Un posto sicuro dove restare

Questo blog intende accogliere e custodire questo assaggio di poesie di Giovanni Loliva, secondo il desiderio di sua moglie Gabriella Crisafulli e come da lei suggerito nel precedente brano “Bianco assenza”.

Ci sembra un privilegio essere custodi di un ricordo profondo, di un amore importante, e diventare un luogo dove si possa ritrovare Giovanni.

OCCHI DI LUCE

Sospinta dai raggi del sole

Orgogliosa del braccio paterno

Mi guardavi con occhi di luce

Avanzando con passo deciso

Sorridendo in un bianco splendore

Sull’altare mi desti la mano

E, raggiante di amore bambino

Mi invitasti a prendere il volo

Nel silenzio

Il suono di un organo

Sulle note dell’Ave Maria

I miei occhi riempiva di lacrime.

ANCHE TU SEI PARTITO                      

Dalla guerra tu eri fuggito

zoppicando

portando sul viso

il pallore di un freddo mortale

Arrivasti, ancora ti vedo,

in silenzio, come eri partito

nei tuoi occhi una sola speranza

cancellare quell’incubo orrendo

Da quel giorno i miei giochi bambini

si accesero di tutti i colori

con i razzi e le mille invenzioni

tu rendesti felice il mio nulla

Poi il destino mi ha fatto partire

assopendo nel tempo il ricordo

A Natale dal letto malato

mi donasti il tuo triste sorriso

Poi di notte senza parlare

sei partito per non ritornare.

L’uomo solo

Il sole calando

nel deserto dei ricordi

ridisegna l’ombra

dell’uomo solo contro la sfinge.

LA SCATOLINA BIANCA

Lettere sbiadite raccolte da nastri colorati

Biglie turchesi che riflettono la nuova luce

Monete, senza valore, di rame e di nichel

Alcune con un foro centrale

Figurine di giocatori famosi che

Ridestano nella memoria emozioni appassite

Poi all’improvviso,

Nel buio che odora di muffa,

Vedo in fondo al cassetto

Quella misteriosa scatola bianca

Con scritte colorate che non sapevo leggere

E si accende un ricordo:

Una piccola automobile rossa

Corre felice nelle stradine di birilli

Una mano tremante muove orgogliosa

Il fragile congegno meccanico

Disegnando emozioni profonde

Poi dall’uscio rimbomba una voce possente

Che interrompe la corsa sfrenata

Distruggendo in un attimo il fascino del

Gioco Proibito.

LA VITA – (testamento morale)

LA VITA E’ UNA LUCE

COLOR DI SPERANZA

CHE BRILLA NELL’ALBA

DEL NOSTRO DESTINO

LA VITA E’ UN SENTIERO

CHE  SCENDE NEL MARE

FRA CAMPI FIORITI

ED ARIDE SPINE

LA VITA E’ UN SOSPIRO

DI MILLE  RICORDI

CHE OGNUNO CONSERVA

NEL FONDO DEL CUORE

LA VITA E’  UNA  MANNA

CADUTA DAL CIELO

CHE  SENZA DOMANDE

SI DEVE GUSTARE

Incontro virtuale – 12 gennaio 2021

con Cecilia Trinci

Particolarmente intenso l’incontro di ieri, che pur attraverso skype ci ha consentito di scambiarci e condividere bellissime suggestioni legate al bianco.

La spiritualità, il senso di purezza, di nuovo, di inizio e di fine, di silenzio, di percorsi da iniziare e da riempire e proteggere, di riflessione e invenzione.

Un colore per il tempo di oggi, un tempo lento, ovattato, senza scansione di confini e impegni assillanti. Il tempo dei “capelli bianchi”….

Il profumo dei fiori bianchi, del giglio e del gelsomino, la sorgente dello spirito assoluto che rigenera e disseta, la consolazione e la creazione, la potenza della meditazione, la purezza.

Ma anche il trionfo del bianco in cucina, dove il cibo consola, con la farina, lo zucchero, il sale, il burro, il latte, la panna….. e lo zucchero filato!

O il bianco di un piccolo pupazzo buffo di Simone……..

