Un mazzo di fiori di campo

Mazzo di fiori – di Patrizia Fusi

foto di Patrizia Fusi

Vorrei poter portare un bel mazzo di fiori di campo, colorati e profumati a mia mamma, per ringraziarla per tutto quello che ha fatto per me e per tutta la famiglia, e chiederle scusa di non averla capita prima.

Ora che sono vecchia ho riflettuto tanto su di lei e ho capito i valori che mi ha trasmesso senza dirmi parole ma seminando dentro di me, con gesti quotidiani e con l’esempio. Semi che tenevo dentro anche quando la contestavo, erano dormienti, ma piano piano sono venuti fuori e ho iniziato a seguire la mia, di famiglia, seguendo il suo esempio.

Vorrei che il mio mazzo fosse di fiori semplici, dal più piccolo che si trova nei prati, nei campi o lungo i bordi delle strade o nelle macchie, come le manine di Gesù di un color giallo e rosa tenue, ai fiori più complicati: la calla così elegante nel suo fiore bianco con il pistillo giallo e le belle foglie verdi grandi come ali, fino ai lilium, alle rose profumate, ai gigli, ai tulipani e alle dalie che non usano più….

Vorrei che portarle questo mazzo fosse un momento di gioia.

Per lei e per me.


Il Tempo

Il Tempo – di Simone Rovida

Testo registrato direttamente dall’intervento di Simone Rovida sul Tempo, il giorno 4 aprile 2017, al Monastero Dell’Incontro, riservato al gruppo delle Matite

Sant’Agostino uno dei padri fondatori del pensiero cristiano, ha scritto una delle più importanti riflessioni sul tempo.

Siamo alla fine dell’antichità eppure dice:  “Cos’è il tempo? Chi saprebbe spiegarlo in forma  piana e breve? Chi saprebbe formarsene anche solo il concetto  nella mente   per poi esprimerlo a parole? Eppure quale parola più familiare e nota del tempo ritorna nelle nostre conversazioni? Che cos’è il tempo? Se  nessuno mi interroga io lo so, se volessi spiegarlo a chi mi interroga, non lo so. Quindi non possiamo parlare con verità dell’esistenza del tempo”.

Ha ragione S. Agostino. Quante frasi  ci sono comuni: non ho tempo, ho fatto tardi, ho perso tempo, il domani, il passato….ma se chiedessi: chi può definire  il tempo?

Abbiamo bisogno di capire, di dare il nome alle cose, come ha fatto Adamo. E se volessimo dare un significato al tempo come lo potremmo definire?…..e poi il tempo esiste?

(Germana: è un miscuglio di umori, siamo fatti di tempo, il tempo esiste dentro di noi.)

Nella storia dell’umanità sono state date spiegazioni diverse. E’ un tema aperto, non c’è nulla che non sia stato detto e nulla che non sia stato considerato vero o considerato falso.  I filosofi si sono chiesti: forse il tempo esiste perché esistiamo noi? Lo abbiamo inventato noi?

(Aldo: il tempo è una definizione convenzionale che usiamo per definire qualcosa che non si può percepire con i sensi ma che ci riguarda sempre. Viviamo in questa bolla che abbiamo voluto definire con questa parola)

C’è chi ha considerato il tempo come qualcosa che vive dentro di noi, ma abbiamo bisogno di capire qualsiasi cosa e dare anche un nome e lo diamo anche a ciò che è immateriale. Spesso pensiamo a qualcosa di astratto come se fosse materiale. E lo facciamo anche col tempo. Io sego il tempo quando dico: passato, presente, futuro, ma di fatto queste tre cose non esistono. Consideriamo con regole materiali quello che materiale non  è.

Per esempio riusciamo a capire l’infinito?

Il problema dell’essere umano è riuscire a concepire qualcosa che è astratto. Non abbiamo percezione dell’infinito. Lo capiamo attraverso la ragione, i calcoli, l’astrazione, ma la concretezza dell’esperienza ci manca.

Siamo esseri meravigliosi ma di fronte a problemi così vasti, come il tempo, non riusciamo ad essere del tutto convinti. Pensiamo il tempo come a qualcosa di concreto su cui agiamo in modo concreto. Per questo lo tagliamo, come dice l’etimologia della parola. Il passato, il presente, il futuro sono sezioni di qualcosa che in realtà non è concreto.

Vediamo le possibili  forme del tempo.

Un cerchio.

