Ricordi bianchi

Le vele bianche dei ricordi – di Stefania Bonanni

Foto di Willi Heidelbach da Pixabay

I ricordi sono bianche vele piegate e legate strette da corde sicure, che un venticello puo’ sciogliere e gonfiare, e spiegare e spingere, che fanno viaggiare veloci imbarcazioni ferme da tempo che i marinai credevano fuori uso, pronte per lo smantellamento. Sapevo di avere vele bianchissime, negli occhi, le ho cercate e trovate, così  bianche da far brillare il resto, così fresche da profumare di vento, così fragranti da essere nello stesso tempo morbide e croccanti, al tatto e all’udito. Così semplicemente bianche, da sventolare per sempre. Ha scritto Pamuk, che la vita che si è fatto fino all’età di dieci anni, resta in noi per sempre, pronta ad affiorare, al bisogno. Io ci ho fatto affidamento su quelle vele, che ho ripensato come ali e rifugio. Possibilità di volare,  al sicuro di un porto sereno. Erano bianchissime lenzuola stese su fili di ferro, a sfiorare l’erba del prato del lavandaio, davanti a casa. Il prato cominciava proprio davanti. Era un tappeto verdissimo, senza sassi, senza pozzanghere, con  l’erba tenuta corta, perché non ci si fregassero le lenzuola ,  mentre ballavano al ritmo di misteriose melodie. Quando dicevano: “dove sono i bambini?”, la risposta era sempre “nel prato “. Subito, dalla mattina. Era un posto perfetto: lì,  davanti a casa, ma a momenti nascosti alla vista.  Ci si sentiva liberi. L’unica cosa a cui si doveva stare attenti erano le mani, che non dovevano essere sporche di marmellata o, pericolosissimo, di cioccolata. Si era sentito di impronte digitali, ed eravamo sicuri che avrebbero fatto l”esame, se avessero trovato impronte. Era come stare dietro un sipario, in una scenografia fantastica che diventava qualunque cosa,  a patto fosse bianca. Un giorno erano montagne con tanta neve, dalle pareti così lisce che rendevano l’arrampicata impossibile. Un giorno ventoso erano  mare, con onde altissime. Un giorno tende nel deserto, quando era estate calda, ma noi eravamo all’ombra. Un giorno erano sipari, che all’improvviso potevano aprirsi e mostrare i nostri numeri di ballo, di giochi di prestigio, o sfilate di moda. Lì ci sono stati castelli con tanto di ponti levatoi a difesa dell’entrata, o accampamenti di soldati nemici , che dovevano fare attenzione ai cavalli, che non sporcassero. Una dimensione magica, che solo il vento poteva cambiare. Quando aveva asciugato in fretta, a volte si restava allo scoperto. Per fortuna lavavano lenzuola in continuazione, ce n’erano sempre, di bagnate da stendere. Il vento gentile dell’estate che passava e si faceva scorgere solo nel movimento delle lenzuola, le faceva somigliare a ballerine di danza classica. Lasciava di se’ una scia profumata di acqua fresca e sapone giallo in pezzi grossi.

Poi, si tornava a scuola, arrivavano le piogge, il prato si riempiva di fango, i lenzuoli venivano stesi nella stanza del calorifero. Per fortuna durava poco, sembravano giorni più lunghi, di più,  più  freschi, più caldi, più colorati, più  bianchi,  quelli dell’estate. Alcuni di quei bambini sono forse rimasti tra quelle lenzuola, nel prato sembra faranno un parcheggio. Per fortuna, nessuno puo’cancellare tutto quel bianco dagli occhi di quei bambini, ne’ lo può toccare, cambiare, colorare. Sarà bianco, per sempre.

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

3 pensieri riguardo “Ricordi bianchi”

  1. Sembra di sentire tutto: il vento, le voci,il croccante delle lenzuola…il lento e SOMMESSO cigolio dei fili….qualche mollette vola…un bimbo ride..
    Bello/ bello

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