I bambini piccoli sono bianchi, pieni di nuovo, di qualcosa che si deve sviluppare e riempire di vita. Ma anche la fine della vita può essere bianca, con i lenzuoli e le lapidi, nella speranza di una vita nuova, oltre questa, nella completezza di un cerchio che si chiude e si completa. La vita intera è un cerchio bianco.

Il bianco inoltre è il risultato cromatico di tutti i colori, come se fosse un capitale di emozioni da cui sceglierne di volta in volta una e nello stesso tempo sembra essere il risultato di tante sensazioni tutte insieme.

La forza del bianco, la dolcezza del bianco, la luce e l’intensità del bianco.

La follia è bianca, raccontata da alcuni versi di Vanna: “la follia è pura non conosce inganno/ vergine bianca/ con sacro, eterno rito/ immòla solo l’io/ mai l’anima e il cuore”. Follia come estrema verità e rigore di un’anima.

Anche le “notti bianche” possono essere intese come gioia sfrenata del divertimento in compagnia di amici, oppure il dolore delle preoccupazioni che ci impediscono di dormire. Eppure anche l’insonnia può darci doni imprevisti o illuminazioni, la mattina dopo.

Il bianco è spesso uno sfondo che valorizza altre immagini: la tela bianca del pittore, il fondo bianco degli occhi…..

Il bianco può essere quello che la fantasia vede oltre la realtà, come nei quadri bianchi realizzati da Lucia.

Ma il bianco può essere anche quello dell’ospedale, delle angosce, della paura, del freddo, dei fantasmi, della non comunicazione.

O infine, può essere una pausa di sospensione, di attesa, di fiato sospeso, come quello che ci divide nell’intervallo tra un nostro incontro e l’altro.

Bianco Assenza

Esplosione bianca – di Gabriella Crisafulli

Foto di Dorota Kudyba da Pixabay

Il bianco esplode e incalza

mentre passo l’aspirapolvere

Al risveglio stamani

non c’è una poesia

una foto

un fiore

ma una scintilla

che fa fuochi d’artificio

Arrivano tutti insieme

come cavalli imbizzarriti

il bianco della sposa bambina

quello dello zio in Russia

e il tuo

che sei sparito nel vuoto del silenzio

Spengo l’aspirapolvere

accendo il computer

metto un argine alla valanga

Ecco adesso so

dove metterti:

consegnerò le tue poesie

al blog

e non sarai più

solo bianco.

Bianco come….la neve

Ricominciamo con la suggestione dei colori e in questo inverno freddo ripartiamo da “bianco…… come la neve”.

Candore, purezza, silenzio, solitudine, assenza…..e impronte

Ma anche “bianco come la luna:

“Bianco come la luna il suo cappello, come l’amore rosso il suo mantello….”

Il testo di de André può dirci molte cose….perché il cappello è bianco e il mantello è rosso?

Ma il bianco è ovunque e possiamo pensare a molti accostamenti semantici. Come:

-le bianche vele sul mare

sbiancare in volto

imbiancata di grandine

-notti in bianco

-mangiare in bianco

-panico davanti al foglio bianco

bianco slavato

bianco come la cera

bianco assoluto

-la sposa in bianco

-una foto in bianco e nero

-andare in bianco

bianco di carnagione

– la trina bianca degli asciugamani di nonna

bianco panna

-il bianco dell’uovo

-la “fiera del bianco“…..

Quali cibi sono bianchi?

E accostiamo il bianco a sentimenti, a sensazioni…

Di che colore è il freddo? e la solitudine? e la paura? E la fame? E il silenzio…..

Che sensazioni abbiniamo al bianco?

Quali emozioni sono bianche?

Ritrovarsi a fine anno

Gino e Michele si incontrano di nuovo – di Nadia Peruzzi

foto di Nadia Peruzzi

M. “Gino, allora, come va? L’è un po’ di tempo che un ci si vede”.

G. “ Oh , Michele. Altro che un po’, l’è un secol0. Ti ricordi quel giorno sulla panchina al giardino della Resistenza?. Mi sa che è stato l’ultimo. La sera il governo ci ha sigillato in casa, poi fra paure e altro non ci siamo più visti. Da allora mi son sentito sempre più panda e meno persona.”

