Orologio rosso e una rosa bianca

Orologi – di Carla Faggi

foto di Carla Faggi

Rosso, grande, ingombrante, leggero. Per quando ho voglia di mostrarmi, di farmi notare, per quando ho coraggio, per quando cazzeggio.

Di titanio, leggero, pratico, da tutti i giorni, lo metto sempre quando mi sento semplicemente io.

Senza orologio, al mare, al sole, per sentirmi libera, pronta a tutto e sempre. Per osare senza tempo e senza orologio.

Nella stanza all’Antella mi siederei accanto a Laura G., le regalerei un non orologio perchè la sento una donna libera, e insieme mi metterei a meditare davanti ad una rosa bianca. La sento una donna sensibile, fragile ma forte, profonda e mistica, mi incuriosisce, per questo mi siederei vicino.

Perchè una rosa bianca? Perchè la rosa è il fiore che Laura preferisce ed il bianco è il colore della meditazione, credo che osservare un fiore, sentirne il profumo, sentirne l’energia sia la forma più semplice di meditazione, almeno per me lo è stata.

Dal passato: Scritture ispirate al convegno sul tempo del 4 aprile 2017

Sogno senza tempo – di Carla Faggi

Il sogno è senza tempo, emozioni di ieri insieme a personaggi di oggi in ambienti fino ad ora sconosciuti ma che forse ci saranno familiari domani. Tempi spazi e storie che si plasmano insieme in un composito mosaico. Poi apri gli occhi sei quasi sveglio ti occorre del tempo per capire in che spazio sei. Ancora nel tuo tempo onirico o già nel tuo qui e ora. L’emozione del tuo sogno impiega però più tempo per lasciarti. Solo quando sei completamente sveglio ricomincia a scorrere e si colora.

Allora c’è il tempo verde dei bei ricordi e dell’armonia, il tempo rosso dell’allegria e del fare. Poi quello azzurro del riposo e del lasciar stare. Quello giallo del disordine e del non allineato infine arriva quello dell’arcobaleno che è il tempo della quotidianità vissuta bene. (Carla) .

Una sillaba di tempo – di Stefania Bonanni

Una sillaba di tempo tra il principio e la fine. Una sillaba di nulla, perché il tempo non esiste. Il tempo non esiste. Esistiamo io e te punto ora, in questa sillaba in questo balbettare di parole senza storia. Ora, forse non esiste. Domani dirò ieri. Ieri c’eravamo, insieme. Questo è il nostro tempo. Domani lo sapremo. Se esiste domani, se ci sarà ancora tempo, domani, per sillabare di ieri. Ma lo sapremo domani se ieri esisteva, forse. (Stefania)

Tempo veloce – di Tina Conti

Andare veloci, correre, sentire l’aria fresca sul viso e quella gelida che ti entra sotto la giacca. Che emozione la bicicletta, oggi è il mezzo più veloce nel traffico rispetto a qualsiasi altro punto ma per andare dove? Perché andare veloci? Per guadagnare tempo! non si guadagna niente se non ci si siede ad ascoltare il cuculo che è appena arrivato. E’ tornato Aprile è il tempo del cuculo. Il ritmo delle stagioni ti dà il passo, Spesso è un tempo più lento di quello moderno. Non ci siamo più abituati, non è facile ascoltare il tempo. A volte si hanno delle sorprese: sono due anni che abito in questa casa! La mia nipotina ha quattro anni sembra ieri che è nata. Quando andavo in vacanza dalla scuola in estate mi toglievo l’orologio. Mi meritavo la libertà, l’ andare con il sole e con i miei bisogni punto adesso virgola che in teoria sarei sempre libera, vivo il tempo in un modo diverso, spesso è pieno e devo difendere i miei attimi . (Tina)

