Le ferite e il tempo

Le stagioni del cuore – di Carmela De Pilla

Quante stagioni ha visto il vecchio ciliegio?

Tante.

 La sua ampia e folta chioma ancora oggi accoglie e abbraccia  gli uccelli di quel paradisiaco pianoro e rende felici i passanti con i suoi delicati fiori e i suoi frutti che tante volte hanno incorniciato i volti delle bambine con buffi e panciuti  orecchini rossi.

Eppure sul tronco infinite ferite fanno leggere le tante sofferenze subite negli anni, inverni troppo rigidi, estati troppo torride o primavere poco piovose.

 Ce  n’è una in particolare ancora più evidente, in quel punto la corteccia si è spaccata in profondità, si è aperta lacerandosi per un lungo tratto, si vede perfino la parte più interna, cosa sarà stato? Chissà.

Ma il vecchio ciliegio lascia scorrere il tempo, continua a sentire l’abbraccio del sole, la frescura del vento, la musica della pioggia e il solletico delle api che succhiano la sua parte più dolce e continua a regalarci ancora la sua bellezza.

Mi ricorda la Gina questo vecchio ciliegio, la sarta del paese, tuttora bella nonostante i suoi ottantaquattro anni, con i capelli bianchi raccolti in una crocchia e profonde rughe sul viso che la rendono ancora più dolce e saggia.

  • Sono le tante strade che ho percorso nella mia vita,diceva alla nipote quando le accarezzava il volto, alcune sono superficiali, altre più profonde, ma tutte  importanti.

Ne aveva passate tante la Gina, ancora bambina la guerra e la miseria poi un matrimonio voluto dai genitori, tante ferite  avevano graffiato il suo fragile cuore, ma quella più profonda è stata la perdita del figlio ancora cinquantenne.

Quest’ultimo dolore l’aveva devastata, aveva distrutto la sua parte migliore, come poteva accettare di sopravvivere al  figlio?

Ogni giorno era diventato per lei un macigno sulle sue deboli spalle e sempre di più ne rimaneva schiacciata fino a perdere il respiro.

  • Tesoro mio, purtroppo non si muore di dolore sai? Se così fosse io non ci sarei più, diceva alla nipote che andava a trovarla per portarle un sorriso.

Rimase nel suo dolore per un tempo indefinito, non riusciva nemmeno più a percepirlo il tempo, si lasciava vivere in una dimensione che non le apparteneva senza provare più piacere per nessuna cosa.

E invece fu proprio il tempo a sostenerla in questo lungo cammino fatto di sofferenza, di silenzi e solitudine perchè il dolore non si racconta, si prova e basta, scava dentro e disegna ferite profonde che il tempo amico trasforma poi in cicatrici.

Il suo macigno diventava di giorno in giorno meno pesante e la Gina ricominciò a vivere nel presente, ricominciò a sentire i profumi, i sapori , quel giorno fu contenta di preparare la ribollita per la nipote e si stupì quando vide i narcisi appena sbocciati nel suo piccolo giardino, finì anche di leggere quel libro che aveva tenuto sul comodino per molto tempo.

Quella ferita si stava pian piano rimarginando, diventò una cicatrice, visibile è vero, lei lo sapeva che c’era, la teneva nascosta agli occhi degli altri, la curava, ma era sempre lì a ricordarle il vuoto, la mancanza, l’antica sofferenza tanto che in alcuni momenti si ritrovava ancora le lacrime sul viso.

Non era morta di dolore la Gina perchè le ferite non sono per sempre, se così non fosse come faremmo a portare sulle spalle le ferite di una vita?

Avatar di Sconosciuto

Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

2 pensieri riguardo “Le ferite e il tempo”

Lascia un commento