Il tubo – di Stefania Bonanni



Non succedeva mai niente, in questo paese dimenticato, a metà strada tra il mare profondo, ed il deserto di una smisurata campagna arida.
Fino al giorno in cui arrivò la notizia dell’oleodotto. Avrebbe attraversato il mare, sarebbe sbucato proprio qui, e avrebbe proseguito distruggendo il paese, gli ulivi, quella misera nostra campagna. Tutto sarebbe stato più povero, più deserto, più inutile, più brutto, e soprattutto, non più nostro.
Ci si ritrovava in piazza, seduti sulle panchine di pietra, tutti i giorni, tutto il giorno, fin da quando eravamo piccoli. Mai molto allegri, più spesso annoiati, sempre sognando e parlando di andare via. Solo che non si sapeva dove, né a far che. E consapevoli che si sarebbe stati soli.
La notizia dell’arrivo del tubo ci aveva devastato. Solo sul momento, però. Perché poi ci era nata dentro una rabbia che cresceva via via che passavano i giorni. La rabbia ci aveva scosso, ci dava energia e parole, e voglia di gridare, ma anche di ballare, cantare, e di ridere. Di saltare e di abbracciarci.
Finché il tubo arrivò davvero. Nessuno ci aveva ascoltati, né visti, né sentiti.
Un tubo gigantesco, piazzato tra il mare e la spiaggia, subito dietro la barriera di scogli.
Ci si avvicinò con sospetto. Era enorme: un lombrico transgenico, un’arteria di ferro. Ma la dimensione che più ci colpì fu quella del foro, dentro al tubo. Lucido, rifletteva le onde e moltiplicata il riverbero dei raggi di sole. Sembrava un’armatura. Poteva essere un’armatura. Faceva sognare. Sembrava il carapace di un animale sconosciuto. A noi sembrò una tana. Era rovente di giorno e freddissimo di notte, ma ci nascondeva e riparava. Non ci pioveva, come in piazza. Non si vedeva nulla, guardando da fuori il riflesso del sole sul metallo faceva sembrare tutto buio. Ci si poteva cantare, ed il rimbombo faceva compagnia, ci si poteva rintanare bagnati appena usciti dall’acqua, si ballava, si scivolava sulle pareti tonde.
Non ci si divertiva così da quando avevano smesso di alzare il palo della cuccagna, in piazza.
Un racconto completo ed efficace …per parole ed immagini.
Come sempre dire ” brava ” è poco
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