Sogno indaco

Il pavone in sogno – di Nadia Peruzzi

Foto di Goran Krejačić da Pixabay

Ci vogliono i sogni per far riaffiorare quello che vorresti tenere nei cassetti se non di fondo,  almeno di mezzo. Lì dove proprio male non fanno più, ma un pizzico di fastidio riescono a darlo ancora, come un piccolo tarlo che lavora instancabile nel legno logorandolo anche se sembra che non sia così.

Laura stava galleggiando in uno dei suoi sogni. Di quelli che arrivano sul far della mattina e restano in superficie e come un battito d’ali di libellula te li ritrovi a sfruzzicare l’anima appena apri gli occhi e riconquisti la dimensione del reale.

Si rivide nitidamente su quella scala. Stava scendendo,  dopo la fine di uno spettacolo a teatro che non le era nemmeno piaciuto tanto. Stava per guadagnare l’uscita.  Sentì una voce. La sua voce calda,  che la raggiunse ancor prima di vederlo. Si fermò. Non sapeva se andare avanti o tornare indietro per trovare un’altra uscita.

Titubante decise di scendere ancora e a questo punto lo vide. Le girava le spalle.  Era seduto su un divanetto stinto, con accanto una squinzietta anonima e palliduccia,  di quelle tutte smorfie e poca sostanza.

Ridevano mentre si baloccavano piluccando pop corn,  come degli adolescenti alla prima uscita in due.

La voglia di fuggire stava mettendo le ali ai piedi di Laura, ma non le cedette e disse un bel no dentro di sé.  Condito bene bene da una colorita espressione che spesso prendeva in prestito dal dialetto siculo.

La scandì più volte per farsi coraggio.  Con quella e il vestito color indaco che indossava trovò tutto il coraggio che pensava fino a poco prima di non avere a disposizione.

Sapeva di essere bella in quell’abito.  

Lo vide attraverso gli occhi di lui che appena se la vide di fronte presero quel che di bovino stralunato che alcuni uomini lasciano trasparire quando si trovano in fallo.

La squinzia, come se niente fosse, invece continuava a piluccare il suo pop corn come se non sapesse fare altro.

Laura nel salutare sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi,  calmi, soddisfatti, appagati e sereni. Era lui in estrema difficoltà. Si vedeva bene.

Non si aspettava di vedersela comparire, tanto più avvolta in quell’abito elegante che la fasciava accarezzando tutte le sue forme in quella nuvola blu viola.

Lui non trovò il coraggio di presentarla si limitò ad un saluto imbarazzato. Del resto altro non poteva essere.

La storia con Laura per lui non aveva significato granché. L’aveva presa con leggerezza. Sfuggevole, anguillesco e in fondo troppo infantile e bambino per immaginare da lui un impegno che non era nella sua natura. Un bambino di 50 anni malato di narcisismo è un pavone che la sua ruota la dedica a sé stesso,  pretendendo dagli altri di far corte ma non di essere protagonisti alla pari.

La storia con lui era finita nell’unico modo possibile.  Male.

Eppure Laura per molto tempo non era riuscita a farsene una ragione. Aveva pianto ed era stata male. Quanto aveva sofferto non era riuscita a confidarlo a nessuna delle sue amiche,  tanto meno a sé stessa fino in fondo. Ci voleva quel sogno per rimettere le cose al loro giusto posto.

Lui  ricondotto alla meschineria infantile che usava per fuggire, lei finalmente consapevole della colossale cantonata che aveva preso.

Mentre si svegliava  del tutto a Laura sembrò di sentire ancora il fruscio del vestito che le accarezzava le gambe mentre varcava la soglia,  facendosi inghiottire dal via vai affaccendato che c’era nella strada. Appena fuori,  aveva guardato in alto  alla ricerca delle prime stelle. Punteggiavano la volta di un cielo infuocato,  ad oriente,  mentre sul resto era l’indaco a farla da padrone. Quella visione tranquillizzante riusciva a stemperare anche l’ultima stilla di disappunto mentre allungava il passo.

Si alzò da letto rilassata e avvolta da una sensazione benefica che l’accompagnò per tutto il giorno.  

Si era liberata finalmente di un fantasma.

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

7 pensieri riguardo “Sogno indaco”

  1. Sembra che questa mattina tu abbia letto nel mio diario!
    La conclusione non è cosi vivace come la tua, ma sono solo le 10,30 e c’è il sole.

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  2. Allooooora, ammesso che l’ invidia sia una cosa sana…si lo ammetto sono invidiosa vorrei averlo scritto ioooooo!
    Sinceramente mi è piaciuto un sacchissimo…
    Non sarà un commento tra i più ele ganti ma la penso proprio così
    …,

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  3. Una bella pagina, bello il cassetto di mezzo, a questo punto della vita pieno alk’inverosimile, conosciuti da tutti, penso, quegli occhi bovini di maschi colti in difetto.

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  4. Ross ..allora si fa a invidiarsi..io vorrei saper scrivere tutte le cose che sai scrivere tu col tuo modo sciolto e vaporoso ..come le tue stoffe !!!

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  5. Grazie Stefania ..ho optato per il cassetto di mezzo..perché in quello di fondo ci avevo già messo troppe cose. E si lo “sguardo bovino di maschio colto in difetto” ha colpito anche me ,mentre lo stavo fissando su carta!

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