Tessuto di Mimma: il PILE

Tessuto carezza di gatto- di Mimma Caravaggi

La prima volta che ho toccato un tessuto di pile me ne sono innamorata immediatamente. Toccare questo tessuto mi dava gioia, le mani affondavano nella morbidezza ed era come accarezzare un gatto: un antistress bellissimo morbidoso e godurioso. Ho comprato di tutto: coperte, felpe, poncho,  guanti e tutto ciò che mi attirava ma solo di pile. Quando però mi sono accorta che, come tutti i tessuti non naturali, rilasciano corrente ottica ho smesso di usarlo. Dopo tante scosse prese, gli ho detto addio e ora difficilmente indosso qualcosa in pile. Peccato mi sentivo come protetta ad indossare un poncho o una felpa e mi sentivo al caldo, era una sensazione bella …come essere accarezzata costantemente da un gatto! ma come tutte le cose belle è finita-

Tessuto di Simone: la GARZA

SANGUE BLEU – di Simone Bellini

Crashhh !! Ahhh!!  Rumore di vetri rotti in salotto !

– Aiuto, mi sono tagliata con il vetro del vaso di fiori che mi è cascato e si è rotto in mille pezzi ! Osvaldo aiuto..corriiii!….. Osvaldoooo…Mio Dio la servitù, non c’è mai, quando serve !-

Osvaldo, il maggiordomo, arriva trafelato con disinfettante e garza :

– Ecco contessa, prima disinfetto la ferita, poi la fascio.-

-Ahh, cos’è quella !!-

– La garza , contessa, per fasciarle la ferita !-

– GARZA!! Mio Dio nooo ! Orrore, non si addice al mio rango ! Tuttalpiù del tulle, anzi no, della seta,…. si seta… moolto, molto meglio !!-

Tessuto di Tina: la CANAPA

La canapa – di Tina Conti

Fra tutti i tessuti proposti scelgo la CANAPA

Ho sempre sentito parlare in casa di questo materiale. poi da grande, in età da corredo ho capito di cosa si trattasse.

In casa circolavano delle matasse ruvide e marroncine, era canapa, la lavoravamo nei nostri telai in casa, per fare il corredo.

Mi erudiva mia mamma, il tessuto era rigido e duro come un panchetto.

Il corredo per le figlie era una faccenda che impegnava le mamme quando si cominciava ad avere   dai 12-18 anni in su.

Anche a me la mamma ha cominciato a comprare pezze di stoffa bianca.

Cosa ci devo  fare? Ho chiesto subito.

Lo prepariamo per  quando ne avrai bisogno.

Per la mamma era un grande orgoglio disporre di un po’ di denari in proprio e cominciare a  pensare al corredo per la sua prima figlia.

Non ho ben capito come facessero a trasformare le matasse  di canapa in tessuto ma ho apprezzato la tela sbiancata e ammorbidita dai lavaggi che ho trovato in casa confezionata in canovacci, asciugamani e teli per il letto che non ho mai usato per tale scopo ma che  oggi ho trasformato in bellissime tovaglie  per le cene estive in giardino.

I telai  familiari inizialmente semplici e usati in tutte le famiglie, realizzavano teli di sessanta centimetri circa, cosi  per usarli come lenzuola. Venivano cuciti a mano con un sopraggitto fitto fitto, molto resistente.

A me sono stati comprati teli di lino e cotone, chiamato cretonne, sono stata mandata durante le vacanze estive a scuola di ricamo e sfilato.

Mi piaceva stare con le signore del mio paese a lavorare, ho imparato i vari punti e un po’  di ricamo. Con  orgoglio ho preparato dei capi che ho usato e amato ma, appena ho potuto mi sono comprata quella bella biancheria colorata che anche adesso prediligo. Pur apprezzando però il grande lavoro del ricamo e della confezione che si faceva un tempo. Mi viene da pensare  spesso che tovaglie e lenzuola richiedevano  un mese o due per essere cuciti.

Figlia di una mamma nata all’ANTELLA ho avuto dalla nonna come regalo di nozze un completo uscito dal laboratorio delle sorelle CECCHERINI, cugine della nonna,  che possedevano un laboratorio di corredi e biancheria intima.

