Ogni volta che li vedo, questi fiori piccoli bianchissimi, attaccati in modo inatteso ai pruni nei campi, mi viene in mente un periodo, un momento speciale della vita, quando era piena di movimento, di ricerca, di esperienze e di persone

da “Un teatro per Clara” di Cecilia Trinci (dedicato a Clara Pacifici, amica non vedente)
foto di Simone Bellini

(…) La luna piena di stanotte ha di nuovo allagato la casa con la sua luce bagnata. Il prato sembra coperto di neve. Ma invece è primavera: ci sono i mille piccoli fiori degli alberi di nuovo protagonisti: il bianco dei ciliegi e dei peri, il rosa dei peschi e dappertutto un esplodere di biancospino anche dove non te lo aspetteresti. La luna bagna di una luce fresca pur essendo immensa. La casa proietta la sua ombra scura ed è tutto un contrasto di bianco e di nero.
“Fai bene a raccontarmi la luna” dice Clara, “col tempo me la sto perdendo. Mi dispiace, però, che una luce al femminile viva del riflesso del sole”. Ma è così anche per le donne: si ha bisogno del sole maschile, di vivere nel riflesso di qualcosa di più potente. Poi aggiungo “in fondo è molto tipico del femminile riuscire a fare di una piccola cosa come una luce bianca una tale allagante creazione di bellezza” . E questo finalmente la convince.
E’ il due di maggio. Da tanto tempo avevo promesso di passare un pomeriggio con lei. Clara sta male, ha ricominciato la chemio, non sta praticamente in piedi, ma vado da lei e le dico: ti porto in un prato verde e ti faccio tirare con l’arco. Dice subito: “mi metto questa maglietta, va bene?. Si gira verso di me con le mani sui fianchi. Sorride, come se si vedesse davvero riflessa nello specchio.
Attraversiamo la città e andiamo a Ugnano, al campo di tiro con l’arco della mia società. Le ho promesso il prato e lo mantengo.
Ci sistemiamo appena un po’ a distanza dagli arcieri abituali che si stanno allenando.
Le insegno come si fa.
Le spiego la mia convinzione: “Se ti metti nella posizione corretta ed esegui il gesto come si deve ce la fai di sicuro anche senza vedere. E’ la posizione del corpo che fa andare dritte le frecce, non la vista”.
Dobbiamo stare attenti a non fare danni al suo fisico provato. Ma l’arco leggero ce lo consente. Incocca e tira. Da vicino, ma raggiunge il bersaglio con un colpo soffice. Dice: “sento la freccia che parte e mi sembra di volare, sento la forza, l’energia, la speranza che partono da me e mi portano via, nello spazio, nel vento, nel sole. Voglio diventare brava”.
Ma oggi più di tre frecce è impossibile. Si siede nel prato, con i piedi nudi assapora la terra fresca e col viso cerca il sole caldo di maggio. Tra poco è il suo compleanno.
Il presidente, viene a salutarla e lei sorride e gli racconta chi è, quanto è felice di stare qui.
Tranquilla, appena lui si allontana, mi dice che non ce la fa più, sta troppo male. Bisogna andare.
Bene, dico, ora ci alziamo e la sospingo fino alla macchina. “Ce la fai? »
Dice, sì sì, ce la faccio. E sorride nonostante il dolore, l’affanno, la testa che scoppia.
Ci alziamo piano, andiamo alla macchina, affrontiamo la nausea che l’assale.
Lo so che non vuole compassione. Nessuno si accorge. Ci salutano.
In macchina ci salva un CD di Vasco Rossi.
Lui canta e a lei passa il dolore. Clara canta con lui. La musica come un calmante. Mi insegna ad ascoltarla e mi anticipa i passaggi. Canto anch’io con lei, mentre guido, come se fossimo bambine in gita scolastica.
Arrivate a casa salgo con lei. Mi dice: “vieni un attimo a vedere se ci sono stati i ladri, anche se ormai non c’è più niente da portare via.” Sembra impossibile, ma ci sono stati, lassù al quarto piano e forse sono entrati dalla finestra. Una mattina lei si è alzata, si è preparata per uscire, ma la borsa non c’era più. Allora ha capito. L’ha spaventata soprattutto pensare che possono averla vista senza che lo sapesse.
Si mette subito a letto, si spoglia ridendo. Mi dice: non guardare, ormai sono una exbella!
Sta male. Le lascio una tisana sul comodino. Ma lei dice: “che bella giornata ho passato con te! Tutto quel prato e quel sole caldo. E l’arco è fantastico! E anche Vasco Rossi!”
Mi dice anche grazie. Ma io non capisco. Ci penso. Grazie? A me? E’ lei che mi hai donato il giorno. (…)

“Grazie” per te, per noi…per lei…e per quel pizzo naturale,che rincuora…..biancospino….
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Scorre il dolore come un ruscello
Scorre il dolore senza far male
Tre frecce possono bastare
Grazie
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