Bianco e nero in una foto

Foto in bianco e nero – di Nadia Peruzzi

Foto di Free-Photos da Pixabay


E’ una piccola foto che mi giro per le mani da qualche tempo. Ci sono due ragazze con abiti di 60 anni fa. In braccio una delle due ha un fagottino con pochi capelli, agghindato in un vestitino con una gonna ampia. Anche quello del tipo che oggi non se ne vedono quasi più. Immagine che trasmette serenità, leggerezza, promessa di futuro.
Quando le si va a cercare foto come questa spesso non è un bel segno. Nella bonaccia e nel tran tran si sa di averle, sono parte di te anche se non le guardi mai, sai sempre in che punto dell’album si possono trovare al primo colpo. Pezzi piccoli o grandi del mosaico che compone le nostre vite.
L’ho ripresa in mano e carezzata il giorno prima del mio compleanno appena è arrivata la notizia che la cugina di mia mamma, la ragazza che nella foto mi tiene amorevolmente in braccio, non era più con noi.
In ospedale per accertamenti, è arrivato il covid e se l’è presa, lasciando vuoto e incredulità insieme, dolore e incapacità di prendere atto.
Nessuno ha potuto assisterla in ospedale, nessuno ha più potuto vederla, carezzarla, accompagnarla nel viaggio definitivo. Cose che sappiamo, ma quando ti toccano dilaniano.
Si resta sospesi come devono esserlo state le famiglie dei dispersi in guerra. Senza aver potuto piangere su quei corpi, in un angolino del cuore resta sempre una porta aperta su un altrove dove l’impossibile potrebbe anche tornare possibile.
Ancora oggi si fatica a distanza di due mesi a realizzare che sia successo davvero.
Eppure la realtà bussa alla porta.
E devi ammettere e accettare che un altro pezzo fondamentale di vita e di affetti non c’è più, mentre la fragilità e la sensazione di solitudine si insinuano come piaga in tutto il tuo essere.
Brutta bestia il dolore che non si accontenta di sbatterti in faccia un caso per volta e finita li fino a che non si presenta il prossimo. No. Li riapre tutti. Non in un rivolo o in una sola goccia. No!  In una cascata intera o in un uragano a cui non si riesce a frapporre barriere.
Nella vita di ciascuno ci sono figure che contano più di altre. Oltre i gradi di parentela scritti su carta ci sono gli intrecci reali, i ruoli, i sentimenti, le affinità a creare legami inestricabili che accompagnano ogni stagione della vita.
A guardare quella piccola foto avremmo potuto essere quasi madre e figlia. Per scarto d’età ci mancava un soffio. Negli anni è stata un po’ sorella maggiore durante i mesi delle mie vacanze estive a Genova, quando insieme andavamo al mare e a esplorare gli angoli della città che ho imparato ad amare come un pezzo importante della mia storia personale. Crescendo il ruolo di sorella maggiore si è attenuato, lei è tornata ad essere la cugina della mamma e in ultimo, quando la differenza d’età si era fatta sottile fin quasi a passare in secondo piano, una donna con cui rapportarsi da donna.
Ognuno di questi passaggi lo senti perduto per sempre, mancano i nessi, i raccordi, manca tutto e il pensiero non basta a colmare il vuoto che senti. Realizzo oggi mentre scrivo e riesco dopo molto tempo a trovare la voglia e la forza di tornare a scrivere che a destabilizzare è proprio la consapevolezza che manca un punto di raccordo. Perché la ragazza che ho sentito per molto tempo un po’ sorella maggiore, era nello stesso tempo un po’ sorella minore di mia mamma per le circostanze della vita vissuta da entrambe.
Un cerchio ci ha tenuto unite in tutti questi anni malgrado i chilometri di distanza e i tempi a volte dilatati nei quali col passare del tempo potevamo poi realmente vederci.
Quello che resta ora è un cerchio frantumato. Rimane solo un piccolo pezzo mentre gli altri due son volati via.
Restano i ricordi, ma sono ricordi che scavano voragini e non accennano ancora a far bene.
Nemmeno quando rivedi quelle foto in cui tutti son più giovani di 30 anni buoni, sprizzano gioia e serenità dopo aver raggiunto la meta prefissata di una lunga camminata in montagna.
Vero che per un attimo te li senti vicini, quasi riesci e sentire le voci e le loro risate. Diventano vive e si fanno sonore, mentre anche gli occhi e gli sguardi sembrano parlare.
Poi tutto torna a spegnersi e devi fare i conti con l’anima a pezzi che faticano a ricomporsi. Non c’è modo ancora di poter veleggiare in un mare meno tempestoso e destabilizzante.

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

5 pensieri riguardo “Bianco e nero in una foto”

  1. Sì Nadia, è così: “Restano i ricordi, ma sono ricordi che scavano voragini e non accennano ancora a far bene.”

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  2. Quanto ci costa il distacco definitivo dalle persone care! È vero, il ricordo non riempie mai quel vuoto…hai saputo raccontare con una certa leggerezza un tema così doloroso

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