: Rossella

riflessioni e parole raccontate a Villa Demidoff

“IO” il Gigante che soffre…- di Rossella Gallori

No, non mi rialzo, non ce la faccio, nemmeno guardandoti negli occhi ci riesco, non sono solo per scelta, ma per abbandono.

Pesante il tuo sguardo,  ho chinato io per primo il capo rassegnato, su acqua di ninfee, ormai grumi marroni, immersi in un liquido color miele di castagno..

I capelli arruffati da un vento che non sempre c’è, che comunque mi travolge e mi sconvolge, in una eterna immobilità. Solitudine la mia in un silenzio di gente sola come me, che non sa di esserlo.

La barba incolta, che tanto ti piaceva è solo un pesante vessillo d’ansia, ti ho persa e ritrovata non mi hai riconosciuto, mi hai tradito ancora, non  protetto, cosce grosse le mie,  prive di muscoli, un maschio imponente, evirato nell’anima.

Ti amavo, mi amavi, disperatamente solo ora,  incorniciato da un sipario verde di foglie ferme, che nemmeno la tempesta smuove, alberi  di cera che il caldo non scioglie, ti cerco tra sguardi di occhi strabici che non mi focalizzano.

Io pesante di anni, di materia, io che non so raggiungere anime, in particolar modo la tua, eppure ne raccolgo di preghiere, di bestemmie, di risate, di pianti .

Io, il Gigante di sabbia congelata, di mollica di pane, che nessun uccello coraggioso assaggia, nessuna goccia pioggia ascolta  le mie grida.

Se solo potessi, sapessi, vorrei volare nei tuoi sogni, lenire i tuoi incubi, vorrei mangiarti a piccoli bocconi, bocconi succosi come uva regina, per tenerti dentro di me, così ti proteggerei, tu no, non lo hai saputo fare, tu nel mio ventre ascolti il battito del mio cuore di pietra, il rumore lento di un sangue di granito,  che scorre ignaro di grumi letali.

PS: un gigante solo, che rimpiange un amore perduto, un gigante cannibale che mangerebbe chi ama pur di non perderla…….questo  mi ha raccontato in una splendida mattinata di ottobre a Villa Demidoff…..

Colloqui con il Gigante: Carla

dalle riflessioni a Villa Demidoff

“lo chiameremo App nomignolo di Appennino! Compagno di matite. Chi meglio di lui può scrivere il cielo!”

Appennino ……..prima e dopo – di Carla Faggi

Le ninfee…e poi eccoti!

Che bello ritrovarti, sono passati tanti anni da quando incantata dalla tua bellezza ti raccontavo di me, di quello che avrei voluto fare, dei miei ideali, di come il mondo si sarebbe accorto di me perchè lo avrei sicuramente cambiato.

E tu mi dicevi si, sarà così! -Me lo diceva il tuo braccio ancorato a terra, il tuo volto assorto -vai e rapportati col mondo, pensa, rifletti,la mia barba è lunga perchè il pensiero deve essere intenso, razionale ma continuo, deve accompagnarti sempre. “Cogito ergo sum” ed io ne feci un mantra.

Grazie ti dissi e andai.

Tanto è passato da allora e tu sei sempre bellissimo.

Cosa stai chiedendomi ora? No , non ho fatto nulla di speciale, tante cose non buone e anche tante cose belle ma niente da essere ricordato, non ho fatto la rivoluzione ed il mondo non si ricorderà di me.

Mi guardi, mi comprendi, la tua solitudine è la mia, mi dici, la tua sofferenza anche, il cielo dietro di me è immenso è più grande di me ed io sono solo, imperfetto, incompleto, e come te avrei bisogno di infinito.

Ma vedo che non sei sola, forse il tuo infinito è stare con gli altri ed è starci ora.

Poi verrà la notte,  verrà la neve e allora scriveremo un’altra storia.