E’ una linea che delimita uno spazio, che si ripete, (Germana ci vede una cosa chiusa, non ci vede prospettiva.  Cecilia: se si guarda il dentro si vede il limite, se si guarda il fuori si vede l’infinito. Dipende dagli occhi con cui si guarda. )

Fuori è infinito. Dentro? (Aldo: c’è il presente)

Si aprono considerazioni anche su altro, per esempio l’anima. Il cammino è cosa c’è al di là di quello di cui possiamo avere esperienza diretta?  (Cecilia: la parola “sempre” è l’infinito) Siamo talmente cocciuti che cerchiamo di definire con parole anche quello di cui non abbiamo competenza. La creiamo noi e poi ci crediamo. Il tempo lo si racconta. Non esiste ma ne parliamo.  (Cecilia anche il tagliare in epoche: passato, presente, futuro è una nostra umana volontà, lo decidiamo noi dove porre il taglio)

Con il cerchio hanno definito il tempo i primi filosofi. Qualcuno ha detto che il non tempo è il divino.

Eterno è il tempo dell’assoluto, del divino, il nostro pensiero non lo concepisce. Si accetta per fede.

Dio non ha né inizio né fine, il suo segno è il cerchio. In un cerchio è impossibile trovare inizio e fine. Il centro è l’essere, ciò che non nasce mai, non muore mai. E’ l’essere, un’astrazione che si accetta per razionalità.

Anche Dante ne parlava: il Motore Eterno. Il tempo delle cose divine.

Altro segno è:

Il tempo che si ripete. Una sequenza con una freccia. Alti e bassi, corsi e ricorsi della storia, fasi, alternanza.

Concezione successiva del tempo, già più complessa.

 Di Platone e Aristotele, il tempo ciclico. Circolare non vuol dire ciclico. Il movimento esiste se c’è una spinta iniziale. Questo è un movimento ciclico, questi filosofi credevano che il tempo ricominciasse.  Il tempo diventa esperienza quotidiana. Si domandano cos’è l’agire, cosa sono le esperienze. Il tempo non è più solo un concetto astratto, ma entra nella quotidianità.  Anche quando si torna indietro in realtà andiamo in una direzione. Non siamo fermi.

Nella nostra vita pensiamo alle stagioni. Anche se sono sempre diverse, siamo noi a credere che torni  LA primavera sempre uguale. Le stagioni in realtà sono sempre diverse. Ci piace pensare alle quattro stagioni, in realtà sono diverse….forse non sono quattro…

Il movimento ci riguarda più da vicino, non si tratta più di un tempo astratto lontano dall’uomo.

Questo tempo è l’Evum.  C’è un corpo che muore ma un concetto che resta. Per esempio la Chiesa lo adatta al concetto del Papa. Il papa muore ma non la sua essenza. Ma anche il re vive della stessa concezione. Il re muore ma la regalità resta.

La vera novità del pensiero cristiano riguardo al tempo è stata il campanile. Le torri campanarie rappresentano la nostra municipalità. Si cominciano a costruire campanili. Poi gli orologi meccanici. L’idea rivoluzionaria è che non solo il campanile scandisce la liturgia, ma anche il lavoro. Per la prima volta nella storia dell’uomo il tempo si può possedere. Il tempo diventa tuo perché la campana e l’orologio ci danno il tempo nostro. Ogni singolo individuo può avere tempo. Il tempo è denaro nasce in questo periodo. Si scende dalle grandi considerazioni e si scende nel pratico. Siamo nel  XII-XIII secolo

Altro segno: un punto

Può essere un centro, mi proietta nell’infinito. Il piano è infinito perché formato da infiniti punti.

I grandi filosofi greci rappresentano il tempo con un punto. Kairòs. E’ il momento, è l’occasione,  è l’esserci ora. In questo momento sento l’assoluto. L’essere umano anela a questo momento. C’è chi dice che è nell’attesa che si consuma il massimo del piacere. Si dà per la prima volta un’interpretazione qualitativa e non quantitativa del tempo. Cerchio o linea sono quantità. Il punto è il tempo-occasione, è il tempo nostro. L’essere umano crede di aver raggiunto il suo obiettivo. E’ il momento….. ma è occasionale. C’è il punto anche nell’ortografia  e indica una scelta.

(Germana: Un punto può essere anche un addio, qualcosa che finisce per sempre)

(Aldo: nasce e muore lì)

(Cecilia: quando si mette punto e a capo, il valore di quel punto è che decidiamo dove finire qualcosa. Decidiamo mettendo un punto)

(Aldo: nel momento in cui finisce ricomincia qualcosa d’altro visto che il tempo non si può fermare)

Questo è un concetto caro al Romanticismo. Aneliamo a qualcosa di perfetto che non raggiungiamo.

Qui è più difficile pensare al movimento. Il punto è fermo.

(Lorenza: forse il concetto giorno-notte rientra in questo concetto e vale per tutti, dall’inizio del mondo)

In realtà parliamo del tempo ma forse parliamo invece di spazio. I disegni che stiamo guardando sono “spazio”. Non riusciamo a scorporare tempo e spazio. Qualcuno dice allora il tempo è spazio?

