Case: Anna

TRE CASE – di Anna Meli

foto di Anna Meli

            Sono passata da quella casa in cui sono nata poco tempo fa. Le persiane verdi della finestra di camera erano chiuse. Mi sono rivista fra le braccia di mia madre mentre mi accudiva e coccolava.

            Le persiane accostate come in preghiera facevano entrare una luce chiara e troppo forte per i miei occhi di pulcino nato da pochi mesi: quella sensazione è rimasta dentro me, forse era il momento in cui incominciavo a mettere radici là.

            Ho vissuto fino a circa sette anni in quella casa, poi essendo troppo piccola per cinque persone, ci siamo trasferiti in una un po’ più grande. Ho lasciato nella prima casa l’immagine degli anni più belli e spensierati insieme a cose che, per ovvi motivi, non potevamo portare nella nuova.

            Ricordo in particolare una stufa rossa, alta (la chiamavamo la stufa con le gambe lunghe), là sotto nelle fredde sere d’inverno, quando ardeva di un fuoco scoppiettante, vi si rifugiava ronfando il gatto Nanni.

            La vecchia casa si trovava al piano terreno a poca distanza dalla prima situata al secondo piano e questo mi creava un certo disagio. Uscire non era per niente comodo: dovevo scendere le scale, attraversare la strada per potermi ritrovare con i miei amici a giocare e soprattutto dovevo chiedere il permesso alla mamma.

            Ho impiegato del tempo per abituarmi alla nuova casa e l’ho apprezzata in particolare per la vista di quel panorama sulla città di Firenze nelle sere in cui al tramonto il sole tingeva il cielo di rosso. A volte certe immagini ci consolano di altre perdute.

            La terza casa che poi è quella in cui abito la fece costruire mio padre negli anni sessanta. E’ quella nella quale ho passato la maggior parte della mia vita. Cinque stanze grandi, un piccolo giardino, una veranda e…lo scorrere degli eventi. Dopo circa un anno, mio padre abbastanza giovane, è venuto improvvisamente a mancare lasciandoci sbigottiti in un dolore che sembrava non finire mai; ma la vita continua ed ha il sopravvento su tutto.

            Questa casa mi ha visto giovane donna sposata, ha visto crescere i miei figli in una famiglia serena e poi sola nuovamente sconfitta da un destino avverso. Unica gioia: i miei nipoti che spessissimo sono con me e mi contagiano con i loro sorrisi, la loro voglia di vivere, i loro scherzi. Mi adorano e ciò mi fa bene. Amo quest’ultima casa più delle altre perché la considero lo scrigno che contiene le mie gioie, le mie lotte, le mie lacrime, i miei dubbi e me le fa sentire parte di me.

Case: Carla

La casa dell’oggi – di Carla Faggi

Io non ho mai lasciato nessuna casa.

Ho portato via le mie cose dalla casa dei miei genitori per andare a vivere da sola, non lasciando ma iniziando un’avventura nuova. Non avevo rimpianti o nostalgia perché comunque ci andavo sempre e con più soddisfazione di prima, perché sceglievo di andarci e lo sceglievo spessissimo.

Volevo bene a quella casa, non l’ho lasciata mai, è sempre stata lì ad aspettarmi e ancora mi aspetta.

La mia casa da sola l’ho vissuta da single, poi con il mio primo marito, poi di nuovo da single. È stata la casa della trasgressione, della giovinezza, della libertà.

Poi decisi di ristrutturarla e mi sarei dovuta trasferire da qualche parte per un periodo. Fu allora che conobbi Marco e andai a vivere da lui.

Non decisi, non lasciai ma semplicemente andai, senza sapere per quanto.

Lui chiuse il cancello ed io sono ancora qui nella nostra casa da quasi trent’anni.

Questa è la casa dell’oggi, della famiglia mia, di io e lui.

Però nei sogni , quelli veri della notte, sono quasi sempre nella casa dei miei genitori, a volte nella mia casa da single. Magari con Marco o con persone dell’oggi ma quasi sempre nelle mie case di ieri.

I sogni non hanno tempo e permettono di vivere ieri con oggi, fanno vivere la Carla dell’oggi con le sue cose di ieri.

Mi chiedo spesso perché e chissà; a volte mi rispondo che non si smette mai di vivere nei posti dove siamo stati bene, che sia vita o sia sogno.

