Appoggiarsi sull’arancione

Diosperina – di Gabriella Crisafulli

Si era bloccata un’altra volta.

Non camminava: malgrado le creme, le pasticche e le goccioline varie, non riusciva a camminare e il dolore era forte.

Era stata sconsiderata: lo sapeva.

Si era comportata come una donna intera mentre invece adesso, nella sua nuova vita, era a pezzi.

Ma non si fece prendere dalla disperazione: non poteva permetterselo.

Prese l’automobile e a fatica si diresse verso la seduta di fisioterapia.

La gamba le doleva ma riuscì ad arrivare.

Parcheggiò, venne fuori dall’auto e, appoggiandosi alle sue bellissime stampelle arancioni, riuscì a muoversi. In fondo era contenta: a dispetto di quel che le succedeva, ancora se la cavava.

Era in anticipo sull’ora dell’appuntamento così si diresse verso un bar per prendere un cappuccino.

Mentre si avviava verso il bancone vide quegli occhi che venivano fuori dalla mascherina e la riconobbe: si fermò un attimo, la riguardò e fu sicura che era lei ma non era stata riconosciuta.

Gli occhi grigi, rispondendo al suo sguardo, esprimevano un interrogativo.

Si riprese e andò a ordinare il cappuccino: nel frattempo doveva decidere se salutarla o no.

Venivano fuori a grappoli i ricordi di un’amicizia che forse non era stata tale se erano passati quarant’anni in cui non si erano cercate.

L’aveva amata.

Era stata l’amica a chiudere dopo che le aveva inviato una poesia di Pasolini, ma non ne ricordava le parole.

Si innamorava sempre delle persone: sua madre glielo rimproverava in continuazione.

Era un amore fatto di dipendenza.

Decise che le avrebbe rivolto la parola.

Nella sua nuova realtà non c’era più posto per scappare.

Così si avvicinò e disse il nome, un nome non comune: non ci potevano essere equivoci.

Ma l’amica non ricordava.

Si dovette togliere la mascherina per essere riconosciuta.

Si parlarono come due conoscenti abbastanza guardinghe.

Era soddisfatta.

Non si era vergognata di come era, di come appariva.

Nella sua vita era esplosa una bomba e si vedeva.

Tutti i suoi pensieri, sentimenti, idee, sogni, illusioni, speranze, azioni, affetti, … erano stati sbalzati fuori dai loro scaffali ordinati, proiettati ovunque e mescolati in una completa tempesta metereologica. Come prima dell’esplosione c’era tutto ma la fruibilità dei singoli elementi era diventata estremamente complessa se non impossibile.

Si perdeva all’interno di questo.

Portava in sé la dolorosa fragilità di tenere insieme il tutto ma c’erano quelle meravigliose stampelle arancioni che l’aiutavano a sorreggere il peso.

Stava lentamente rimettendo a posto ogni pezzo della sua storia e non provava più imbarazzo, o quasi, di essere quella che era.

Si era confusa solo nel dire in che via era diretta.

Sapeva che sarebbe stata giudicata.

Per capire quell’incontro si affidava alla sua lentezza nel comprendere e attendeva quel che sarebbe venuto, quando fosse venuto.

Nell’immediato non lo sapeva.

Ma era sempre così.

Ma lei era così!

Aveva impiegato anni per rendersi conto perché l’amica ritrovata chiamasse la sua 500 “diosperina”: per molto tempo non le era venuto in mente il colore arancione!

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

3 pensieri riguardo “Appoggiarsi sull’arancione”

  1. ” si innamorava sempre delle persone” forse perchè voleva essere amata? pochi hanno voglia di aiutarti a rimettere insieme i pezzi…è faticoso.
    Complimenti …Non scappare mai…!!!

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  2. Tanto dolore e tanta vita ardente in questo riconoscimento di volti raccontato con pudica delicatezza.Bello davvero.Da ricordare:”mi innamoravo sempre”.👀👀😀😀

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