La storia di Antella, è molto legata al settore del ricamo  femminile, ogni  famiglia ha ricordi e aneddoti legati a quel tempo che è piacevole riascoltare.

a proposito di canapa leggi anche:

Personaggi e storie – Tina

L’uomo della panchina – di Tina Conti

Il personaggio:

Si sedeva, studiava la luce, il vento, siccome era freddoloso metteva un piccolo 

cuscino per accomodarsi, di solito portava una camicia con grossi quadri rossi, un gilè di morbida lana, un po’ consumato ma di ottima qualità, una giacca.

Sapeva vestirsi, per tanto tempo aveva lavorato con tagli e stoffe di tutti i tipi.

Aveva un aspetto curato e un fisico asciutto, per quella sua passione era sempre 

abbronzato. Prima di uscire controllava con cura tutto il necessario che portava in tasca e in una piccola sacca di pelle.

Si rasava ogni due giorni, amava quella lucida peluria che vedeva riflessa nello specchio al mattino, I capelli non erano corti, aveva mantenuto il bel ciuffo morbido e bizzarro di gioventù  anche se i capelli bianchi facevano capolino.

Le scarpe sempre in ordine e abbinate ai pantaloni morbidi che variava spesso.

Tranne la camicia un po’ bizzarra, il resto era classico e non dava nell’occhio.

Portava un orologio di forma rettangolare con un bel cinturino a volte marrone, a volte nero. In inverno metteva un berretto di velluto a coste grandi che toglieva appena si intiepidiva l’aria, i giorni che arrivava con una grande sacca con i manici di pelle, portava anche un taccuino e una penna stilografica.

Poggiata la sacca sulla panchina vicino all’ingresso del parco, osservava da lontano  con attenzione, prendeva appunti, disegnava o scarabocchiava, se qualcuno si avvicinava o si sedeva vicino, appariva cordiale e gentile.

Nella sacca portava un libro e dei giornali, raramente però aveva tempo per leggerli, a metà  mattina prendeva dall’ambulante che passava una  piccola ciambella che divideva e mangiava solo a metà .

Era difficile dargli un’età, avrebbe disorientato chiunque, sembrava contento della sua vita, e appagato della sua esistenza.

La storia di Cesare

Aveva scelto la sua vita, non voleva dipendere da nessuno.

Vivere cosi lo appagava e faceva sentire bene , se non fosse stato per quella preoccupazione  tutto sarebbe stato perfetto.

Elaborava i dati raccolti con disegni, appunti, campioni.

Il piano  interrato della sua casa era il suo regno.

Quando spediva il materiale il lavoro  sorprendeva e entusiasmava. 

Partivano le produzioni e le spedizioni in tutto il mondo.

Sapeva cogliere  il momento, la sfumatura di colore, il materiale ….

Tutto scaturiva  da quella sua capacità di vedere i desideri  esteriori della gente.

Non voleva limiti e indicazioni, le sue idee erano libere.

Era talmente capace di entrare nei  gusti delle persone che non aveva rivali, tanti clienti avevano provato a fare a meno di lui, anche perché poteva consegnare poco materiale  a causa del tanto lavoro che  faceva.

Per concludere gli elaborati e  le  sue provvigioni erano alte.

Non conosceva neppure lui i dati dei suoi guadagni, aveva delegato tutto a Manuela, la donna di cui si fidava e che lo conosceva da sempre.

 Lei ritirava la posta ogni giorno, lavorava in una parte staccata del piano interrato, la sua finestra dava sul giardino, splendido e rigoglioso, coltivato con attenzione e amore  da Cesare, ma che non doveva essere violato da nessuno, neppure da lei.

Grandi mazzi di fiori di stagione, erano accomodati in vasi di cristallo colorato in tutto lo studio, i fiori  composti con gradazioni dello stesso colore, abbinati a fogliame di tonalità contrastanti e forme ricercate.

La sua casa era un luogo inaccessibile a molti, tranne in occasione del Carnevale. Per due settimane si dedicava soltanto agli  allestimenti. La casa diventava un teatro, una foresta, un castello. Spediva agli ospiti, il bozzetto del costume che gli ospiti avrebbero dovuto indossare e indicava la sartoria a cui si sarebbero dovuti rivolgere  per la confezione, naturalmente a sue spese.

Arrivavano pacchi e oggetti da varie parti, lui lavorava instancabilmente per giorni, il risultato era incredibile.

Gli ospiti mascherati, partecipavano a uno spettacolo e godevano di effetti teatrali sorprendenti, il clima  che si creava appariva controllato.