Colloqui col Gigante: Lucia

dai pensieri al Parco di Villa Demidoff

Il prato sconfinato – di Lucia Bettoni

foto di Lucia Bettoni

Mi stringe la gola un dolore lontano
Si affollano nell’anima i pianti, le paure, le solitudini di una vita

Cerco il mio posto in un prato sconfinato
Un vecchio tronco mi accoglie

Ai miei piedi gelsomini, un pianta di alloro per appoggiare il mio cappotto,la mia borsa rossa sulla terra

Il sole di ottobre riscalda il mio corpo, una carezza calda, una carezza di luce

I gelsomini sorridono insieme a piccoli fiori gialli in questo prato verde di una primavera senza fine

Pennellate dorate le foglie secche portate dal vento
Un’ape mi saluta volando proprio davanti ai miei occhi

Le persone passano, parlano, tentano di distrarmi con parole banali

La forza di questo sole, la bellezza di questo prato, il fremito di questo vento sono così grandi che niente è più importante

Si scioglie il nodo alla gola
Sorrido insieme ai gelsomini , vedo un piscialletto (da bambina lo chiamavo così) che mi dice:
Lucia soffia, soffia forte, la vita è grande e tu sei a casa
Questa casa ti accoglierà sempre perché la natura è la mamma tua

Incontro a Villa Demidoff

Parlando con il Gigante …..

Una giornata di incontro, riflessione e scrittura, sotto un cielo azzurro di uno splendido ottobre, nello storico Parco di Villa Demidoff, dal 2013 tra i patrimoni dell’Unesco, legato al nome e alla sensibilità della Principessa russa Maria, qui trasferita dall’inizio dell’800 e sepolta nella pace incantata di questo luogo, che amò e aiutò nei momenti difficili della storia.

Riflessioni profonde, sorrisi, voglia di stare insieme.

Foto di Carmela, Cecilia, Lucia, Patrizia, Rossella

La parola del giorno: tradimento – Cecilia

La legge della natura – di Cecilia Trinci

Era diventata una legge della natura che mi svegliassi con la carezza del tuo pelino di seta sul viso, una carezza discreta, appena accennata, sottolineata dalle tue fusa intense, contente di sapere che mi stavo svegliando. Ogni sera, mi addormentavo con le tue fusa accanto, dolcissime, sempre  gentili, il peso del tuo corpo caldo attaccato al mio, a farmi compagnia, a proteggere la notte.

Era una legge della natura che il mio primo pensiero la mattina fosse per te, veniva da sé stare attenta a non pestarti la coda mentre mi salutavi, il primo sguardo,  ancora nella penombra, verso  la lettiera, che fosse in ordine e …usata, provvedere per prima cosa alla tua colazione, che doveva essere sempre diversa e varia, aprire la finestra del terrazzo sull’acqua fresca della notte, sull’erba gatta sempre verde e rugiadosa. Veniva già freddo, la mattina, in questi ultimi giorni, ma tu mettevi il musino avanti e uscivi, senza chiedere, senza pretendere, senza un suono, ma più che sicuro che i miei gesti per te erano sempre i primi del mattino.

Era una legge della natura che tu fossi rimasto così bello fino all’ultimo istante, occhi grandissimi, verdi, in un faccione rotondo, con pennellate scure intorno agli occhi come un trucco elegante e la sottolineatura bianca sotto la bocca piccola che avrebbe saputo aprirsi in ruggiti che hai scelto di non fare mai.

Era una legge della natura che tu ci fossi sempre, discreto, silenzioso, una pallottola grande su una poltrona calda e la sera un gattone disteso sotto la mia testa, in un abbraccio intimo che raccontava infiniti sentimenti, che consolava e rasserenava di qualunque pena o stanchezza. Oppure ti mettevi di fronte, sulla poltrona a guardarci, i nostri occhi nella televisione, ma il cuore rivolto a te, “manine in tasca”, occhi socchiusi di felicità, corpo rotondo su un faccione contento, a righe dipinte marroni e nere.

Non era una legge della natura che tu avessi imparato a voler bene anche ai bambini, scattanti di imprevisto, troppo veloci per i tuoi sonnellini calmi,  eppure quelle manine piccole, curiose erano riuscite a conquistarti. Ti piaceva viaggiare accanto a loro, nel trasportino verso le vacanze. Versavano in macchina entusiasmo e tu ne eri affascinato. Lasciavi che le manine ti raggiungessero, ti accarezzassero. Era diventata una legge della natura che tu lasciassi fare, finché rimanevano incantati.

E’ una legge della natura che si creda immortale chi amiamo, essere presi sempre alla sprovvista quando ci lasciano, rimanere soli, mentre l’eco dei gesti quotidiani rimbomba senza risposte.

La parola del giorno: tradimento – Rossella

TRADIMENTO – di Rossella Gallori

6 luglio 2021 ore 14 – Messaggio da Gigliola a Rossella:

Vai in palestra? Con questo caldo? Attenzione il sole agli anta è pericoloso!

