Paesaggio ostile,
ovvero la montagna incantata – di Luca Di Volo

Andò così.
Un gruppo di amici (me compreso), un giorno d’estate, pieno di sole e di noia, ebbe la bella idea di fare un’escursione in montagna.
Incomprensibile, certamente un frutto dell’estate rovente della Versilia. . nessuno di loro era un amante della montagna, né tanto meno delle passeggiate. . ma tant’è…in compagnia prese moglie un frate…
Comunque sia, il mattino presto del giorno dopo li vide in fila, disciplinati come soldatini, affrontare le pendici del Monte Sagro, una delle cime più abbordabili delle Apuane, ma che forse non era proprio adatta alle loro possibilità.
Fatto sta che ad appena metà strada erano già mezzo stramazzati a terra e stavano boccheggiando in debito d’ossigeno.
Fu allora che ad un mio amico, un medico abbastanza stravagante di natura, venne un’idea. Si rivolse a me che fra tutti forse era quello in stato meno comatoso.
“Ma lo sai che ho letto che qui sulle pendici del Monte Sagro hanno trovato l’impronta fossile dello scheletro di un pesce preistorico?!. . ”
Invitava la lepre a correre e lo sapeva.
“Ma sai dov’è di preciso? ”Non mi fidavo molto.
“Proprio qui, a metà salita, a destra del sentiero. . me l’ha detto Beppe. . ”
E se l’aveva detto Beppe…Insomma, accettai e ci mettemmo in cammino.
Stolti. . pensavamo che uno scheletro fossile fosse visibile come un semaforo…Comunque ci allontanavamo sempre di più dal sentiero. Intanto fantasticavamo che, pensa, lì una volta c’era il mare…e giù coi soliti discorsi.
Insomma chiacchierando chiacchierando c’eravamo già allontanati un bel po’ dal sentiero, ma dell’impronta fossile non si vedeva traccia.
Io andavo avanti, il mio amico dietro.
Ma nel porre tutta la nostra attenzione al possibile aspetto che poteva avere uno scheletro preistorico, da un dolce pendio il monte si era fatto sempre più ripido. . e stava rapidamente andando in verticale.
Il mio compagno se ne accorse per primo e mi gridò di stare attento, ma io, scelleratamente, avanzai ancora di qualche passo. . finché, aperti finalmente gli occhi, mi avvidi della tragicità della situazione.
Già. . mi accorsi in un istante che ero appeso. . letteralmente appeso, ad un ciuffo d’erba che mi sosteneva insieme ad una mezza zolla che sporgeva dalla parete. .
Improvvisamente il sereno paesaggio mi mostrò tutto il suo aspetto maligno.
E quello che mi faceva più soffrire non era il pensiero di poter lasciarci le penne. . no, quello che mi tormentava era la vocina che dentro mi diceva: ”Ma come diavolo hai fatto a trovarti in questo stato. . ?! Non solo ora ci rimani, ma oltretutto fai una fine a bischero …perché morire così è proprio da imbecilli …”
Ma il Dio degli stolti ignoranti decise che con me aveva scherzato abbastanza.
Passo dopo passo. . guidato da mio amico, mi appoggiai alla parete, strisciando come un verme, finchè, dopo pochi minuti, che a me parvero un’eternità, raggiunsi un punto stabile.
Mi misi a sedere che tremavo come una foglia.
Da allora non posso più vedere immagini di resti preistorici.
Scritto in modo semplice e fresco, mi piace.
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