Il loro albero – di Nadia Peruzzi

Era da sempre il loro albero. Piaceva a tutti e due quell’intrico di rami e arbusti che cambiavano colori e profumi al mutare delle stagioni.
Era il luogo dei giochi e dei segreti. Quello nel quale potevano essere come erano nella realtà. Senza doversi nascondere alle occhiatacce altrui, alle espressioni ammiccanti, a quelle cattive che spesso li accompagnavano quando se ne stavano insieme in una complicità e in una sintonia come ce n’erano poche.
Gli stessi gusti, gli stessi libri, gli stessi film lo stesso sguardo disincantato sul mondo e sulla vita e la curiosità che li muoveva a sperimentare e a lanciarsi in avventure sempre nuove.
Era arrivato per loro il tempo della pittura a portarli nuovamente su quel sentiero. Era una giornata grigia e fredda come il loro umore.
Tuttavia avevano osato lo stesso dirigersi verso l’albero immenso e spoglio e l’intrico di sterpi che sembrava aver perso tutta la vita delle stagioni migliori.
Nemmeno una gemma ad impreziosire i rami. Era il punto dell’anno in cui la morte sembra avere il sopravvento e la natura non sa darsi ancora modo di aprire la strada ad una nuova storia.
Si piazzarono davanti ai rami sparuti tentando di trarne una immagine che avesse un che di rassicurante e confortante.
L’intrico che li circondava faceva tutt’uno con quello delle loro coscienze e dei loro sentimenti.
Non era un momento di gioia per nessuno dei due. Francesco sarebbe partito di li a poco. Aveva trovato lavoro all’altro capo del mondo.
In quel luogo spoglio di vita avevano ritrovato il clima giusto per celebrare un addio.
Dipinsero fino a che la luce resse.
Poi se ne tornarono mestamente a casa , con il dipinto sottobraccio. Nessuno dei due ebbe voglia di mostrarlo all’altro. Nessuno dei due aveva mai compreso bene il perché di quella scelta.
Solo a distanza di anni un amico andando a far visita a Francesco trovò la chiave per una possibile spiegazione. Il quadro di Francesco, nonostante tutto, risplendeva di colori, di atmosfere positive. Erano colpi di pennello forti, netti, quasi a volersi liberare dai lacci che lo legavano ad un presente che gli stava andando sempre più stretto.
Quello che era appeso nella casa di Giulio era spento, vuoto, grigio. Trasudava solitudine e incapacità di pensare e immaginare il futuro.