6 luglio 2021 ore 14,10 – Risposta di Rossella a Gigliola:

Non dormo, mi annoio, stai tranquilla, 1 ora di acqua, doccia, esco e ti chiamo.

Ore16,30

…..ecco…. esco trovo una tua telefonata, cerco un angolo d’ombra, mi siedo…fa troppo caldo, rientro in Virgin mi siedo al bar ti richiamo: avevi furia?  Ti chiamavo tra mezz’ora!

Una voce che prendo per tua mi dice: Gigliola è morta!

Rispondo: anch’io di caldo! e rido.

No signora mi scusi, lei non mi conosce, sono una vicina di casa della signora Lombardi, ho digitato il numero con più chiamate “Rossella” Gigliola è mancata un’ora fa…

Non riesco a parlare  farfuglio: arrivo! Chiamo un taxi sono alle Cure troppo dopo.

Entro in casa sei buttata su un letto in un lago di sangue, il tuo amore piange, è disperato, io piango  e trattengo a stento il vomito, sono disperata, incazzata, arrabbiata con Dio e con te…..si con te! Mi avevi promesso di non darmi dolori, te lo ricordi? Che non avrei pianto più cosí per qualcuno? Che avevo sofferto troppo, non te lo sei ricordata, hai sbattuto la porta, mi hai abbandonata nel mio momento più difficile, non hai aspettato la risposta della biopsia, l’ anniversario di mia figlia, il pranzo annuale al Saltino…tante cose potevamo fare ancora insieme anche se non ci vedevamo sempre, ma riuscivamo a fare per telefono tutto o quasi…risate tante, pettegolezzi, pianti, progetti piccoli, progetti impossibili, amori …di quanti tipi di amore abbiam parlato, senza giudizi senza pregiudizi….e tu te ne vai così in un secondo, ecco cosa hai fatto mi hai “tradita” per meglio dire io mi son sentita tradita, tradita ancora una volta, la gente, la mia gente, muore e se ne va, ed io resto nel solito corridoio buio sempre più sola, con la porta sbattuta sul viso, un viso a righe di anni, che non ce la fa a rialzarsi ora che non ci sei, ora che avevo trovato, un’amica grande in tutti i sensi una che pur non potendo essermi madre, lo era a tutti gli effetti,  una che mi aveva convinto a scrivere, ad aprirmi, una a  cui piacevo come ero, che non ha mai tentato di cambiarmi, perché, strano a credersi, andavo bene così.

Tradita, sì, abbandonata, da una alta come me, con il mio stesso numero di scarpe, una che al contrario di me amava i colori forti, una che mi dava di scèma con la e aperta che trasudava  Castiglioncello da tutti i pori….l’unica da cui accettavo consigli, l’unica a cui li chiedevo. Una che diceva siam cicciose ma “di molto belle” una che mi faceva ridere, io avara di sorrisi.

Tradita, anche quando due mesi dopo la tua morte non hai risposto al mio messaggio: “mi sono svegliata ora intervento andato bene!”

Sono ancora arrabbiata, sto cercando una scusante al tuo venir meno ad un impegno: vivere…

La parola del giorno: tradimento – Luca

Tradimento – di Luca Di Volo

Una storia comunissima.

I personaggi: lui , diciotto anni , studente , sani principi , credulone e idealista. . conoscenza del lato femminile: zero, zero zero zero. Peggio ancora, una presunzione più grande dell’abisso d’ignoranza in cui vivevano un po’ tutti, all’epoca.

Lei: non bellissima , anzi (senza le lenti amorosamente deformanti) piuttosto incolore. . biondina slavata. Ma (e qui sta il punto) molto più disinibita (un eufemismo) rispetto alla media delle vergini Vestali dell’epoca (che , come lui scoprì  molto dopo , tanto vergini e nemmeno tanto Vestali erano).

Comunque , come avrebbe potuto chiosare qualche mediocre scrittore dell’ottocento , il povero giovane cadde preda dei sensi. . che  , naturalmente ,  scambiò per amore…. e quanta strada avrebbe dovuto fare per capire la differenza, nemmeno lo concepiva , allora.

