Le case senza perché – di Gabriella Crisafulli

Ho fatto di tutto nella vita per togliermi di torno.
Ho cominciato lì nel folto degli aranceti in via Crocifisso Pietratagliata a Palermo.
Ma non ci sono riuscita e sono rimasta lì, il terzo incomodo.
Poi c’è stata una casa affollata di zii, amici, fidanzati, vicini, nonni, … viva e trafficata.
Nessuno aveva tempo per me ma era una casa popolata di persone a cui volevo bene.
Anche lì ho fatto in modo di andare all’ospedale sperimentando la possibilità di mantenermi in equilibrio su un piano poggiato fra due sedie e facendomi mordere l’occhio sinistro da un cane.
Non menziono le forcine infilate nella presa della luce e il rasoio di papà passato sulla pelle del viso perché ebbero risultati meno appariscenti.
Approdo ai due stanzoni della Caserma De Cristoforis di Como dove proseguo nelle mie imprese con esito ospedaliero buttandomi giù dall’alto di un muro del campo delle esercitazioni e dall’acquaio dove ero stata messa per essere lavata.
Lì ho conosciuto lo smarrimento di non sapere chi, il dove, il come, il perché.
Come mai eravamo finiti in quel posto? Per quale ragione stavamo tutti male? E perché papà e mamma la notte prima stavano accanto a mia sorella e poi la legavano al letto?
Non avevo il coraggio di chiedere.
La bambola ricevuta in regalo per Natale continuava a farsi la pipì addosso e venne fatta sparire.
Poi fu il momento di via Alciato
La mamma quella volta si nascose dietro la porta d’ingresso per acciuffarmi meglio e darmele di santa ragione con il mestolo di legno perché in cortile mi ero permessa di rivolgere la parola alla figlia di un maresciallo, l’unico bambino presente, malgrado la proibizione ricevuta.
Si recitava il rosario in ginocchio finché il sole tramontava dietro il Baradello.
La notte quando mi svegliavo toccavo le pareti a tentoni e con la mente ricapitolavo le case dove fin lì ero stata per orientarmi e trovare il bagno.
Spesso mi smarrivo.
Nel corridoio la stufa di ferro era rossa, rossa da far paura.
Avevo sei anni e un futuro davanti.
Bellissimo modo di raccontare una collana di dolori e uno scorrere di energia in crescita. Colpi di spada nelle parole, piccole fiammelle di tenerezza verso una bambina che va a tentoni nella notte.
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Vorrei esser stata lì per prenderti in braccio e portarti via… In un cantuccio lindo e tranquillo, che avresti potuto riempire dei tuoi colori più belli! Un abbraccio a posteriori a quella bimba smarrita
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Una serie di postazioni di una via crucis illuminata da baleni di sorrisi fuggenti ma illuminanti .
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Si, una via Crucis con le spine, ma ti ha lasciato bellissime parole per risorgere, e una grande dolorosa tenerezza per la vita che ti fa onore.
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Leggerti è stato come “snocciolare” un rosario…fatto di pietre preziose, sempre e comunque….
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Bello questo tuo racconto di queste case. Immagino che per una bambina avere sempre la valigia in mano, non avere amicizie stabili, bambini con cui giocare, cambiare scuole e insegnanti, sia stato molto faticoso. Comunque complimenti perchè sei comunque una persona tranquilla e in gamba.
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Passaggi complicati descritti con grande bravura.Questa bambina col futuro davanti vorresti stringerla e rassicurarla.
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