Il paradiso dei cachi – di Gabriella Crisafulli

L’aria era frizzante.
Alle prime luci del mattino i rami rigavano lo sfondo creato dalla pianura nebbiosa.
Si muovevano fra gli alberi alla ricerca del punto migliore dove fermarsi mentre, intorno a loro, i colpi aumentavano con l’avanzare del giorno.
Trovato il posto più adatto, lui si fermò per scrutare il cielo, saggiare il vento e ascoltare i versi poi si rimpiattò dietro ad un folto cespuglio per iniziare l’attesa.
Di tanto in tanto suonava lo “zipito” che lo aiutava nel suo intento.
Lei appoggiò le spalle ad un tronco e cominciò a svegliarsi.
Per arrivare lì si erano alzati due ore prima e, Dio solo sa, quanto le fosse difficile lasciare il sonno così presto.
Si era fatta trasportare fino a quel campo e adesso, mentre cominciava ad esserci con la testa, si guardava intorno e ascoltava gli spari ovattati dalla bruma.
Vide che erano in un frutteto e che ai rami nudi pendevano dei grossi, grassi cachi.
All’improvviso era perfettamente sveglia.
Allungò la mano e ne colse uno che si staccò facilmente.
Non aveva fatto colazione e poi lei ne era golosa.
Lo portò alle labbra.
Lo morse.
Si ritrovò in bocca un succo dolcissimo che avvolgeva quella polpa scivolosa e gelatinosa: gliela riempiva
tutta.
Si rese conto di essere in un paradiso terrestre e che tutto quel ben di Dio era a sua disposizione.
Non si fece domande sul proprietario del campo né sull’opportunità di quel che stava facendo e cominciò a mangiare un diospero dietro l’altro.
Quando lui se ne accorse, cominciò a dirle di smettere, che si sarebbe sentita male: ma lei continuava imperterrita al massimo del godimento.
Non fu la sazietà a fermarla né le esortazioni ma una gragnuola di pallini provenienti dai colpi sparati dai cacciatori sparsi intorno, alla ricerca del tordo perduto.
Dovettero andar via di lì.
Quella fu la prima ed ultima volta che si recarono a caccia insieme.
A lei rimase sempre il rammarico di non aver potuto mangiare più cachi di quelli che aveva fatto fuori.
Divertente e ghiotto di coloriSolo una cosa,da vecchio fiorentino la parola cachi non mi piace.Avrei preferito “diospero “.Spero che mi scuserai.
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Diospero o cachi frutto misterioso, nel nome e nell’aspetto, colorato e ornamento vegetale….legato per me a un tempo da favola di giardini e di nonni…
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Adamo ed Eva…il paradiso, persi, ma non troppo in posto di chi sa chi, con l’arancio che incombe …coloroso…diosperoso…Amoroso…
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Adoro i diosperi!!! Mi piacerebbe fare come lei: uno dietro l’altro, senza pensare alle conseguenze. Frutto da giardino dell’Eden, giardino della nonna, giardino antico. Giardino dei miei sogni…
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Buonissimi i diosperi,bella la pianta con suoi frutti colorati.
Bello.
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