L’odore degli scampoli – di Lorenzo Salsi
Ogni tanto con la mamma si partiva, magari quando non c’era scuola o più spesso nel periodo in cui andavo all’asilo e si andava a comprar scampoli di stoffa per farci camice, alla famiglia, ai parenti ed amici nonché ai clienti abituali che si fidavano ciecamente dei gusti classici della mamma .
Il tragitto era sempre il medesimo: Via Datini fermata dell’autobus 23 fino a Piazza del Duomo o a Via Panzani, secondo le giornate . La fermata di via Panzani era la più vicina perchè il negozio di scampoli e stoffe era proprio sull’angolo opposto in Via de’ Pecori nel palazzo dell’Arcivescovado di fronte al Battistero che con le sue belle porte in bronzo mi affascinava sempre.
Il negozio si chiamava semplicemente “Bianzino”.
Dunque due opzioni per scendere dal tram, in effetti avevano il suo perchè: se si scendeva alla fermata d’angolo con Via Ricasoli si attraversava Piazza S. Giovanni in diagonale e si arrivava da “Bianzino” in un attimo ma era un po’ più lunga e non molto interessante; se la discesa era in Via Panzani il tragitto prevedeva un mirabile passaggio davanti alla pasticceria Scudieri, una delle migliori della città dove alla mamma e al figlio veniva un principio di soffocamento per eccesso di saliva prodotta dalla visione delle vetrine di Scudieri che erano piene di piramidi di cioccolato, caramelle, pasticcini e quanto di più goloso si potesse pensare.
La mamma era un’ infaticabile divoratrice di tutto ciò che poteva contenere zucchero, seguiva le 2 o 3, ma forse erano di più, vetrine della pasticceria con crescente cupidigia facendo finta di niente, poi con non chalance, mi chiedeva se avevo sete o se per caso mi fosse venuta un po’ di fame; domande cariche di aspettative che attendevano con speranza una mia risposta affermativa, la quale non tardava, ferma e sicura, perché come dice un vecchio adagio “le querce non fanno i limoni “.
Risultato finale di tutta questa manfrina: un dito alla crema ( detto anche cannolo ma non a Firenze) a me ed un bignè a lei, una spumina a me credo da 25 lire ed un cappuccino a lei …..
Finita questa goduria si usciva e fatti 20 mt si entrava da “Bianzino”.
Piazza S. Giovanni allora era molto trafficata, passava tutto di là, dal cuore di Firenze, quindi autobus, filovia, macchine, lambrette, barrocci, biciclette, gente insomma, venditori di mais per turisti e piccioni. Su un lato c’era anche il punto di sosta, mi pare alla Loggia del Bigallo, per i fiaccherai con le loro carrozzelle e i cavalli, che in certi casi da come erano vecchi non si capiva se erano i cavalli che tiravano le carrozzelle o erano le carrozzelle che spingevano i cavalli.
La piazza era il fulcro della vita cittadina quindi sempre piuttosto rumorosa e brulicante.
Entrati nel negozio di scampoli tutti i rumori erano attutiti, anzi a volte c’era un silenzio irreale dovuto alla quantità di rotoli di stoffe che dal pavimento arrivavano fino al soffitto e seguivano tutti i muri perimetrali. Stoffe di tutti i tipi, lane pesanti per fare cappotti, leggere per gonne e pantaloni, cotoni per camice e camicette da donna, lini per far vestiti da uomo, ghinee per lenzuoli insomma quello che poteva servire a confezionare abiti e non, lì c’era.
Il reparto che riguardava tessuti per camice era vastissimo, coloratissimo, con una scelta di tessuti incredibile e la mamma li conosceva tutti. Ricordo quelli che mi piacevano più di tutti era l’ Oxford e l’Oxford martellato di colore rosa , un bel rosa molto maschile, morbidissimo al tatto e profumatissimo di buono, di nuovo e di pulito. Pensandoci adesso ho sempre avuto una camicia a maniche lunghe con i bottoncini al collo e cannoncino sulla schiena di color rosa.
Tutti i commessi conoscevano la mamma ed erano veramente molto gentili, premurosi e se la mamma era indecisa , prendendoli dagli scaffali, le mostravano diverse pezze srotolandole per 2 o 3 mt .
I banconi su cui venivano poggiate le pezze erano in legno massello di un colore caldo, sempre profumati di cera per mobili ; anche i metri che usavano era in legno con le punte rinforzate in ottone mi piacevano da impazzire.
Silenzio e profumo erano le caratteristiche di quel negozio ed il profumo era dato come ho detto da le stoffe, dal legno ed i prodotti per tenerlo pulito ma anche dai dopo barba dei commessi sempre inappuntabili e ben vestiti anche se a volte indossavano una gabbanella grigia.
Fra silenzio e odori quasi ti veniva fatto di parlar sotto voce. In tante volte che la mamma mi portò mai sentii rumori molesti o fuori posto. Il rumore più classico era la pezza, che srotolata dal commesso, dava un tonfo morbido e quasi rassicurante sul bancone e come erano bravi i commessi ad aprire la pezza, con un colpo di mano e polso ben assestato facevano roteare in aria lo scampolo avvolto quasi sempre su di un’anima di cartone schiacciata, o, ora i ricordi si confondono, ma mi pare che queste ”anime” rigide fossero anche in legno, altri tipi di stoffa erano arrotolati per lo più su tubi di cartone ben rigido.
Dicevo dello scampolo fatto volare che poi poggiavano sul bancone, lo misuravano, lo tagliavano e lo impacchettavano in una carta azzurrognola a quadrettini piccolissimi col logo Bianzino e la consegnavano al cliente, parevano giocolieri agili, veloci ed appassionati.
Avuto il pacchetto si andava alla porta ed appena la si apriva per uscire il mondo esterno si presentava immediatamente con il suo rumore ed il suo odore , i cavalli dei fiaccherai avevano la parte da protagonisti per gli effluvi, vista la copiosa quantità di prodotti intestinali, ogni tanto uno spazzino appariva col suo barroccio a 2 o un bidone , la scopa e la pala per raccogliere le fatte degli equini.
Girando intorno al Battistero e al Duomo si arrivava al Canto de’ Bischeri e da lì in Via del Proconsolo per la fermata dell’autobus, in realtà ce n’erano 2 prima, una alla Misericordia ed un’ altra dopo 150 mt , ma la mamma preferiva far “du’ passi” per guardare il Duomo “anche da dietro” diceva .