Case: Lucia

Le case del cuore – di Lucia Bettoni

foto di Lucia Bettoni

La casa dell’acqua

Sola in mezzo alla natura la mia casa si specchiava in un lago
La casa della sofferenza
della conoscenza, del gioco,
dell’amore mancato, della natura madre
La casa dove tutto è iniziato
La casa della mia anima
In quella casa ho lasciato una bambina

La casa del sole

Lì potevo saltare dalla finestra
e stendermi al sole sul tetto
La casa dove ho toccato il cielo
dove tutto era possibile
La casa della semplicità
Avevo lasciato tutto
Eravamo io e la vita e niente più
La casa dove ero leggera leggera
La bellezza di vivere con l’unica cosa importante: l’amore
Lì ho lasciato una ragazza

La casa della terra

Scelta, comprata, arredata, voluta
La casa dove costruire la vita
dove far crescere un figlio
dove aprire le finestre
e non vedere la fine dell’orizzonte
Un grandissimo giardino
dove le mie braccia
le mie gambe e i miei occhi
hanno trascorso ore verdi
ore fiorite, ore di speranza
Lì ho lasciato una donna

La casa di mio padre

Sono qui da due anni
Ogni giorno vi porto un pezzetto
della mia vita
Sto raccogliendo in questa casa
tutto ciò che è importante
Sto portando qui la bambina
la ragazza e la donna
perché tenendosi per mano
possano proseguire il cammino

Case: Nadia

Traslochi e rinascite – di Nadia Peruzzi

Ho cambiato almeno 6 case nell’arco della mia vita. In nessuno dei traslochi a pensarci adesso, mai ho sentito prevalere il lato traumatico. Il lasciare il certo e il sicuro, il consolidato per l’incerto lo provo ad ogni viaggio che faccio, ma non l’ho provato nei cambi di abitazione. Ha prevalso sempre l’aspetto positivo che porta l’idea del cambiamento. Forse perché la maggior parte di questi traslochi sono avvenuti ad Antella e hanno segnato un miglioramento reale della condizione di vita rispetto alla casa che veniva lasciata.
Ogni casa un frammento di ricordo, più o meno consapevole.
La casa di Roma l’ho vissuta nei ricordi degli altri. Ero troppo piccola per poter ricordare qualcosa visto che ci ho abitato solo fino ai miei due anni e mezzo.
Nei racconti di nonna e dei miei genitori ho scoperto di esser riuscita a lanciare dal quinto piano uno spazzolone, mentre di ritorno da una gita fuori porta sembra abbia chiesto qualcosa da cucire mettendomi in mezzo al corridoio. Venendo a Firenze con mia nonna, ho lasciato i miei genitori li ancora per qualche tempo, visto che hanno continuato a lavorare a Roma. Mia mamma si fermava a Firenze quando era diretta vero nord per riunioni o campagne elettorali.
Se la direzione era il sud la situazione si faceva complicata .
Assenze che hanno pesato.
Delle case successive ho ricordi miei.
La prima dopo Roma, piccola. Era quella del letto condiviso con la nonna. Ricordo le sere che passavamo a sentire la radio insieme. I festival di Sanremo di allora seguiti tutti. E’ quella in cui ho fatto i conti con i primi eventi della storia contemporanea. La guerra di Algeria entrava direttamente in cucina col suo significato di rottura di equilibri e di liberazione dei popoli dal giogo coloniale.
Era anche la casa dove all’inizio l’acqua la prendevi con la mezzina alla fonte pubblica, il latte lo si prendeva scendendo le scale con un tegamino da chi lo vendeva e il bagno era sulle scale, era in comune e l’odore ne indicava la presenza anche a porta chiusa e a metri di distanza.
Poi è arrivata la casa con il grande giardino e il suo albicocco che fece i frutti una sola volta. Quella del riscaldamento con la stufa a carbone e con la prima TV. La casa delle letture paurose . E A Poe con i suoi Racconti straordinari e il Dracula di Bram Stoker li conobbi stando bene attenta a tenere le spalle contro il suo muro.
Poi quella che ha visto la conquista dei miei spazi. Quella con due bagni, una camera tutta mia, con una mia scrivania su cui studiare . La casa in cui la truppa di amici mi riportava a notte fonda. La notte di Profondo rosso chiesi che non si muovessero prima di avermi visto entrare in casa.
E ora la casa grande e luminosa nella quale mi trovo . Quella che ha ospitato fino a cinque persone e ora vede solo me ad occuparla.
E’ la casa in cui ho vissuto con mio marito e quella che ha visto Irene appena nata e l’ha vista crescere.
E’ la casa definitiva, quella di fine corsa. Quella in cui si sono cominciate a mettere insieme le assenze dolorose e destabilizzanti.
Meno male che quasi ogni giorno sono le risate dei bambini a riempire in qualche modo vuoti e assenze!.

Case: Rossella

Via Cesare Guasti 10 – di Rossella Gallori

Casa è stata solo quella, è rimasta quella, quella da dove non sono passata più, quella che devo ricordare in continuazione per non dimenticarla…

C’erano alberi…c’erano rumori forti…sirene, treni…ed una via di fuga: sempre.