Tempo martellante – di Rossella Gallori 

Non ti tocco, ma ti sento, sei alle mie spalle, sei sulle mie spalle, mi sbarri il cammino, ti taglio, mi ritagli, inafferrabile nella tua trasparenza. Sei il cerchio in cui sto, sei il cerchio in cui non entro, l’asse di equilibrio da cui cado, la linea dritta su cui risalgo passo dopo passo. La testa di un grosso chiodo di ferro martellato a mano vecchio ma mai arrugginito. Sei la scelta che non faccio, la molla con il dardo. Sei la mia notte luminosa, il mio giorno buio, la mia questione irrisolta. Sei campanile che non mi vede, sei la campana che scandisce i miei passi, la mia gioia, le mie ore che non so. Sei il mio non saper leggere non saper scrivere, una scatola, un racconto, una grande vertigine di tempo, tempo.. tempo… tempo  di onde che non sanno di me, che non mi appartengono se non nel tiepido sogno della vita di questo orologio senza lancette. Avrò stampelle, clessidre, ali, cani fedeli ma potrò raccontare tutto dopo, dopo quando tutto sarà finito e nel trionfo di Rubens capirò quale frode, quale contratto senza firma sia il tempo. (Rossella)

Orologio…non più

Non porto orologio – di Lucia Bettoni

foto di Lucia Bettoni

Non porto più l’orologio, non lo porto più da diversi anni, quasi cinque per l’esattezza.
Ho fatto un lavoro “pieno”.
Ho vissuto con i bambini per quarantacinque anni: responsabilità, attenzione, continuo movimento, mille voci, mille richieste mi hanno dato e preso tutto.
Da quando non lavoro più, per me il tempo ha assunto una nuova dimensione. I primi mesi vivevo in uno stato di beatitudine come sospesa nello spazio; piano piano ho imparato a innamorarmi della lentezza e dell’assenza del rumore.
Nella lentezza il mio tempo scorre veloce, ho fame di tempo, ho sete di tempo, di questo mio tempo. Posso allungarlo all’infinito, posso abbandonarmi e lasciarlo scorrere, posso stringerlo sulla punta delle dita e guardarlo da vicino.
Senza orologio e senza anelli è come mi fossi spogliata, è come se fossi finalmente nuda.
Ho tutto il tempo e ne vorrei ancora come una bambina che corre dietro al suo aquilone.


Scelgo un orologio da taschino per Luca, qualcosa che non si vede ma c’è per un “signore” come lui.


L’orologio da taschino mi parla del passato, di un tempo lontano, mi parla di storia e conoscenza … contemporaneamente  lo trovo moderno, intrigante, particolare, diverso…legato all’eleganza di un gesto

Orologio con e senza anima

Gli amici del tempo – di Gigliola Franceschini 

foto di Gigliola Franceschini

Gli orologi non sono solo oggetti, possono rappresentare molto di piu’ , possono richiamare alla mente episodi cari alla nostra memoria, farci rivivere momenti anche non vissuti. Un piccolo orologio d’argento degli anni trenta mi fa immaginare fatti solo raccontati: un regalo di nozze per una giovane sposa da parte della sua madrina di battesimo, o meglio, da parte della ” commare”  per esprimerci nel cantilenante dialetto molisano. Un dono gradito e conservato con cura  nel tempo. Erano poche le giovani che possedevano  un orologio,  mi figuro le uscite domenicali con quel monile, il riguardo con cui e’ stato conservato nel tempo mi fa pensare a quanto rispetto si avesse allora per le cose. L’era di usa e getta non era  neppure nella fantasia piu’ fertile, sarebbe venuta molto dopo e avrebbe distrutto molti valori. Quando si e’ fermato non e’ stato possibile ripararlo ed io l’ho conservato con affettuosa memoria. Sara’ il ricordo di una nonna dolce e sorridente  per una creatura che so essere sensibile a certi valori. Poi, l’orologino d’oro, arrivato il giorno del mio compleanno che coincideva  con il primo giorno di scuola alle superiori. Piccolo e prezioso, mi ha accompagnato per tanti anni , troppo lento quando si aspettava il suono della campanella  a liberarci dal pericolo di un’ interrogazione molto pesante. I minuti non passavano mai e lui, tic tic, sembrava rallentare il suo cammino e alimentare la mia ansia. Troppo veloce a contare le ore concesse alle uscite serali, tanto veloce che dovevo quasi correre  per rientrare all’ora promessa . Sempre un occhio al piccolo amico che era diventato una cosa sola con me. Mi seguiva ovunque, ogni atto della mia vita lo trovava vicino, fedele per tanti anni fino a quando si esauri’ la sua energia e dovetti staccarmi da lui. Vennero allora altri orologi di tecnologia sempre piu’ avanzata, comprati, usati, rinnovati ma non mi rappresentavano per niente. Lui, l’orologino d’oro, era stato testimone del mio crescere  e conoscere la vita, cresceva con me, si caricava di ricordi ed emozioni, mi accompagnava nel mio cammino verso futuro. Non era solo un oggetto prezioso, era il mio tempo che passava  e la vita che si snodava tra tante vicissitudini. Un orologio ora mi serve solo  per contare le ore, ha una veste intercambiabile per seguire i colori dell’abbigliamento, dentro non ha i piccoli zaffiri e rubini a energizzare il meccanismo, ha una pila in acciaio  che gli permette molteplici funzioni, e’ un gelido cuore, non e’ piu’ il mio orologio, e’ un oggetto senz’anima.