Conosceva bene i suoi ospiti, mentre loro non sapevano niente di lui.

Questa nuova condizione sembrava fare pace con la delusione che quindici anni addietro aveva provato.

Lavoro nell’azienda della madre, collaboratori capaci e affezionati.

Un matrimonio con la giovane amica della mamma, una vita che sembrava un idillio.

Si vantava di conoscere il cuore delle persone, di saper ascoltare i desideri

Non era stato cosi,

La figlia che adorava un giorno era sparita con la madre, portati via preziosi e documenti, non era stato capace di avere indizi, tutto sparito nel nulla.

Neppure gli  oggetti trovati nella camera della moglie, uno scontrino di un bar  e una tessera di una associazione culturale, una foto strappata con immagini di persone sconosciute, un biglietto del treno,  un tacco di scarpa da donna, un indirizzo  mail scritto su un fazzoletto di carta, avevano aiutato gli investigatori a trovare risposte.  

Sembrava impossibile che tutto fosse veramente  accaduto, la fede in oro, sì quella  era della moglie, come la giacca .

Non riuscirono  a far chiarezza  su quella sparizione. Neppure tutti i dati raccolti da quella schiera di  investigatori a cui si era rivolto.

Conosceva gli uomini? Si chiese…… no, no neppure osservandoli per giorni, facendosi invitare nelle loro case, non li capiva, e neppure era sicuro di niente, solo la sua arte gli dava pace, il creare abiti, cose, oggetti lo faceva sentire in pace e con la voglia di vivere.

I fiori erano la sua terapia, si stordiva  con  la loro bellezza, più erano laboriose le cure  che richiedevano, più  ritrovava  pace e armonia.

Ormai non aveva più amici, la mamma era morta, solo la sua segretaria conosceva la sua storia, era riservata e lo trattava con rispetto.

Il tempo che al mattino  passava a osservare, disegnare guardare la gente ai parchi della città lo aiutavano  a fare pace con il mondo e con i suoi abitanti.

Sapeva tante cose delle persone che osservava, a volte entrava nelle loro case per carpire aspetti sconosciuti, voleva indagare sul cuore delle persone.

Erano loro gli ospiti delle sue feste di carnevale, che poi lui non voleva più incontrare  cambiando spesso luogo  e orario di osservazione.

Ogni settimana Manuela consegnava il pacco che conteneva le  camicie che lei sceglieva e faceva confezionare, quelle che portava al parco sempre con riquadri rossi. Così il venditore di ciambelle lo avrebbe  individuato con facilita’ ovunque, cosi non sarebbe mai rimasto senza.

Tessuto di Lucia: il PIZZO

Pizzo – di Lucia Bettoni

foto di Lucia Bettoni

Si vede e non si vede
ti prende e ti lascia
elegante e malizioso
sensuale e romantico
Antico
la memoria delle donne
la bellezza trasparente
Gioco
travestimento vestimento svestimento
sposa amante bambina
Emozioni sottili
ti do e non ti do
mi vedi e non mi vedi
mi faccio vedere
sono fatta così
Nuda
mezzi guanti di pizzo
per mostrarti le unghie
che unghie ha una donna
quando vuole graffiare?
Femmina
custode di un segreto
ho bisogno di un velo?
ho bisogno di un pizzo?
o non ho bisogno di niente?

Incontro virtuale – 13 aprile 2021

con Cecilia Trinci

Incontro importante, con diversi commenti sulle ultime produzioni. Interessanti analisi sulle scritture, che sono state non solo piacevoli e creative, ma anche tecnicamente più impegnative.

L’analisi e il commento hanno investito tutti i partecipanti, con uno scambio di opinioni e di pensieri personali sul nostro procedere e operare.

Alcuni ricordi personali come quello di Anna, collegati alla vita del paese, sono stati particolarmente commoventi.

Di fondamentale importanza il concetto di “tempo dedicato” che va protetto, rivolto alla crescita e al dedicarsi a una attività. Di conseguenza il concetto di “disciplina” come elemento base, tecnico, a cui affidarsi.

La proposta della settimana si basa sulla scelta di alcune tessiture-ispirazione: spugna, garza, tulle, raso, cashemire, lino, canapa, seta, pile, tessuto imbottito, microfibra, jeans, pizzo, pelle.