Ispirazione da un film – di Vanna Bigazzi
“Cari fottutissimi amici”
È un delizioso film, quello di Monicelli, non lo avevo visto ed è stato una sorpresa. Certo la simpatica “banda” arriva a dedurre che è meglio sopravvivere, anche miseramente, piuttosto che vivere con “esperienze,” a detta di Villaggio, ma a che prezzo…Almeno questo io ho inteso. C’è il motto contrario che recita: ”Meglio un giorno da leoni che cento da pecore” chissà, ognuna delle due ha una sua motivazione e probabilmente sono valide entrambe a seconda del vissuto di chi le esprime. La prima deduzione è un po’frutto di una stanchezza di vita, porta con sé delusione, accettazione, accomodamento, comunque attaccamento alla vita. L’altra invece, sprezzo della vita ed esaltazione dell’avventura. Diciamo che elemento di base, per entrambe è il coraggio. Coraggio per continuare a vivere in determinate condizioni, apprezzando quello che la vita ci offre, giorno per giorno, nel bene e nel male, ma anche accettando la vita, e coraggio per difendere le nostre emozioni, snobbando la vita. Io non so a quale delle due categorie appartenga, forse a tutte e due a fasi alterne. Forse un po’tutti facciamo così. Ad ogni modo tutto questo mi ha portato a riflettere su un’altra frase, finale di un film di cui non ricordo il titolo, che suggeriva: ”C’è chi eternamente insegue l’amore e chi non può fare di meglio che seguire la corrente”. Questa frase mi colpì molto e nel momento di vita in cui vidi questo film, mi sentii cucita addosso la seconda ipotesi: non poter fare di meglio che seguire la corrente. Ma non la interpretai assolutamente come rassegnazione, anzi come la quintessenza della “scelta”: scegliere con coraggio e magari anche con sacrificio, una certa direzione, contenta di fare la scelta giusta, per il mio bene e per quello degli altri. In fondo c’è eroismo in questa scelta, non troppa abnegazione, perché si sceglie per un bene comune, se non addirittura universale, che in primis premia te stesso. L’idea allucinante di essere costretti a seguire la corrente, idea che spaventava e deprimeva i nostri padri dell’Esistenzialismo, in questa accezione, viene nobilitata, viene meravigliosamente vissuta come “riparazione” che gratifica, solleva, ti fa sentire indispensabile e importante, ti fa capire come non sia il destino a determinare gli eventi, ma sia tu con le tue elezioni, con il tuo valore, pronto ad essere distribuito, a marcare i sentieri del bene.
Bella analisi,Vanna ,e in fondo noi siamo le nostre contraddizioni.Ma tu lo hai spiegato molto meglio di così.Brava!🥰👏👏👏
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Ci portiamo dentro l’eco di una educazione impostata sul valore, sull’impegno, sul “rendere conto di quello che ci è stato dato”. Ci portiamo dentro l’eco di una divisione netta tra “vivere” e “sopravvivere”. Spesso dimentichiamo l’uso di “sopravvivere” come valore, per esempio: “siamo sopravvissuti a una sciagura” oppure “sopravvivere al dolore”. Di botto ci viene più facilmente la superiorità della parola “vivere”. Ma forse non è proprio così. Forse, come dice Vanna, siamo fatti di momenti, di vivere e di sopravvivere…..e di coraggio ce ne vuole sempre tanto.
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Grazie a entrambi, cari amici!
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Credo che conti molto il punto di partenza, essere consci del dove siamo e in quale direzione stiamo andando, cosa portiamo con noi e come vogliamo utilizzare gli strumenti che ci sono stati dati. Poi sì, un attimo si vive quello dopo si sopravvive, spesso non dipende da noi, ma in entrambi i casi ci vuole coraggio e se si sceglie consapevolmente il bene, per sé e intorno a sé è già un gran risultato! Grazie Vanna
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Ciascuno di noi è somma e intreccio anche di contraddizioni…ma è il bello della diretta e della vita che scorre e che presenta il conto di molto che non è prevedibile e con cui si deve fare i conti. Cercare di cavare il meglio dalle situazioni ,svirgolare e svicolare per non lasciarci schiacciare è ascrivibile a coraggio e capacità di adattamento,non fuga che pagheremmo anche psicologicamente con conto molto salato a posteriori.
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