Il tempo insieme

Tempo intorno a un tavolo – di Nadia Peruzzi

ll tempo delle “persone” con cui condividere un tavolo.
Un tempo che potrebbe essere utilmente scandito da un pendolo.
E’ sempre difficile operare delle scelte. Quando le si fanno si trascurano alcuni per eleggerne altri.
Scelgo tre fra le mie compagne di viaggio non me ne vogliano le altre.
Rossella perché considero bello l’esserci trovate dopo un bel periodo di studio reciproco. Diverse, dovevamo prender le misure prima di arrivare a comprenderci meglio e ad apprezzarci. E perché col fluire delle sue parole riesce sempre a stupire superandosi ogni volta.
Maria Laura di cui ho apprezzato il modo placido di porsi di fronte alle cose. Che sia la traduzione scritta di pensieri profondi o il colore con cui fissa nei suoi quadri scene e scorci di vita. E per la ricchezza e il rigoglio della sua terrazza regno di piante grasse di ogni tipo che invidio più di un po’.
Patrizia per l’ancoraggio e il richiamo di un mondo ormai passato di cui anche io porto in me più di una traccia. Atmosfere contadine, calore dei camini in quelle grandi cucine e delle persone semplici e vere che le abitavano e che lei nei suoi scritti ci fa sentire vive e reali. 