Insomma, la cosa durò fino a che piacque. . a chi? Forse agli Dei?! No…finchè “lei” si stufò di quella storia …e glielo fece capire nel peggiore dei modi. Ecco. . la differenza tra cambiamento e tradimento  forse sta tutta qui, nel modo in cui chi è tradito viene a sapere di esserlo. .  sentirsi dire che qualcuno che fino a ieri diceva di amarti ha mutato opinione non è molto più piacevole di scoprirlo da solo , ma almeno depone un po’ più a favore del “traditore”(lui o lei che siano) …

Un certo giorno , dunque , ad un appuntamento fissato per le 15,30, lei non si presentò. Niente di strano, a quel tempo non c’erano i cellulari , però non era impossibile comunicare con i mezzi disponibili. . ma la biondina non comunicò proprio nulla al povero giovane. .

Però analizzare il comportamento di lui è molto istruttivo.

Già , perché, fermo a quell’angolo di quella grigia strada di periferia , vedeva , sì, che il tempo passava e nessuno compariva…ma (e questa è la stranezza), in lui prese forma , come dire. . un rifiuto violento di quello con cui la sua ragione, ahimè , sempre crudelmente presente , lo tormentava da qualche minuto. . ”Lo sai, vero, povero bischero , che lei ti ha preso in giro. . eppure segnali te ne aveva dati. . ma te eri bendato. . come Eros. . ”

Ma lui era altrove. . impegnato a trovare scuse…se ne andava…ma poi ritornava. . chissà. . forse sarebbe comparsa per miracolo. .

Nessuno ci crederà  , ma alle sei e mezzo era ancora lì , dopo una serie infinita di anda e rianda…quando lei davvero passò davanti all’angolo in macchina , in compagnia. . forse per vedere fino a che punto un uomo fosse rimbischerito.

O forse controllava il suo potere. .

Ma a questo punto conviene fare una dissolvenza e cambiare scena.  

E le sequenze che seguono ci raccontano che la botta per il giovane fu salutare. Aveva conosciuto il male. . ne avrebbe visto di peggio in seguito, ma la prima volta ecc…

Aveva anche oscuramente preso coscienza di un altro sentimento che ignorava…lo possiamo chiamare “odio” per comodità. . il fratello “nero” dell’amore. . a cui somigliava come si somigliano due gocce d’acqua.

La parola del giorno: tradimento – Patrizia

Tradimento – di Patrizia Fusi

Scorrono sullo schermo della tv le immagini strazianti sull’Afghanistan. Folla di persone che corrono sulla pista dell’aeroporto, alcuni si arrampicano sulle ali degli aerei in movimento, volti impauriti, ad un tratto un volto mi colpisce, un giovane avrà circa sudici anni, ha lo sguardo smarrito, ha il telefonino all’orecchio, chissà con chi comunica, nel guardarlo è come vedessi mio nipote, gli occhi mi si riempiono di lacrime, provo un forte turbamento, dolore e impotenza completa verso la sua situazione e del suo paese.

Lui è nato quando c’erano le truppe americane e europee, avrà creduto nei così detti valori, nel vivere in maniera diversa, nel rispetto dell’Islam ma in maniera più libera.

Se vivrà e rimarrà in Afghanistan quale sarà il suo destino?

 Quel bel viso di ragazzo imberbe si dovrà ricoprire di barba?

Che sorte gli toccherà?

Sento di aver tradito quel ragazzo, quella popolazione, tradita per giochi di potere più grandi di noi, piccoli esseri umani.

Parola del giorno: tradire se stessi (Nadia)

tradire è anche tradire se stessi?

ARITMIA – di Nadia Peruzzi


Ultimo tocco di spazzola, dato. Controllo trucco, fatto. Nulla da aggiungere si può andare.
Poi le scarpe, le maledette scarpe che stanno sempre in basso. Troppo in basso.
Ti poni il problema di quante cose ti servano e devi prendere chinandoti quando sai che basta un movimento sbagliato, un piegamento eccessivo e senti subito dopo partire il cuore al galoppo. Aritmia benigna il responso. Ma che fastidio. E l’attacco di panico che segue, ancora peggio.
Era blanda quella di stamani, con vari accorgimenti son riuscita a farla rientrare. Restano gli strascichi e con quelli devi fare i conti ogni volta.
Oggi bruciano più di altre volte.
Era tutto pronto. Biglietti del treno fatti, appuntamento con gli amici preso ma. .  Ora senso di perdita e il “dovrei ma non me la sento” che per tutta la giornata poi si trasformerà in “avrei potuto” , tutto sommato,  per finire in un “accidenti a me che non ho vinto la paura di una giornata che sarebbe stata faticosa ma certamente esaltante”.
Saranno tantissimi a Piazza San Giovanni oggi.
E io vivrò la mia assenza come una forma di tradimento. Ci sono momenti in cui non riesci a trovare il modo di andare oltre i tuoi limiti fisici, oltre te stesso.
Doverlo ammettere ti fa sentire svuotato e un filino vigliacco.