M. “Eh, già. Fino al giorno prima pubblicità in cui quelli come noi correvano e saltavano come grilli dopo aver bevuto quei bicchieroni di roba marroncina, Mer.. Meri..un mi ricordo nemmeno come la si chiama. E da i’ giorno dopo eccoci ritrovati a interpretare la specie protetta, quella fragile e in pericolo. Di colpo precipitati fra gli anziani e le categorie a rischio, da proteggere. Anche se, diciamocelo, mi sa che se si fa un po’ di pulizia di vecchi son tutti più contenti. E io vecchio come ora non mi sono mai sentito!”

G. “O come tu mi s’è diventato pessimista. La prigionia la t’ha cambiato di molto!”

M: “O icché ttu voi. Stacci te tutto i’ santo giorno chiuso in casa con l’Argia che ogni tre per due la si lamenta e se la un rompe le scatole non è contenta e fa venire pure il dubbio che non stia bene del tutto. Che vita, nini!. Qui oltretutto continua ad essere un gran bailamme. Si va a ondate una peggio dell’altra. Ora sperano nel vaccino ma ancora bene bene un lo sanno nemmeno loro che pesci pigliare. Mi sa che per ora sono i pesci che piglian noi, altro che!”

G. “Michele, dimmi. A casa tua, tutti bene?”

M. ”Si, si per ora tutto a posto. I nipoti son sempre più agitati. Da quando sono più a casa che a scuola ,oltre a non imparare nulla, non compicciano nemmeno nulla. Passano dai video di quei cosi dove si incontrano con i professori e i compagni di scuola alla tv in un battibaleno. Poche letture, parecchi giochi elettronici e telefilm spesso raccapriccianti e popolati di gente strana. Vampiri, zombi, streghe e stregoni.”

G.” T’ha ragione Michele. Ci riflettevo anche io. Che brutte cose trasmettono in tv su alcuni canali. Tutta roba violenta dove scorre sangue a bizzeffe, popolata da creature spaventose . Lo sai che nocchini si sarebbe preso dalle nostre mamme se ci trovavano a guardare roba così ai nostri tempi. Ora l’è tutto normale invece. Poi se la pigliano e ci scrivan paginate sopra se gruppi di ragazzetti annoiati decidono di mettere in pratica le bravate che vedono fare in tv”!

M.” Ascolta Gino. Ma che te lo chiedi mai se e come ne usciremo?”

G. ”Spesso, Michele .Ma cerco di tenerle a bada le domande in modo che non prendano il sopravvento .Cerco di vivere alla giornata. Meno domande mi fo, meno paturnie mi vengono. Per fortuna che c’ho i nipoti piccolini e quando mi viene la malinconia e mi prende il malessere penso a loro e trovo il verso di ritrovare un po’ di serenità.”

Mondo strano

Space oddity – di Gabriella Crisafulli

I giorni erano scivolati via, tra uno stupore ed un altro, in un succedersi di eventi.

Il trauma era pari all’incredulità: pandemia e quindi confinamento.

Gli amici erano ridotti a mera voce o a file video: nel migliore dei casi a pixel che vagavano sullo schermo. Tutto intorno, in un carnevale senza fine, vagava un popolo di mascherati i cui sguardi si affacciavano spenti al di sopra della protezione.

Per fortuna la mattina, al risveglio, c’era sempre una poesia, la foto di un fiore, di un paesaggio, qualche battuta tenera, dolceamara o surreale a dare un coraggio tutto da costruire.

Intanto Radio Covid emanava bollettini che attivavano il timore e la preoccupazione di nuocere agli altri.

La vita di tutti i giorni viaggiava in un limbo di emozioni sospese tra speranze e illusioni, mentre l’incredulità e lo scoraggiamento si trasformavano in rabbia.

Quegli sguardi sperduti covavano sotto la mascherina disappunto e collera in un mondo stravolto che non aveva mai preso in considerazione la precarietà.

E così apparivano sulla scena fenomeni quali ragazzi che si davano appuntamento in punti condivisi di una città per darsele di santa ragione.

Oppure tranquilli abitanti di un quartiere di periferia che attrezzavano in modo sempre più completo il loro giardino come una palestra per pugili dove allenarsi per ore.

Ma anche folle pilotate che si divertivano a profanare le loro istituzioni incuranti delle conseguenze.

Prima eravamo che ognuno stava solo sul cuor della terra e dopo era che ognuno era ancor più solo.

Rimaneva il pensiero a sostenere esistenze precarie che puntavano a difendersi.

