Ritorno dal pianeta arancione – di Luca Di Volo
Sembrava che quel posto fosse incastonato nel tempo. Un solo attimo fermo, eterno, un’istantanea foto congelata.
Eppure gli eventi si succedevano, ma sembravano, in qualche modo “fuori”. Non c’era altro modo di definirli.
Lui e la sua compagna avevano avuto figli e figlie, tanti…e a loro volta anch’essi avevano generato una prole che generazione dopo generazione aveva finito per popolare quello straordinario pianeta.
Quindi, in qualche modo il tempo passava, se lo si pensava come una lunga catena di avvenimenti. Ma forse non era così, forse la definizione non era quella giusta. Prima di tutto perché loro due non invecchiavano…e i loro figli sì. E morivano anche. In un modo calmo. . senza sofferenze, a volte sorridendo…ma morivano.
Un’altra incongruenza: i loro discendenti sembravano immuni dall’istinto aggressivo che aveva connotato tutta la stirpe degli uomini. Non si facevano guerre su quel mondo stupefacente.
Ma c’era altro.
Era sorta una specie di civiltà…. perchè “era” una civiltà. Però non tecnologica…. difficile da capire, per loro due. Ne avevano parlato: come definirla. . biologica. . mentale? Avevano anche una lingua, ma potevano non usarla. Con loro preferivano comunicare nel modo non verbale, un modo chiarissimo, per la verità.
Il simbolo mentale per i progenitori era qualcosa che si poteva tradurre con “MadrePadre”. . sia pur con una certa approssimazione che non rendeva bene il concetto.
Altra curiosità: erano nudi. . su quel mondo del resto non faceva mai né caldo né freddo. . un’eterna primavera. E questo a lui, da bravo scienziato, confermava l’idea di essere in una specie di “bolla”. . atemporale…. .
Comunque, quando fu il momento, cominciarono le domande. Su tutto…e su tutto le risposte erano vaghe, incerte. . sembrava che fino ad allora non si fossero accorti di quanto poco sapevano. E quando lui, come astrofisico tentò di spiegare la relatività, che era l’arma più raffinata disponibile per indagare l’universo, vide che il gruppo che li interrogava cominciava a tentennare il capo, a fare qualche gesto di disappunto.
Ci rimase male: ”Cosa c’è…vi sembra sbagliata. . ?!”
Rispose una delle loro discendenti, una negretta dagli occhi azzurri e i capelli biondi…. forse un portavoce. .
“No, MadrePadre. . sbagliata no…limitata, forse,ma non comprende tutti i casi. Se fosse tanto definitiva, significherebbe che le stelle sarebbero per sempre al di fuori della conoscenza. . non ci arrivereste mai…. Ma per fortuna non è così. . ”
Il vecchio scienziato che era in lui espose come un vulcano…”E allora com’è…?!
La loro propronipote aprì la bocca per spiegare….
Ma in quell’attimo successe.
Come la prima volta. Un attimo prima era illuminato da quel gioioso sole arancione . . e un attimo dopo si trovava con gli occhi feriti dalla violenta luce artificiale dell’osservatorio del Cerro Paranal, a 5. 000 metri sulle Ande. Non c’era stata neppure l’ombra di una qualsiasi sensazione di cambiamento.
Si riscosse al suono del telefono. Era il direttore dell’osservatorio. ”Ciao…solo per curiosità…come mai hai orientato i telescopi sulla Sigma Octantis…la Polare del Sud?! Ci hai visto qualcosa. . se è così dimmelo, vai…”
Non aveva risposte…farfugliò qualcosa che però sembrò soddisfare l’interlocutore. . per fortuna.
E allora guardò sul display…. Così quella era la stella Sigma Octantis. . la Polare del Sud…Un astro insignificante. . di quinta grandezza a malapena visibile ad occhio nudo, anche con quei cieli gloriosi.
Però era uno dei due terminali dell’asse di rotazione del pianeta. . l’altro era dall’altra parte del mondo. . la stella Polare sotto cui era cresciuto prima di avventurarsi sotto quei cieli stranieri.
L’osservò con attenzione…colore arancione, lievemente più fredda del Sole, classe spettrale F invece che G…ma praticamente una gemella. . a trecento anni luce di distanza.
Forse era una coincidenza…ma quel colore, quei colori fantastici…. Perché lo turbavano tanto…?! Ricordò: Dio mio, lui c’era stato. . il pianeta arancione…la sua compagna…i suoi figli. .
E fu in quel momento che l’immagine della stella svanì per essere sostituita da una scena familiare. . anzi “troppo” familiare.
Erano gli stessi che poco prima gli si erano raccolti davanti, su quel mondo arancione.
Parlò la sua discendente, l’affascinante negretta: ”MadrePadre …vi onoriamo. Abbiamo un messaggio per voi…”
La voce gli uscì strozzata “Da trecento anni luce. . ?!”
“Sì. . ma non importa. Ti dico che tra otto giorni saremo sul vostro pianeta. . potevamo anche far prima, ma abbiamo voluto che foste preparati. . ”
Otto giorni. . trecento anni luce…”Ma parlate sul serio?!”
Gli rispose il silenzio . . ma era assordante. Eccome se parlavano sul serio…
“Ma perché lo dite a noi…e poi la mia compagna non è più qui…”
“Non è vero. . guardati attorno. ”
Si voltò: lei era lì accanto a lui. Allora era tutto vero…
Per un momento fu sopraffatto dalla gioia. . ma . . niente era gratis. . anche nel migliore dei mondi. .
“E noi cosa dobbiamo fare. . ?!”
La risposta fu quasi crudele: ”Niente. . solo preparare il vostro mondo. . i vostri governanti. . i vostri capi. . avvertiteli che tra otto giorni arriviamo. Diremo solo a voi dove. . al momento giusto”
Ingenui da morire i loro discendenti
“Non pensateci nemmeno. Non avete idea in cosa andremmo a scontrarci…. ”
“Chi ti dice che non lo sappiamo?! Ma sappiamo anche che ce la farete. . non chiedeteci “come”. . ma lo sappiamo. Ora vi onoriamo MadrePadre e vi mostreremo il nostro amore tra otto giorni. . ricordate: tra otto giorni…”
Otto giorni per distruggere il mondo…sorrise amaramente. . uno in più di quanto ci fosse voluto per crearlo…. ma l’ottavo giorno era anche il simbolo dell’eternità…
Abbandonarono l’osservatorio. A bordo di una Jeep in dotazione scesero dai picchi Andini.
Il profondo indaco dei cieli del Sud sembrò parlare. . confortandoli. No, non ci sarebbe stata nessuna battaglia di Armageddon.
Loro e i loro discendenti l’avrebbero evitata.
E così sia, dissero i cieli del color dell’indaco.




