La parola del giorno: tradimento (Nadia)

Poteva essere….. ma non era – di Nadia Peruzzi

Laura era diventata consapevole, col tempo, che quell’amicizia era nata male anche per colpa sua.
Troppo esclusiva ed escludente, troppe aspettative, troppo di tutto.
Non c’era posto per nessun altro. Stesse passioni, stessi ideali, stessi impegni dei loro padri , con la loro militanza per cambiare il mondo che era diventata punto di riferimento della loro.
Erano due poli quasi opposti Laura e Caterina.
Caterina la bella su cui convergevano gli sguardi dei ragazzi. Laura la goffa cicciottella che nessuno si filava mai, che spasimava per ragazzi sempre fuori portata.
Caterina che sapeva giocare con la sua scioltezza in ogni situazione.
Caterina che sapientemente e con fare sicuro teneva in mano le corde che determinavano i comportamenti degli uni e degli altri.
Forse era stata una di queste corde a tenere legata Laura. Si era adagiata sotto la sua ala di sicurezza riflessa e di grande autostima, forse pensando di trarne alimento anche per il suo essere.  
Laura era in guerra con sé stessa in quegli anni fatti di insicurezze e di senso di inadeguatezza perenne. Andava in cerca di perfezione senza rendersi conto, allora come oggi,  che era ricerca vana e frustrante tanto più se l’aiuto lo si cercava fuori di sé.
Ovvio che non poteva andare che a finir male.
Tutte le volte che torna a quel periodo è ben consapevole che per come è diventata oggi rifiuterebbe un rapporto così univoco e soffocante. Lo vivrebbe come un eccesso. Una prigione dell’anima che sfuma man mano qualsiasi colore e perde di attrattiva finendo per diventare routine soffocante.
Le era toccato guarire di colpo.
La sberla era arrivata e aveva fatto male. Un po’ se lo aspettava, ma non che arrivasse con frasi così dirette e meschine anche se era, tutto sommato, la descrizione esatta di una realtà.
Caterina aveva un ragazzo. Senza mezzi termini la sentenza arrivò così: ”Sai, ora che ho un ragazzo, sei in grado di capirlo, la situazione non può continuare così fra noi, non può non cambiare!”. Sotto traccia il non detto “non saremo più amiche come prima”, che nascondeva il “non saremo più amiche, punto”.
Il tutto detto senza trasporto, senza emozione, senza affetto. Seccamente come si dice a chi non conosci e con maleducazione, spostati che mi fai ombra.
Rimase impietrita Laura. Non seppe cosa rispondere. Ad un tradimento si dovrebbe saper rispondere, ma lei non era mai stata una da risposte a tono. Incassava e rielaborava successivamente. Andò così anche quella volta. Subì il colpo, non reagì in modo diretto, ma lo scrisse nell’elenco di “mai più” e fra le lezioni da non dimenticare per la sua vita futura.
Per il resto guardò da lontano, con sempre meno partecipazione e attenzione. Si disseccò presto anche il sentimento di amicizia che aveva provato in precedenza. Aveva dovuto prendere atto che aveva messo troppe aspettative in qualcosa che nella sostanza non era profondo quanto si sarebbe aspettata. Altrimenti Caterina si sarebbe dovuta comportare in maniera diversa nei suoi confronti.
Nel corso degli anni gli incontri casuali e rarefatti erano stati conditi di frasi di circostanza. Qualche volta Laura aveva fatto proprio finta di non vederla Caterina. Nessuna voglia di ricucitura, nessuna voglia di riallacciare contatti anche dopo aver saputo dei trenta e passa anni vissuti da Caterina in Venezuela.
Nelle rotture Laura diventava drasticamente cocciuta e selettiva. I sipari strappati si era scoperta a rammendarli pazientemente solo per chi e con chi le premeva veramente e Caterina non le premeva più da molto molto tempo. Di rimpianti Laura in quel caso non ne aveva proprio. Inutile inseguire legami che hanno prodotto ferite, tanto più quando avanza la consapevolezza che il tempo si sbriciola e perde consistenza di fronte a noi e il passato è molto più di quanto non resti da vivere. Più che ricucire tele strappate male, molto meglio cercare di cucirne di nuove con trame il più colorate possibile.