Rimaneva il desiderio che i più giovani non pagassero un prezzo troppo alto.

Rimaneva la speranza che il tonfo economico non avrebbe stravolto la vita dei cittadini.

Rimaneva la fiducia di sottrarsi ad un’idea fobica di alienazione.

Rimaneva l’aspettativa di comportamenti solidali.

Ma era un film mentale, robotico, asettico in cui la colonna sonora erano angoscia e depressione.

Mancavano i baci, gli abbracci, l’empatia, l’accarezzarsi, il tenersi per mano, la tenerezza.

Mancava una visione di futuro.

C’era da costruire un nuovo codice di affetti per trasmettere il tatto perduto in un profumo di calore e in un vortice di sensualità per un tam tam di rinascita erotica.

Emozioni d’inverno

Emozioni sul fiume – di Gabriella Crisafulli

Foto di Rossella Gallori


Torno all’Arno

alla vita che lo anima

Alberi uccelli cani

persone di tutte le età

canottieri corridori

ciclisti bambini

due vigili a cavallo

In lontananza

le macchine sfilano

in eterna corsa

Sono venuta a cercare

le parole

che non ho

Quando arrivo

a casa

mi faccio un caffè.

***

Lungo il fiume

sfilano veloci

i canottieri

nel vento che soffia

fra il grigio

di acqua e cielo

I colori

di skiff

e mute

fanno allegria

***

Penetra

sospinge

attraversa

scompiglia

abbraccia

cancella

Mi prende

un brivido:

vento

amore mio

Tutto a posto?

Marziani – di Luca Di Volo

Era uscito molto presto quella mattina.

Poca gente..anzi quasi nessuno a giro…però…anche da quel poco che aveva appena intravisto…gli era cascata addosso una valanga sensitiva. Meglio non l’avrebbe potuta spiegare…insomma era certo..sicuro che qualcosa (se non proprio tutto) non stava andando per il verso giusto…Sì..qualcosa non andava. E il bello era che proprio non avrebbe saputo dire “cosa”. Impossibile dar corpo ad una semplice “sensazione”…

Si affrettò a telefonare alla sua amica Paola…se c’era qualcuno che era in grado, forse, di capire quel “qualcosa” forse era proprio lei..

Mentre il telefono squillava passò in rassegna gli anni passati insieme.

Straordinario personaggio Paola..Ex giornalista, collega di lavoro…donna colta, intelligente e preparata. Un solo difetto, per lui, ma insopportabile…Era un’appassionata cultrice ufologa, esoterica…insomma adorava tutto ciò che esulava dalla comune esperienza.

In compenso divideva con lui moltissime passioni..tanto che, dopo alcuni scazzi epocali avevano deciso di non parlare mai più di quegli argomenti, salvando così il resto..che era già tanto..

In comune l’amore per i classici, per l’arte, la storia…tutto il repertorio, insomma..

Sorrise..certo che nonostante la sua passione per l’esoterismo, la Paola era parecchio coi piedi in terra, molto concreta e anche molto…come dire, un po’ canaglietta nelle sua vita amorosa..Già..e il suo ragionamento di base era ineccepibile: ”Ma se agli uomini piace tanto fare sesso e cambiare spesso partner per vivere allegramente la vita…perché non dovrebbe piacere anche a me..?!”

Aveva il coraggio delle sue azioni, non c’è che dire… Ma non aveva potuto evitare la sentenza del  club delle “pie donne” che l’avevano subito marchiata con gli epiteti più fantasiosi..tra cui quello di p…tana… e non era nemmeno il peggiore..

Poi si era sposata, davvero il grande amore. Ed era rimasta vedova molto presto, purtoppo..colpa dei suoi peccati, avevano sentenziato le pie donne..disgustoso..

Da allora era andata in pensione, vivendo in assoluta castità, pur essendo non troppo vecchia e ancora bella quasi come prima, dedicandosi solo alle sue passioni ufologiche e alle altre che divideva con lui..Già..erano rimasti buoni amici ,proprio perché tra di loro non era mai corso nulla di intimo, tranne i loro interessi..

Insomma..finalmente Paola rispose; lui non le fece quasi nemmeno dire “pronto”..quasi l’aggredì ”Senti un po’..ma tu che segui queste cose..non ti risulta mica qualche atterraggio di ufo..o di alieni…qui da noi, di recente?!”