Il pendolo

Il pendolo – di Nadia Peruzzi

Il pendolo era lì in bella mostra da sempre. Almeno da molto, molto prima che lei lo vedesse davvero per la prima volta. Era piccola, ma già nell’età in cui i ricordi non sono più materia così indistinta da perdersi in un pulviscolo di sensazioni. Si trovò a guardarlo da sotto in su un po’ intimorita da quell’incombere austero.
Era stato messo in un angolo un po’ buio fra salotto e cucina in modo che i suoi rintocchi potessero arrivare ovunque, allo scoccare delle ore.
Aveva un suono profondo e armonioso al tempo stesso. Ogni volta la catturava e insieme alle oscillazioni dei lunghi bracci le dava quasi un senso di vertigine costringendola a fermarsi per un attimo.
Quel vecchio orologio era arrivato lì non si sa come. Pare venisse dall’eredità di una zia lontana che lei non aveva mai conosciuto. Sistemato al suo posto pian piano si era fatto indispensabile.
Aveva iniziato scandendo il tempo di quando la nonna era giovane e ancora il mito della velocità era di là da venire. Poi il suo suono si era intrecciato a quello dei motori delle prime auto e dei primi trattori che avevano cominciato a percorrere la campagna lì attorno. Aveva segnato il tempo lieto delle attese degli eventi felici come la sua nascita e quella di sua sorella. Era il tempo in cui si partoriva in casa, ad assistere c’era solo una levatrice e spesso il dottore arrivava a cose fatte.
I suoi rintocchi avevano accompagnato anche le lunghe, lente e dolorose ore degli estremi saluti. Laura ne aveva sentito il rimbombo in cadenza con i sussulti del suo cuore nelle lunghe notti che avevano preceduto la morte di sua nonna.
Aveva sperato fino all’ultimo istante che la malattia non fosse così cattiva come il medico aveva detto. La notte fatale Laura si era svegliata all’improvviso in un bagno di sudore. I cinque rintocchi che aveva sentito poco dopo le erano sembrati particolarmente cupi, quasi funerei come se anche il pendolo avesse compreso. Cinque rintocchi e poco dopo il pianto sommesso di sua madre e suo padre. La notte stava per lasciare posto ad un nuovo giorno ma di tempo per la sua nonna non ce n’era rimasto più. Si sentì stringere il petto in una morsa gelida. Provò spavento prima di tutto. Il dolore sarebbe arrivato dopo, nutrito a profusione da una assenza che piegava l’anima. Anche la casa non sembrava più la stessa senza sua nonna. Cambiò a poco a poco una volta che lei e la sua famiglia andarono ad abitarci.  L’insieme cedette al colore. Dei vecchi mobili di legno scuro tennero solo il pendolo. Spostato nello studio vicino alla grande libreria a poco a poco divenne il guardiano delle lunghe serate passate a studiare, delle letture fino a tarda notte, delle lettere scritte a mano al primo amore e dei baci più o meno innocenti dati di nascosto mentre i suoi rintocchi segnavano un tempo che sembrava correre sempre troppo veloce mentre il desiderio era che si fermasse e rimanesse sospeso il più a lungo possibile,  ritardando il momento in cui sua madre annunciava che la mezzanotte era arrivata.
Quando nella sua vita era comparso Luca il suo vecchio mondo era passato in secondo piano. Lei si era trasferita in città e il suo tempo aveva preso un ritmo che nella casa in cui era cresciuta sembrava quasi impossibile.
Era la città a dettare le regole col suo traffico, i suoi rumori, le sue urgenze.
Il lavoro, l’ansia di arrivare in ritardo, poi l’ansia di non riuscire a far quadrare i tempi con le necessità della famiglia che nel frattempo si era allargata dopo l’arrivo della piccola Ada.
Il pendolo era scomparso piano piano dal suo orizzonte e non ci fece più gran caso nemmeno quando le capitava di tornare dai suoi genitori.  Tanta era la confusione in casa quando si ritrovavano tutti insieme e Ada giocava con i suoi cugini, che non c’era modo di prestare attenzione a quel reperto che sembrava ormai del tutto inadeguato al tempo presente.
Dovette tornare a farci i conti una volta che i suoi genitori ormai molto anziani avevano deciso che la vita nella vecchia casa di campagna non faceva più per loro. Troppo grande, troppo lontana dalle comodità e dai servizi necessari. La casa che avevano scelto era molto più piccola e per questo molti mobili dovevano essere sacrificati. Non c’era modo di portarli nel nuovo appartamento.
Anche il vecchio pendolo stava per essere lasciato ai nuovi proprietari e alla sorte che loro avrebbero deciso .
Fu Ada, già grande, inaspettatamente a porsi il problema.
“ Ha un modo così particolare di segnare il tempo, mamma, non lasciamolo qui. Non so dire come, ma infonde calma. Nella sua mole e nei suoi rintocchi l’urgenza scompare e tutto sembra scorrere placidamente con gran beneficio per l’anima. ”
Fu ancora Ada a trovargli un posto in salotto vicino alla libreria, come nella casa dei nonni.
E’ ancora lì il pendolo, ormai colorato con una tinta pastello che gli regala un tocco di allegria. Ada ride mentre guarda suo figlio Enea che gioca sereno ai suoi piedi e osserva con occhi curiosi le lente oscillazioni dei lunghi bracci in attesa di sentire la sua voce armoniosa allo scoccare delle ore.