Il labirinto di legno – di Rossella Gallori

Da troppo tempo vagava in quel cassetto, era diventato un piccolo tarlo impazzito, entrava ed usciva tra lettere grondanti piombo, in un labirinto di legno scuro e consumato, si nutriva del vecchio inchiostro per comporre pensieri :
ti rimetto nel mio ventre per mesi e mesi…poi ti faccio uscire quando voglio, in un mondo sano.
Fu quasi schiacciato da una pesante A maiuscola, mentre, da linotipista esperto, cercava virgole e punti per scrivere sogni:
Ci baceremo ancora una volta ed una volta ancora, cammineremo per mano e la tua stringerà la mia.
Trovò una piccola fessura e da vermiciattolo come era, non ebbe paura del poco spazio:
Mi vestirò di velluto cremisi e gli applausi non saranno mai troppi, sul palco solo io da piccolo tarlo a grande attore.
Il cassetto Hamilton era il suo labirinto magico, nelle piccole tasche dell’ abituccio macchiato, trovò altre lettere, ed ancora piccole frasi salirono dal cuore ansimante, alla bocca:
Ti riprendo dove ti ho lasciato, ma non sarai vecchio e stanco sarai forte, bello come un tempo, passerò la mia mano tra i tuoi capelli, per avere un sorriso e non avrò più freddo.
La polvere non gli aveva tolto l’ appetito, inghiottì, una piccola scheggia di quel vecchio legno povero, continuando a vagare con il pensiero:
Non sarò più solo, non avrò paura delle lunghe notti
d’inverno, di anni bisestili amari come il fiele.
Quel dedalo buio lo faceva avanzare a tastoni, nella magica “tipografia del perdersi” agganciato alla gambetta storta di una anonima q, scrisse ancora una piccola frase:
Sono impazzito, di dolore, di solitudine, di parole cattive, di una vita non mia, di una patologia non riconosciuta, di una tristezza dentro, fatta di incubi veri e presunti, di poesie brutte scritte con amore, di racconti piccoli e striminziti pieni di errori…..
…..Il vecchio falegname entrò svogliatamente nella cantina di via de’ Macci, sbatté a terra il cassetto Hamilton del vecchio lavorante de la Nazione, deceduto da tempo, l’ inchiostro secco si sgretolò, alcune lettere si deformarono nell’ impatto, il piccolo tarlo, fu schiacciato con i suoi pensieri sul pavimento sconnesso da una pesante scarpaccia numero 43….
.
Labirinti, cassetti, parole……tormenti e lettere, tarli che parlano come paure nascoste ….
"Mi piace""Mi piace"
Atmosfere magiche !La tipografia del perdersi l’ho trovata geniale
E le stoffe dai colori vivaci to sembra di toccarle sentendone profumo e fruscio.Bello Ross.
"Mi piace""Mi piace"
Fantastico il tarlo così meticoloso e instancabile…Ma basta uno scatto forte e la scarpa lo rinvia a miglior vita. Una tipografia dove le parole hanno composto pensieri,sonetti, gioie e disperazioni. E come la vita si forma con tanta pazienza e cura , così lìaltra parte di essa , la morte, interrompe in un attimo un lavoro così minuzioso…grazie Rossella
"Mi piace""Mi piace"
L’odore del legno vecchio, quello dell’inchiostro, il sonoro del rodio del tarlo, quello della falegnameria e della tipografia: un tempo passato che torna attraverso i suoi personaggi e interpreti. E con l’insetto scompare.
"Mi piace""Mi piace"