Una parola al giorno: tradimento (M.Laura)

Il Musichiere – di M. Laura Tripodi

Foto di Pexels da Pixabay

Marta attendeva con ansia che arrivasse il sabato. In televisione  trasmettevano un programma che si chiamava il Musichiere: i  concorrenti, sulla base di poche note, dovevano indovinare il l motivo che veniva suonato . Il primo che spiccava la corsa ed arrivava a battere la campana aveva diritto a rispondere.

Marta indovinava sempre.

Così le era stato promesso che il sabato successivo l’avrebbero portata alla RAI per farla concorrere.

Passò una settimana di impaziente aspettativa, ma lei aveva solo cinque anni e un giorno poteva equivalere a un minuto e dieci giorni a un anno. Il tempo si dilatava e si contraeva sul pensiero che avrebbe partecipato a quel programma e avrebbe finalmente conosciuto  il suo beniamino, il presentatore Mario Riva.

Poi il sabato arrivò senza che lei avesse capito che giorno era.

La signora della porta accanto (unica benestante a possedere un televisore nel 1957) aveva bussato per avvertire che il programma stava per iniziare .

Marta non capì subito. Pensava che la vecchia signora avesse invitato la sua famiglia a vedere uno sceneggiato e cominciò a fare i capricci perchè non voleva stare due ore ferma e buona a guardare una cosa della quale non le importava niente.

I suoi genitori si stupirono. C’era il suo programma preferito!

Come sarebbe?

COME SAREBBE?

CO-ME SA-REB-BE?

Gli occhi le si riempirono di lacrime, il cuore prese a batterle all’impazzata e una strana sensazione di vuoto gelido le si piazzò esattamente là dove si forma il respiro. Guardò con aria spersa i suoi genitori e poi la signora della porta accanto, ma non seppe dare un nome  a quella beffa.

Solo si sentì umiliata e qualcosa di molto pesante  le si appoggiò sgarbatamente sul cuore.

Da quel momento tutti i tradimenti, grandi e piccoli, sarebbero stati accompagnati da  occhi pieni di lacrime, cuore che batte all’impazzata e senso di gelo proprio là dove nasce il respiro.

Come un peccato originale che non si cancella mai.

Una parola al giorno: tradimento (Tina)

Tradire   – di Tina Conti

Foto di rihaij da Pixabay

Che sentimento doloroso, ma che a volte ci aiuta, non si ha il coraggio di una strada diversa, poi però ci morde dentro. Rimane un segno, che forse non ci piace ma che è successo. Per me è un passo che mi segna a vita, non sono coraggiosa. Ho fiducia, mi sento leale, soffro ma devo trovare la strada che mi aiuta a stare in pace.

Serve tradire? Ci può essere una strada diversa?

Quando ho dato un passaggio in macchina, sotto la pioggia, a due giovani che dicevano di aver avuto un guasto e che poi mi hanno rubato il portamonete che io avevo lasciato fiduciosa  nella borsa sul sedile posteriore, ho avuto un malessere per tanti giorni, ho cercato da tutte le parti, non credevo di essere stata derubata, la mia fiducia negli uomini, in un momento di bisogno ,non poteva essere stata tradita, come  credere in uomini così  duri e senza morale. Ho lottato con me stessa per giorni, ho chiesto a mia madre se mi fosse scivolato a casa sua, per le scale.

Sotto la pioggia, ho rincontrato i due, ho detto loro che non mi importava del loro gesto, ma che mi sentivo profondamente colpita nella mia fiducia verso gli uomini.

Primo incontro ai Giardini di Antella

….con una parola: TRADIRE

https://unaparolaalgiorno.it/significato/tradire

Ma le Matite hanno scovato molte sfumature che hanno lasciato il segno nel pensiero: tradire o essere traditi comporta un movimento, una forte spinta alla riflessione, la vita va avanti anche se abbiamo sofferto e forse abbiamo sbagliato a credere in qualcuno, o forse quel qualcuno può avere il diritto di cambiare, di avere altre idee, altri interessi. L’importante è risorgere e continuare.

Foto di Lucia, Cecilia, Rossella, Daniele, Carmela, Mimma,