Case: Luca

Case – di Luca Di Volo

Io potrei definirmi un professionista del trasloco..Ne ho fatti tanti …talmente tanti che se un pezzetto di me fosse rimasto in ogni casa che ho abitato ora non mi rimarrebbe più nulla…

A volte mi chiedo se non sia proprio così..

Tornando seri, è nota la profonda realtà dell’interazione “persona-casa”, o “persona -ambiente” ( che poi è lo stesso..)

In effetti , più che per la “casa” vera e propria, cioè il limite definito dai muri che la racchiudono, per me la durezza infinita dei traslochi si incentra nell’abbandono di un ambiente..di un contorno di persone, compagni, abitudini che ci erano diventate care e che ci toccava veder allontanarsi come una morte, in prospettiva.

Al terzo trasloco so di essermi trascinato verso la nuova casa piangendo..un passo dopo l’altro..e non me ne vergogno

La prima casa, quella dove sono nato, è il profumo di un albero di “Pazienza”, il sole a primavera sulla terrazza prima di andare a scuola ..la gioia incontenibile quando il Sabato Santo si scioglievano le campane e come un volo di rondini si stendeva sulla città…E questo già avrebbe bisogno di un romanzo tutto per sé..

La seconda (casa) è dove ho trovato e lasciato l’amore..ero cresciuto e lì avevo provato i primi turbamenti..E’ stata forse quella dove ho lasciato il pezzo più importante..: il Liceo..la pallacanestro..e anche, perché no..il biliardo e tanto poco studio..

Poi c’è stato uno strappo..una cesura profonda..e rivedo la mia casa di Genova..lì dove l’anima si è dannata e salvata con una resurrezione quasi miracolosa….

E anche qui il pianto per l’inevitabile abbandono..

Su quel terrazzo c’è mio figlio piccolo ..il lavoro..e tanto altro..

Se è vero che i muri assorbono i sentimenti, quella casa ne conserva tanti quando nei sogni mi visita ..anche se so perfettamente di essere sempre IO.

Case: Gabriella

Le case senza perché – di Gabriella Crisafulli

Ho fatto di tutto nella vita per togliermi di torno.

Ho cominciato lì nel folto degli aranceti in via Crocifisso Pietratagliata a Palermo.

Ma non ci sono riuscita e sono rimasta lì, il terzo incomodo.

Poi c’è stata una casa affollata di zii, amici, fidanzati, vicini, nonni, … viva e trafficata.

Nessuno aveva tempo per me ma era una casa popolata di persone a cui volevo bene.

Anche lì ho fatto in modo di andare all’ospedale sperimentando la possibilità di mantenermi in equilibrio su un piano poggiato fra due sedie e facendomi mordere l’occhio sinistro da un cane.

Non menziono le forcine infilate nella presa della luce e il rasoio di papà passato sulla pelle del viso perché ebbero risultati meno appariscenti.

Approdo ai due stanzoni della Caserma De Cristoforis di Como dove proseguo nelle mie imprese con esito ospedaliero buttandomi giù dall’alto di un muro del campo delle esercitazioni e dall’acquaio dove ero stata messa per essere lavata.

Lì ho conosciuto lo smarrimento di non sapere chi, il dove, il come, il perché.

Come mai eravamo finiti in quel posto? Per quale ragione stavamo tutti male? E perché papà e mamma la notte prima stavano accanto a mia sorella e poi la legavano al letto?

Non avevo il coraggio di chiedere.  

La bambola ricevuta in regalo per Natale continuava a farsi la pipì addosso e venne fatta sparire.

Poi fu il momento di via Alciato

La mamma quella volta si nascose dietro la porta d’ingresso per acciuffarmi meglio e darmele di santa ragione con il mestolo di legno perché in cortile mi ero permessa di rivolgere la parola alla figlia di un maresciallo, l’unico bambino presente, malgrado la proibizione ricevuta.

Si recitava il rosario in ginocchio finché il sole tramontava dietro il Baradello.

La notte quando mi svegliavo toccavo le pareti a tentoni e con la mente ricapitolavo le case dove fin lì ero stata per orientarmi e trovare il bagno.

Spesso mi smarrivo.

Nel corridoio la stufa di ferro era rossa, rossa da far paura.

Avevo sei anni e un futuro davanti.

Incontro virtuale – 20 aprile 2021

con Cecilia Trinci

Intenso, appassionante incontro ispirato all’idea di Andrea Bajani (“Il libro delle case”). Quasi tutti presenti, in vista di un ritorno possibile a riunioni all’aperto, previsti per il mese di maggio.

Che cosa abbiamo lasciato nelle case dove abbiamo vissuto? Spunti scritti in diretta e condivisi, umani, tenerissimi, che gettano un lampo di luce su ciò che siamo stati …..su ciò che siamo.

Grazie a tutti.