Case: Cecilia

Le case che parlano – di Cecilia Trinci

Il nome della strada era insolito “Via sotto la Fortezza” e infatti era una strada interna, senza sfondo, sotto la fortezza di Poggibonsi. Di là e di qua poche villette unifamiliari, i proprietari si fermavano a chiacchierare davanti ai cancelli, i bambini giocavano in strada. Da quella casa, di cui non ricordo il numero, dal retro del giardino che la circondava, si saliva a piedi lungo una fila di orti e si raggiungeva uno stradello sterrato che portava direttamente alla Fortezza medicea. Lungo il percorso, oasi di piante spontanee, arbusti e alberelli. Dopo pranzo la nostra giratina ci portava lassù,   a raccogliere le ghiande per giocare e a nasconderci nei capannini naturali dentro certe siepi grassotte a basso fusto. Eravamo regine o cacciatori o animali fantastici, secondo le giornate. Quando con noi veniva anche il suo migliore amico, Fabio, allora io guardavo e basta e i protagonisti delle storie erano solo loro due, che camminavano avanti, per mano, a piccoli passi. Il mondo che ci portava alla Fortezza era tutta fantasia. Ho lasciato lì le finte principesse e anche il corpo di un gatto anziano seppellito sotto un leccio. Aveva vissuto libero con noi gli ultimi suoi anni,  dopo che lo avevo ereditato da mia nonna. Appena ci vedeva seduti, ci correva incontro a ciucciarci con vera passione il lobo degli orecchi.  Era grato, libero e felice. E’ la casa che sogno spesso, quando sogno case. Si infila nel sonno con qualche particolare secondario, le grandi finestre sul giardino, le porte a vetri, il lungo corridoio, il salotto largo con il divano di pelle e le librerie immense, si ricompone intera dopo, da sveglia, quando cerco di ricordarla. Ho lasciato i mobili, quasi tutti. Ho lasciato anni faticosi, importanti. Ci ho lasciato l’asilo e le prime tre classi elementari di mia figlia e molti dei suoi giocattoli belli. Ci ho lasciato un divorzio.

La precedente, la prima da “grande”, era una casa moderna, piccola e simpatica, con stanze striminzite e nuove, di fronte ad un passaggio a livello sulla Pisa-Firenze che batteva 28 sbatacchiate di campanello quando abbassava le sbarre e che ci faceva addormentare a orario fisso, nell’intervallo tra le 22,10 e le 23,07. Ci ho lasciato la libertà, la piacevolezza della pianura, con certe passeggiate in bicicletta da sola in cui ho scoperto il rumore dei ruscelli e il profumo della prima erba. Ci ho lasciato la meraviglia del rimanere incinta, le parole incrociate con il mio exmarito nell’intervallo del pranzo, una gatta siamese  che non ci ha voluto.  Ci ho lasciato anche una orribile testimonianza, un piccolo corpo sconosciuto distrutto dal treno mentre attraversava in bicicletta, il brivido mai dimenticato delle urla di chi lo ha riconosciuto.

Ce ne sono state tante altre, in campagna, in città, in paesi di provincia dove la comunità è più presente e curiosa. Le marmellate, le conserve, la raccolta delle castagne in campagna, i tramonti e i silenzi e certe rincorse di monti al mattino, in lontananza. La fretta, gli impegni, gli incontri, le scale e gli ascensori, i vicini buoni e cattivi…ogni casa un periodo, un carattere, un modo di vivere globale e sempre un gatto con noi, giovane o vecchio, maschio o femmina, trovato o ereditato.

Ma l’unica che mi dà vibrazioni ancora vive quando la rivedo da fuori, è la casa di Via Aretina, dove ho soggiornato più che abitato, ma è che è stata la casa della rinascita, dell’unico giardino goduto, un tavolo e due sedie al tramonto riparati dal glicine, in una città inavvertita, al di là dei muri. La casa  in cui tornare a sognare. L’unica che ho maneggiato, percepito e perfino modificato….una casa in cui si sarebbe potuto giocare. Dove poi ha abitato mia figlia, crescendo con una piccola gatta raccolta da un cassonetto.

Oggi ci sono fiori stranieri alla finestra.

foto di Rossella Gallori

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

10 pensieri riguardo “Case: Cecilia”

  1. Che pezzo….la meraviglia di rimanere incinta….il punto più vicino in cui posso arrivare a dare una sbirciatina all’universo femminile..Grande Cecilia!!👏👏👏👏😀

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  2. Una foto fatta per caso…di mattina presto…te l ho mandata per darti gioia….Non sono fiori stranieri….sono fiori ..una cosa per una casa….che merita ancora sorrisi….anche se non sono i tuoi…

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  3. “Fiori stranieri alla finestra” fra le tante belle frasi è quella che mi ha colpito di più perché anche io quando passavo davanti alla casa del cuore senza potervi entrare, provavo uno strano sentimento, quasi di gelosia per chi si era sostituito ai miei spazi, ai miei sogni. Un bellissimo brano Cecilia!

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  4. Scorre la vita…scorre la vita… caleidoscopio di immagini dove “il gatto”fa da filo conduttore per raccontare qualcosa di vero vero
    Hai aperto la porta delle tue case importanti e ci hai fatto entrare
    Grazie

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  5. Grazie Cecilia di averci raccontato le tue case più importanti, tutte con qualcosa di particolare. Mi piace molto leggere i tuoi brani sempre seri, ma che fanno anche soridere.

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