“No davvero..” il tono della risposta non nascondeva la sorpresa…ma se lui non si era mai occupato di queste cose…”Ma ti sembra che non te l’avrei detto?!…”

“Grazie, grazie,Paola..” E riattaccò…quasi scortese, ma lei avrebbe capito..

E allora chi erano quei corpi col viso misteriosamente coperto da una maschera che non lasciava vedere il volto…forse non potevano respirare la nostra atmosfera..?! Alieni..senza dubbio..ma nessuno se n’era accorto…un’invasione dallo spazio, subdola, maligna e sconosciuta..ma gli uomini ..gli esseri umani…i suoi maledetti o benedetti simili..dov’erano finiti..?!

Si svegliò terrorizzato, ma la realtà era peggiore del sogno…e questo lo sapeva..

Epifania….tutte le feste…….

Gli elfi – di Rossella Gallori

Foto di Rossella Gallori

È questo l’ anno della stanchezza, l’ anno di chi è scomparso per sempre, di chi non si vede quasi più, l’ anno dei: senza lavoro, senza stipendio, del termometro sempre in giro, di bocche tappate, non metaforicamente…eppure all’inizio ci parlavamo dalle finestre, si cantava quasi…poi dopo un intervallo breve ed inquietante, è arrivato l’inverno, uno di quelli con la neve, senza pallate con i pugni nello stomaco, difficili da schivare.

La decisione sembra inderogabile: il primo che mi parla di addobbi ne busca….

Lo ho annunciato e non ho avuto risposta, sono anni che dico tra il cinque e l’otto dicembre: niente  ciondoli, mai più…ho sempre trovato scuse per non incasinarmi più di quel che sono, togli i soprammobili, metti i pupazzi,  i cuori di cera rossi, sempre alla ricerca di quei poveri Gesù bambino, desaparecido a vita tra babbi natali smaltati ed a volte pure ammaccati.

Al primo ramo di vischio, regalo di un povero Cristo che ignaro crede di avermi fatto cosa gradita, sono esplosa:  questo è un anno di lutto, altro che palle ed elfi! Per chi poi, x qualcuno, che non potrà venire a pranzo? Per altri che un pranzo non ce lo hanno?  Per quelli che non ti verranno a trovare?

Silenzio, le mie parole cadono nel vuoto, hanno dimenticato di aprire il paracadute.

Ĺa notte ho sempre dormito poco,  ma in quella prima settimana di dicembre è stato giorno quasi sempre, ho cercato cose che non ho trovato e trovato cose che mi cercavano…come la capannuccia tristanzuola di quando ero bimba, le scatole  di latta, quelle di cartone, il presepe con sei re Magi di legno ormai cinquantenne portato dal Kenia  che manco sapevo dov’ era, tutte cose di cui non avevo più voglia…poi  poi….mi si è aperta la scatola degli elfi, microscopici, cicciuti, maschi, femmine…una promiscuità che mi faceva sorridere, mi scaldava il cuore,  grigi e rossi alcuni rossi e grigi, altri chi barbuto, chi munito di vezzose trecce bionde, secchini, tarchiatelli, una ventina forse, li ho riguardati uno ad uno, mi sembrava di non averli mai visti….e così piano piano…li ho messi tutti fuori  tra pecorelle, campane dorate, casette di tufo….e la capannuccia ha ripreso vita con pargoli quasi gemelli, qualche  palla  dorata e due angeli che sembrano due drag queen…

Ho messo tutto fuori, scacciando i miei: per chi? Tra ammiccanti elfi ho trovato la risposta, l’ ho fatto per me, per esorcizzare la tristezza, perché comunque c’ è stato un Natale 2020, e stasera tra vecchie calze  aspetto la Befana….Non importa se avrò carbone o nulla, sorrido ai miei elfi e vado avanti..

Ma l’ anno prossimo : niente ciondoli…..chi ne parla ne busca

Nevica…..nevica dappertutto….

