Colloquio col Gigante: Sandra

Gigante malinconico – di Sandra Conticini

Tutti i visitatori del parco ti passano a trovare e rimangono estasiati dalla tua imponenza, ma te rimani li immobile da centinaia di anni. Nemmeno le grida e lo stupore dei bambini con i loro occhi sgranati ti aiutano a sopportare la solitudine che in tutti  questi anni hai accumulato.

Intorno a te il paesaggio è bellissimo, con laghetti, prati verdi ed alberi secolari di querce, ippocastani , cedri, ma questo ti fa sentire responsabile del loro futuro ed il tuo sguardo è diventato pensieroso e triste.

Speri sempre nell’arrivo dell’inverno per avere la possibilità di riflettere e riuscire a trovare un po’ di pace ed avere la forza  di ricominciare una nuova stagione.

Solo le rane con il loro gracchiare, e le ninfee con i loro bei colori  estivi ti fanno gioire, ma quando in autunno inizia a regnare il silenzio e i fiori avvizziscono ti senti malinconico, ma in pace con te stesso. 

Colloqui col Gigante: Cecilia

Lo specchio – di Cecilia Trinci

La mano appoggiata  a terra per darsi una spinta, per sollevarsi e scrollarsi l’ombra invisibile che incombe sulle spalle.

Guarda giù, nell’acqua che gioca col suo sguardo sbeffeggiando la tristezza e promettendo una luce diversa sulla consuetudine.

Sa già tutto, conosce le bugie e le illusioni, gli si è rivelato il sapore della sorpresa come un certo  gusto di ruggine e sale.

Eppure le ginocchia scatteranno ancora, forse lentamente ma inesorabili. Solleverà i capelli che spagosi scenderanno sulle spalle e  gridando spezzerà i rami che vorrebbero incastrarlo. In piedi sarà maestoso e fragile, nudo e infreddolito, anchilosato da quel suo inginocchiarsi pluricentenario. Ma ritroverà il verticale sul lago, farà in tempo a guardare il tramonto rosso sull’appennino, farà in tempo a intrecciare la barba nel sole. Farà in tempo a guardarsi intorno, con il grosso collo dolorante, a scendere dallo scranno di pietra, a farsi scivolare nel prato a conchiglia. Farà in tempo a ricordarsi una capriola e appoggerà le grosse spalle in terra, dandosi una spinta per una, due, tre giravolte nell’erba. Non c’è nessuno a guardarlo, è solo mentre la notte sale e la luna piano piano si accende.

Arriverà fino alla siepe, dove da tanto voleva affacciarsi e guarderà le stelle, e sotto, accesa, la città misteriosa, il traffico assurdo, il fumo dell’ignoranza.

Canterà. Non c’è nessuno ad ascoltare.

Impronte immense, profonde come frane resteranno nel prato stanotte.

Alzerà le bracciona al cielo, respirando la solitudine piena, non quella sofferente dei secoli passati, ma quella consapevole dei secoli presenti. Sentirà il profumo dei pini che viene da ovest, dal mare, proprio a diritto del suo sguardo cieco. Sentirà il vento di ponente che gli pettinerà i capelli dimenticati.

C’è ancora futuro per me, penserà e solo allora potrà girarsi per tornare al suo posto, sapendo che esiste ancora, che c’è ancora tempo.

Che farà in tempo.