C’era tutto: amore, vita, morte, pane, caffè, pianti e risate, un piano sotto, uno sopra…ululanti rosari, che sembravan bestemmie, una voce stupenda  che apriva il cuore, cassapanche che non  sigillate,  porte aperte, porte da abbattere…ricordo i tappeti, ricordo una veranda liberty piena di nulla e di disordine, c’erano stanze per tutti, con tutto…c’era un pavimento bianco e nero e bambini mai nati o nati per poco, che mia madre diceva sarebbero stati i più belli, i più intelligenti, che correvano per i lunghi corridoi anche da morti, con vestitini fuori moda, anni quaranta, gli volevo “far gambetta” ma non ne avevo il coraggio.

Mi nascondevo tra il portaombrelli a tre teste, pieno di bastoni, con e senza pomello, stavo lì, infilata dietro una poltrona Savonarola, su cui non ci si poteva sedere, ho scoperto tardi, che non era preziosa, ma rotta…rotta come ne sono uscita io a undici anni, rotta dentro, senza poter portar dietro nulla, se non un San Giorgio pesante come Cristo con croce e chiodi…ed un seggiolone impagliato e tarlato.

Dal ‘51 al ‘62 è stata “casa” via Cesare Guasti numero 10, sei stanze su, quattro giù, a livello di quel giardino pieno di peonie…poi è stato: giù, sempre più giù…ma sono sempre stata li, sono ancora lì…non entro più  in strani cantucci…ma riesco ad aprire le vecchie cassapanche ……

Case: Mimma

CASA – di Mimma Caravaggi

Foto di user32212 da Pixabay

I primi ricordi vanno ad una delle case di Roma: quella in Trastevere soprattutto per il luogo molto popolare e artistico. Abitavamo proprio sopra al Ristorante “Da Cencio La Parolaccia” tipico del posto dove appena ti sedevi venivi aggredito con qualche epiteto romano e così per tutto il pranzo o la cena. Alla mamma piaceva moltissimo aggirarsi per quelle viuzze popolate di ogni genere di persone da attori famosi a tanti furfanti meno famosi ! Le piaceva andare per mercatini soprattutto d’antiquariato e tornava a casa sempre con qualche oggetto o mobile di ogni specie. Noi tre figlie durante le nostre visite se c’era qualche oggetto che ci piaceva usavamo appiccicarci un biglietto con il nostro nome per reclamare la proprietà che poi, con la dovuta calma, passavamo a prendere. Per cui quando si andava a trovare mamma c’era sempre qualche biglietto appiccicato su qualcosa a significare che era stato prenotato e così la volta dopo e ancora all’infinito. Per alcune cose non c’era proprio la possibilità di portarle via poiché magari si trattava di un bel cancello in ferro battuto o un bel portone o un confessionale o una intera camera liberty. Ci si appropriava di tutto ciò che ci piaceva vuotando la casa e permettendo alla mamma di ricomprare oggetti. Era la sua gioia e la nostra.

Un’altra delle case di Roma che ricordo con affetto è quella in via Angelo Brunetti nel centro un po’ più raffinato di Roma. All’epoca vivevo in casa con la mamma e mi piaceva molto perché avevo la possibilità di vedere personaggi del mondo della televisione e del cinema molto spesso poiché eravamo a due passi da Piazza del Popolo dove la domenica mattina nelle due chiese gemelle dicevano la messa per gli artisti i quali appena terminata si sedevano nei due bar dirimpetto per un aperitivo. I primi tempi ero molto eccitata nell’incontrare questi personaggi famosi poi pian pino con l’abitudine non ci facevo più caso, ma ricordo con simpatia una : la mia vicina di appartamento che si chiamava Tina Pica ed era stata protagonista di un film con la Lollobrigida diretto da De Sica. Per chi può ricordarla dal film alla realtà non cambiava nulla lei era proprio così buffa e simpatica.

Prima di queste due case avevo abitato in Vicolo delle Orsoline sul retro del Conservatorio di Santa Cecilia a due passi da via Condotti e Piazza di Spagna. Sempre in pieno centro dove ho lasciato un po’ del mio cuore. Ma la casa che ricordo con più rimpianto è quella di Pescara dove insieme alla mia sorella maggiore Tilla abbiamo vissuto per diversi anni dove ci siamo godute in libertà spiaggia e mare di cui conservo molti bei ricordi nonostante le ristrettezze. Quante altre case ho cambiato nella mia vita e quanti posti diversi : Montegabbione dove sono nata, Termoli, Pescara, Roma poi Firenze e anche qui ho traslocato diverse volte fino a trovare il casolare dove vivo attualmente da 31 anni ma dal quale dovrò di nuovo traslocare. Una vita senza pace ne’ casa!!!