A proposito di NEVE e a proposito di POESIA:

Foto di David Mark da Pixabay

di Roberto Benigni, da “La tigre e la neve”

“Non scrivete subito poesie d’amore, eh! Che sono le più difficili aspettate almeno almeno un’ottantina d’anni …
Scrivetele su un altro argomento, che ne so su… su… il mare, il vento, un termosifone, un tram in ritardo, ecco, che non esiste una cosa più poetica di un’altra, eh?
Avete capito? La poesia non è fuori, è dentro!
Cos’è la poesia? Non chiedermelo più, guardati nello specchio: la poesia sei tu!
E vestitele bene le poesie!
Cercate bene le parole!
Dovete sceglierle! A volte ci vogliono 8 mesi per trovare una parola! Sceglietele, che la bellezza è cominciata quando qualcuno ha cominciato a scegliere! Da Adamo ed Eva: lo sapete Eva quanto c’ha messo prima di scegliere la foglia di fico giusta? Come mi sta questa, come mi sta questa, come mi sta questa… Ha spogliato tutti i fichi del paradiso terrestre!
Innamoratevi!
Se non vi innamorate è tutto morto! … Vi dovete innamorare e diventa tutto vivo, si muove tutto, dilapidate la gioia!
Sperperate l’allegria!
Siate tristi e taciturni con esuberanza!
Fate soffiare in faccia alla gente la felicità!……..
Per trasmettere la felicità bisogna essere felici.
E per trasmettere il dolore bisogna essere felici.
Siate felici!
Dovete patire, stare male, soffrire, non abbiate paura a soffrire, tutto il mondo soffre!
Eh? E se non avete i mezzi non vi preoccupate, tanto per fare poesia una sola cosa è necessaria: tutto!
Avete capito?
E non cercate la novità, la novità è la cosa più vecchia che ci sia. E se il pezzo non vi viene da questa posizione, da questa, da così, beh… buttatevi in terra!
Mettetevi così!
Eccolo qua… Oh! È da distesi che si vede il cielo! Guarda che bellezza, perchè non mi ci sono messo prima!?
Cosa guardate?
I poeti non guardano, vedono!
Fatevi obbedire dalle parole! Se la parola… “muro”! “Muro” non ti dà retta… non usatela più per 8 anni, così impara! Che è questo? Boh! Non lo so!
Questa è la bellezza!”

La Befana vien di notte…

LA CALZA DELLA BEFANA – di Sandra Conticini

foto di Sandra Conticini

Mi ricordo quell’anno che trovai una calza che la mia mamma aveva cucito per me. Sì proprio per me.

Era  cucita tutta a mano con degli avanzi di raso rosa, che lei usava per fare le vestaglie  e con una galetta di nastro rosso. Ricordo che nei giorni antecedenti la Befana quando arrivavo nelle vicinanze, nascondeva qualcosa in un asciugamano, però non ci  facevo attenzione… successivamente riuscii a darmi una spiegazione.

Quando la vidi sul camino mi sembrò molto grande  e bellissima,  perché molto diversa da quelle che erano appese nei negozi e fui molto contenta.

Per diversi anni è stata riempita di dolcetti e  carbone, che non mancava mai, e  rigorosamente vero. Poi è venuto il momento che sono stata considerata grande e la  calza non è più stata riempita, non solo, pensavo fosse stata buttata via, perchè non l’avevo più vista e, anche quando l’avevo cercata, non era venuta fuori.

Poi un giorno, aprendo delle scatole in cantina, l’ho ritrovata e così l’ho messa tra le cose da conservare gelosamente.

Stamani mi è tornata tra le mani e sapete cosa ho deciso di fare? Stasera l’attaccherò alla finestra e chissà che qualche Befana di passaggio non ci lasci qualche dolcetto avanzato!    

Il 2021 …..è qui!

Ben arrivato 2021 – di Gabriella Crisafulli

2021: le piaceva quella cifra.

C’era il 20 che nella sua vita era stato la fine di tanti tormenti e l’inizio di qualcosa di nuovo, più sano e felice.

C’era un 2, quante erano le nipoti che avevano dato uno spolvero alla sua esistenza attuale e l’avevano rimessa in perfetta forma o quasi.

C’era l’1 che stava a indicare l’inizio, un ricominciare da capo come nella serie naturale dei numeri interi.

È vero, c’era stata una fine ma adesso era l’ora di un principio.

Sì, sarebbe stato il primo anno della nuova edizione di qualcosa di logoro, consumato dal tempo e dagli eventi.

