L’albero grande

ll grande albero – di Tina Conti

La vita lo pressava con impegni e responsabilità, era soddisfatto delle mete raggiunte ma  gli mancavano i suoi momenti di  rilassamento e vagabondaggio nei posti della giovinezza.

Guardava fuori dalla finestra e sognava  quelle sensazioni, e i posti cari dei  ricordi.

A volte non ce la faceva  e doveva scappare.,

Indossava le  scarpe ammorbidite con il grasso , un regalo del suo amico  di avventure che ritrovava in estate  per  una ricerca  in montagna.

La giacca, comoda e con tante tasche e lo zaino piccolo sempre pronto  con  un  corredo di sopravvivenza.

Coltellino, spiccioli, fazzoletti, una borraccia, cappellino  e ultimo acquisto il telo termico super leggero  .cose che rimanevano sempre  ad aspettarlo per le fughe.

Nelle tasche della giacca, rotolavano noccioli, sassi di forme arrotondate, una noce.

Non ce la faceva a non piegarsi a raccogliere quelle  cose cosi belle che dentro la tasca accarezzava e indovinava.

Il bastone stava dietro la porta, nessuno lo doveva spostare, era di nocciolo, forte e nodoso ma rassicurante  durante la strada.

I primi passi erano energici, frettolosi, infilava le viottole ,tagliava i campi.

Sentiva la bramosia di arrivare al suo posto speciale.

Ascoltava il vento sul viso, il profumo dell’aria, riconosceva gli odori dei posti che percorreva; il fossato, la concimaia di Rosetta, la capanna dei conigli, il bucato steso al sole il vento di primavera portava l’odore di primi fiori

Passata la spianata, intravedeva la chioma elegante e maestosa della sua quercia.

Sentiva lo svolazzare  dei passerotti, il cinguettio dei merli e pettirossi.

In inverno pace, quiete e la brezza di tramontano che lo costringa  a chiudersi il

colletto della giacca.

Si illuminava di sorrisi, godeva ogni attimo, i passi felpati sul tappeto di muschio lo facevano volare, ascoltava il frusciare delle foglie secche, il canneto che sventolava.

Il capanno dei cacciatori era sempre più rovinato, si erano fatti vecchi  quelli e avevano poche energie, ma  a caccia ci andavano ancora.

Si metteva seduto appoggiato al tronco, spiava  i segni della natura, le foglie che si sbriciolavano fra l’erba i primi fiori coraggiosi.

Che emozione la prima violetta, i boccioli di zampe di gallo.

L’aria lo incantava, chiudeva gli occhi e si immergeva in quelle emozioni.

Ricordava le corse dopo la scuola, la nonna che cantava quando cercava erbe e chiocciole, il rumore del pennato del nonno che faceva fascine.

Stava bene, si riconciliava col mondo, rientrava energico e sorridente, portava in tasca i suoi tesori.

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

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