Due passi nel nulla, nel tutto – di Laura Galgani

Quando il tuo piede affonda nella neve fresca ti sembra di fare un piccolo passo nel vuoto.
Non sai quando la suola della tua scarpa troverà qualcosa ad opporle resistenza. E’ solo una frazione infinitesimale di tempo, ma in quell’attimo ti devi abbandonare. C’è un’incognita sotto di te. Il tuo piede potrebbe non trovare qualcosa che lo sostiene, il manto bianco abbagliante potrebbe rivelarsi precario, come uno spesso lenzuolo teso fra due speroni di roccia che nasconde solo il vuoto. E allora potresti precipitare giù, nell’abisso, nel crepaccio, nel niente.
Invece no. La neve subito si compatta e diventa dura come cemento. Semmai sprofondi fino al ginocchio in quella polvere così fine, impalpabile. Te ne porti una manciata alla bocca e ti rinfreschi, dissetandoti.
Alzi gli occhi. La nebbia avvolge tutto, quassù, a quasi tremila metri. Il rifugio Rosetta è là, da qualche parte, più in basso, ma non si vede. E’ mezzogiorno ma le nuvole bianche, ora compatte e spesse, ora sfilacciate, lasciano solo intravedere il disco del sole, di un bianco lattiginoso che ne smorza la potenza. Fiocchi di nebbia ti lambiscono, ti accarezzano i fianchi, le spalle, il volto. Le respiri, senti le goccioline salire su per il naso, facendoti sorridere. Un altro passo, la neve scricchiola, affondi, ti senti precipitare ma ancora una volta il piede si ferma. Pensi che è proprio vero, per imparare a camminare bisogna lasciarsi cadere …
Ti appoggi con una mano al muro candido e freddo che si innalza alla tua destra. Il tuo guanto rosso lascia per un istante come un’ombra, una traccia di sé, un riflesso di colore sulla parete immacolata. E’ una goccia, un segno evanescente del tuo passaggio che dura solo il tempo di un respiro.
Si alza un po’ di vento e porta con sé cristalli di acqua ricamata. Se ne poggiano alcuni sul tuo piumino azzurro e sembrano atterrati sopra un cielo al contrario. Li guardi, sono perfetti: un ricamo complicatissimo che ripete migliaia di volte un intreccio perfetto che sa di poesia.
Le nuvole si fanno leggere, la presa si allenta e alcune davanti a te si fanno più luminose. Riflettono un raggio di sole che si fa strada fra i fiocchi di vapore mentre si sollevano e si dissolvono più in alto. Riesci a intravedere il rifugio, il tetto carico di una coltre nevosa, le finestre con le ante aperte, un cuore intagliato nel legno le ingentilisce. Ti fermi a respirare quel momento. Tutto è sospeso, tutto è possibile, tutto è bianco, perfetto così com’è. Ti senti calma e serena, appagata. Se la tua vita finisse in quell’istante saresti felice perché il viaggio verso l’assoluto sarebbe facile, breve, leggero.
“Mamma, mamma, dai, muoviti, abbiamo fame!” Eccoli lì, i tuoi figli, il vostro cane, tutti a saltellare felici nella neve. Corrono sollevando polvere, ruzzolano imbiancandosi e ridendo con quel grosso cane nero spolverato di bianco che sembra impazzito per la novità.
E’ il 27 marzo 2016. E’ Pasqua, la Pasqua più bella della tua vita. La luce della Resurrezione si è fatta realtà, respiro, cosa da toccare. Ti senti colma di gratitudine e riconoscente ti volti a guardare dietro di te quella croce di legno che all’improvviso, emersa dalla nebbia, dalla cima del monte sovrasta tutta la conca innevata.
E allarghi le braccia, come lei, per accogliere tutto.
Bello il tuo quadro Laura: te, i tuoi ragazzi, il cane e tutta quella neve che ti abbraccia come la croce lassù.
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Respirare fiocchi di nebbia…
Così bello da leggere…da ascoltare…
Tutto è possibile: vivere, gioire, allargare braccia….e respirare
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