Il sole è il primo datore di tempo, nasce dal sole la nostra percezione di tempo. Ma il sole è anche spazio.

Il tempo produce effetti su di noi, che vediamo. Il primo effetto che vediamo è l’alternanza notte giorno.

Perdere tempo, non c’è tempo, non abbiamo tempo……sempre, come in queste espressioni,  c’è una relazione con qualcosa d’altro.

Tutti i filosofi si sono occupati del tempo non venendone mai a capo.

Quello che avete detto è che kairòs è il tempo della scelta.

Vi parlo di Seneca, che dice: il sapiente è quello che ha consapevolezza, è quello che riesce a capire che il tempo è una questione di scelte” Seguendo la ragione l’uomo fa il bene. È anche una scelta morale dunque. 

L’uomo si comporta bene quando si comporta secondo ragione. Il sapiente è chi si rende conto che il tempo è una questione di scelta. In questo momento è giusto fare o non fare questa scelta. Altrimenti si pensa il tempo come qualcosa di concreto. Seneca distingue gli uomini in due categorie:

 occupatus è chi fa cose per sentirsi il tempo dentro, è chi fa tante cose, chi si sente obbligato.

Il quiescens aspetta lo scorrere del tempo senza fare scelte. Amleto rappresenta questo soggetto. Chi non sceglie rappresenta  un’aberrazione. Chi è saggio sceglie ed è l’unico modo per essere felici.

(Stefania si può essere obbligati ad essere in un modo o nell’altro ma l’importante è la consapevolezza di quello che si fa)

L’unica cosa per Seneca che conta è essere qua ora.

Il passato non mi tocca più, il futuro ancora non mi tocca. Può essere una posizione contestabile anche se l’ha detto Seneca. Quello che conta è un presente infinito. Ogni momento che faccio una scelta è un Kairòs che mi può aprire porte infinite.

Altro segno è: un inizio che va verso qualcosa. Linea retta

E’ il tempo finito, lineare. Non è né circolare, né ciclico…è un tempo finito. E’ il più facile da comprendere.

Tempo medievale. Si distingue il tempo dell’uomo(finito) e il tempo divino (infinito)

E’ ciò che nasce, cresce e muore. E’ il tempo occidentale. Si agisce in vista di uno scopo unico. E’ ben direzionato e lo possiamo dividere. E’ una rappresentazione quantitativa: c’è oggi, ieri e domani.

E’ un tempo irreversibile, non si torna indietro, si può solo andare avanti. E’ il tempo biologico.

L’ultimo è tra 1500-600.

Segno:

E’ un tempo spiraliforme, la visione moderna.

Rappresentazione più complicata del tempo. Quando ci si convince che è il sole al centro dell’universo tutto viene sconvolto. Tutte le categorie del tempo vengono sconvolte. Crollano le divisioni ben separate di tempo, si mescolano. Il concetto di tempo si confonde, può essere l’infinitamente grande ma anche l’infinitamente piccolo,  non è un motore immobile, può essere un movimento perenne, può essere il tempo di Dio e della Natura.  Giordano Bruno, Galileo Galilei sono i pensatori d questo periodo…..è stata la crisi delle certezze. Il tempo ritorna ma è diverso, c’è chi parla dell’eterno ritorno dell’uguale.

E’ il tempo moderno, come concepiamo oggi l’infinito. E’ il tempo di una cosa come il mare perché quando diciamo “vado al mare” pensiamo a qualcosa che crediamo sempre lì. Lo vediamo sempre uguale,  fatto di acqua, con un moto ondoso, poeticamente percepiamo “le onde del mare”, ma ogni onda è unica, ognuna è diversa e quando ha finito ha finito. Lo percepiamo come unità che si muove, e  ci dà l’idea di eterno, di qualcosa che si ripete e che si trasforma. E’ perenne o è finito? E’ tutte e due le cose: è la vertigine della concezione moderna del tempo.  

Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume anche se il fiume rimane quello.

Essere e divenire sono la stessa cosa

Poi si arriva a Einstein. Si arriva al concetto velocità-tempo e al fatto che aumentando la velocità diminuisce il tempo. Addirittura si arriva alla teoria che si possa tornare indietro nel tempo variando la velocità.

E’ il clima in cui ha vissuto Shakespeare. Montaigne dice che quello che posso fare è solo raccontare la mia testimonianza di un passaggio, non posso raccontare l’essenza delle cose. Non si racconta l’essenza ma il passaggio.

Shakespeare nel monologo finale di Macbeth dice: ”E Domani e  domani e domani,  Il tempo striscia fino all’ultima sillaba del tempo registrato (concesso) ” e ancora dice che “il tempo è la vita di un attore che strilla sul palcoscenico di cui dopo non si saprà più nulla”. E ancora “la vita è il racconto di un idiota che non significa niente”.