Non c’era più nulla che poteva mutare situazioni incancrenite nel tempo.

Era sola e vulnerabile ma sapeva di esserlo e questo le dava lo spazio per intraprendere un nuovo viaggio.

Ma forse, poi, non era più così sola e vulnerabile: riusciva a darsi un po’ di compagnia ed era diventata persino capace di ribattere a chi continuava a rimproverarle tutto quel che faceva.

E in questo la pandemia, incredibile a dirsi, era stata d’aiuto perché l’aveva messa di fronte a se stessa, aveva interrotto la fuga dal presente e l’aveva costretta a trovare quelle risorse che non sospettava di avere.

Era stata una sorta di Ok Corral dove erano stati pagati molti conti in sospeso.

Fino a qualche anno prima aveva raccolto idee, sogni, progetti, aspettative nel mondo esterno ma adesso non era più il tempo per tutto ciò: era dal dentro che doveva scaturire il suo futuro.

Era arrivato il momento di essere indulgente con se stessa e con gli altri.

Era arrivato il momento di sedare il desiderio di innalzarsi oltre l’esperienza quotidiana, di voler toccare il cielo con un dito, di provare a scoprire verità nascoste, di cercare di oltrepassare i suoi limiti, di sfuggire al labirinto fatto di sentimenti complessi, intricati e contorti frutto di una dotazione familiare, …

Era arrivato il momento di acquietare la ribellione che un tempo l’aveva aiutata ad evadere da situazioni traumatiche.

Era arrivato il momento di accettare la vita con gratitudine senza respingere e buttare fuori la morte dal suo scorrere.

Già, la morte. Durante l’infanzia nel vagare da un luogo ad un altro veniva accompagnata dal mantra continuo della narrazione di quell’evento da parte di sua madre la quale non era riuscita a superare la perdita del padre. Esistevano anche i silenzi del papà che distillava solo poche parole sul genitore scomparso quando era bambino.

Nella sua mente questa idea di morte era costruita su parole di dolore e di angoscia ma non su persone.

Adesso per lei era fatta dai cinque sensi e da un’esperienza oltre che dai sentimenti.

Adesso la sentiva vicina, come se fosse partito il timer del tempo rimasto.

Ma aveva voglia di provare riconoscenza per la vita che le restava e magari giocare a nascondino con la donna con la falce.

Era arrivato il momento di decantare il rimpianto per chi non c’era più e di distillarlo in gratitudine.

Poteva solo essere dentro al presente, contenta di ciò che le concedeva ogni giorno.

Poteva solo godersi i compagni di scrittura che oggi, a causa del Covid, le apparivano come tanti alieni in uno spazio siderale fatto di pixel.

Provava una grande riconoscenza nei loro confronti, li ascoltava con attenzione e si rivoltava nelle loro parole come una cotoletta nel pangrattato. Piluccava quel che dicevano come le briciole che lascia il pane sulla tovaglia e rilanciava i loro messaggi dentro e fuori di sé in una sorta di tennis virtuale.

Si allontanavano così la paura, la rabbia e il dolore per quella gorgone che era diventata.

Si diluivano i tormenti che, pur continuando a vagare dentro di lei, non le causavano più uno strazio continuo.

Non era più incatenata dalla sua stessa superbia alla propria condizione: non aveva più aspettative nei confronti del futuro se non una quieta leggerezza e la soddisfazione di essere dentro al tempo in cui si trovava.

In punta di piedi stava entrando nella meraviglia del mondo.

La lettura

un regalo di Riccardo Massai da RAI1

Foto di Kranich17 da Pixabay

Di Chandra Livia Candiani: La lettura, da Fatti vivo. Einaudi

Figlia dell’inverno la lettura offre la storia e il silenzio.

Il nero del legno e il bianco della neve.

Il silenzio tra le parole permette alle parole di procedere e, come il silenzio degli animali e dei ricordi, attivo e fertile, non cospira con l’infelicità di dire sempre solo quello che sai già.

Ho bisogno delle parole  degli altri per scandagliare le mie. Ascoltando scrivendo  scopro cosa so.

Le parole sono la casa del mondo,  lo straccio  che lava le cose.

Leggendo, più che comprendere, faccio scioccamente parte della dolcezza d’essere.

Leggo per abitare.

Scrivo per traslocare.