Tutto quello che posso fare rispetto al tempo è raccontarlo. Anche Shakespeare dice che ci è concesso un tempo e lo viviamo finché arriviamo all’ultima sillaba e usa questo termine, lo sceglie, non dice goccia o punto.  

Nel monologo finale di Macbeth Shakespeare dice che forse dopo la morte non ci sarà nulla ma quello che conta è vivere  la sillaba del tempo che abbiamo avuto. Il tempo è un racconto. Il tempo lo posso solo raccontare e basta. Non lo posso capire, non lo posso spiegare, rischio che non esista e allora l’unica cosa possibile è che ne posso parlare, lo posso raccontare. Il tempo è una costruzione narrativa. Per poterlo raccontare, per poterne parlare l’evento deve essere concluso, finito. Non possiamo scrivere di qualcosa che stiamo ancora vivendo. Scrivere implica un momento successivo a quello in cui lo abbiamo vissuto. Ogni storia si può solo raccontare dalla fine, infatti per scrivere ci si volta indietro e si sceglie un inizio, una fine e un corpo centrale di qualcosa che è già accaduto.

Quindi possiamo dire con Shakespeare che quello che conta è la parola e il racconto. Il tempo esiste nelle storie dove necessariamente lo scrittore o il narratore  deve muoversi  in un prima e in un dopo.

 L’uomo dunque, forse, è il solo vero inventore del tempo.

Fiori di campo

Fiori di campo – di Sandra Conticini

foto di Cecilia, Sandra, Patrizia, Tina

I fiori più belli, per me, sono i fiori di campo, anemoni, tromboncini, fresie, giacintini, che nascono nei campi e, anche se sembrano fragili, reggono l’acqua, il sole, il vento e spesso  l’ultima neve di stagione. Annunciano la primavera e

l’ inizio della rinascita.

Altri fiori a cui sono molto legata sono i garofanini profumati bianchi,  perchè erano nel giardino del nonno e, quando andavo a scuola e arrivava maggio, mese della Madonna, tutti i giorni la maestra, insieme al rosario, ci faceva portare un fiore con un bigliettino attaccato dove dovevamo scrivere il fioretto che avevamo fatto quel giorno. Io spesso portavo i fiori di quel giardino che potevano esssere o  roselline rosse o garofanini.

Un messaggio fiorito – di Sandra Conticini

Vorrei ricoprirti di fiori, quei fiori semplici, che tante volte abbiamo raccolto insieme. I nostri fiori di tutti i colori: gialli, bianchi, rossi, pervinca e profumati come eri te quando ti stringevi e ti stringi a me in cerca di conforto.

Vorrei poter correre ancora insieme, ridendo a crepapelle e vedere chi arriva prima a cogliere il fiore più bello e più lontano, ma il fiore più bello sei te e io sono e sarò sempre qui ad ascoltarti e a darti aiuto in caso di bisogno.

Un grandissimo abbraccio!!!!

Rosa d’autore

Pierre de Ronsard – di Carmela De Pilla

foto e fiori di Carmela De Pilla

Me ne sono innamorata subito, appena l’ho vista.

Fra tutte lei era la più bella, mille sfumature l’accarezzavano e diventava unica, il rosa intenso del cuore via via si tramutava in rosa pallido fino a confondersi con il bianco perlaceo.

Lei, così fragile, ma così sicura di sé, consapevole della sua bellezza si pavoneggiava in mezzo ad altrettanta bellezza e teneva ben dritto il capo quasi a dire” Prendimi”.

Non ho cercato altro, lei mi bastava, era proprio così che la volevo, decisi di prenderla davvero pur essendo ancora piccola e delicata, ma ero certa che sarebbe diventata bellissima.

Sono anni che mi prendo cura di lei, lo faccio con amore stando attenta ad ogni suo minimo cambiamento, la osservo scrupolosamente pronta ad intervenire qualora avesse bisogno del mio aiuto.

Prima ancora che arrivi la primavera mi piace dedicarle un po’ del mio tempo, come sempre saprà essere molto più generosa di quanto non lo sia io con lei così mentre la curo… canto, so che mi ascolta e un benessere reciproco ci avvolge.

Pierre de Ronsard si chiama, perfino il nome mi piace, immagino il signor Meilland, romantico e sognatore che dopo tanti tentativi trova l’armonia tra colore, forma e profumo.

È diventato un roso ormai e quando Maggio fa capolino, i boccioli eleganti quasi fossero di porcellana si fanno spazio a decine tra le foglie verde scuro e vogliosi di esprimere tutta la loro bellezza si alternano a rose già sbocciate le cui corolle sensuali e ricche di petali guardano in basso un po’ intimidite dalla loro stessa bellezza e nelle notti di luna piena l’argenteo raggio le illumina e un attimo di gioia mi riempie tutta.