Gruppo di signore in un esterno – di Nadia Peruzzi

Più di uno al paese andava raccontando che ci erano nate su quell’angolo di strada,in quello scorcio di case un po’ sgarrupate ma vive. Si erano ritrovate a giocare lì con i loro vestitini a fiori, ai tempi della scuola,nelle ore del pomeriggio a compiti fatti.Crescendo, quel canto del paese era diventato il luogo dei segreti della loro adolescenza, dei primi amori che si dovevano tener segreti ai genitori e dovevano rimaner celati nel patto ferreo fra loro,pena la rottura della loro amicizia. Poi il racconto dei matrimoni e dei fidanzamenti,dei figli in arrivo o già arrivati e le complicazioni ,le ansie ,la felicità che ognuna trasmetteva alle altre.Adesso chi passa vicino a loro e le saluta mentre rincasa le guarda come sopravvissute di un mondo non più al passo con i tempi. Troppo sanguigno e fatto di rapporti diretti, sull’uscio di casa,dopo aver fatto le faccende di corsa per trovare il tempo per parlarsi e stare insieme facendo pure qualche lavoretto per diletto. Più di una volta era il prendersi in giro con bonomia ad avere il sopravvento, spessissimo il divertimento era fare il liscio e busso a chi si ritrovava a passare davanti a loro.La signora Argia era quella che se la passava peggio.Appena sentivano il ticchettio dei tacchi da 12 in fondo alla via,erano già pronte a farle la radiografia.Quanti bracciali,quante collane,quanto trucco! Era un po’ sopra le righe la signora Argia ,le piaceva mettersi in mostra e loro non gliene perdonavano una. Avevano scoperto anche il primo dei tanti ritocchini che si era fatta nel corso degli anni. “ Ma non si guarda allo specchio prima di uscire con quelle gonne così corte?E quelle labbra ormai a canotto?”“ E qui poeromo di Alvise come farà con tutte le corna che si porta appresso da anni?Possibile che un si sia mai accorto di nulla? Ohimmena,che mondo arrovesciato!” E giù a sferruzzare l’ennesimo maglioncino che poi nessuno dei nipoti si mette mai. “ Vanno dai Benetton, loro, mai avuto il piacere di vedergliene indossare uno alla Luisa ”, dice la Pina.“Ma lo sapete, fa la Giuseppa, che l’Alice l’è incinta? Ma mica di su’ marito. Sembra di uno che l’ha incontrato in discoteca una sera che la c’è andata con le amiche!” “Che tempi” dicono in coro le altre! La trina di uncinetto sembra non finire mai. Forse è come quella di Penelope . La sera a casa l’Armida la disfa per rifarla uguale uguale il giorno dopo . Ne ha fatte così tante di trine all’uncinetto che ormai non sa più dove attaccarle. Anche la stanza da bagno ne è piena e sa che suo marito non le sopporta più. “Sono stufo di vivere dentro una bomboniera !Prima o poi te le stacco tutte!” le ha detto più di una volta. Nell’epoca del tutti frettolosi e tutti chiusi in casa , quel quartetto è diventato man mano la memoria storica e insieme l’autobiografia del paese. Il paese è così si sa tutto di tutti, ma qualcuno ne sa sempre più di qualcun altro e le arzille vecchiette non erano seconde a nessuno. Non è difficile pensare che dopo aver vissuto per tanto tempo insieme, per non far dispiacere all’una o all’altra, possano anche passare a miglior vita tutte nello stesso momento.E perché no anche su quell’angolo che ha visto srotolarsi le loro vite, le loro gioie , i loro dolori , le loro ciarle venate di ironia e molta saggezza contadina. Il sindaco, noto anticipatore e organizzatore indefesso, da qualche tempo rimuginava su come tradurle in fonte sempiterna di ispirazione. Un monumento per consegnarle all’immortalità sarà sufficiente e di che tipo? “ Quasi quasi ne parlo con il geometra Compasso, è un tipo un po’ strano, ma di idee ne ha da vendere e penso che faremo proprio un bel lavoro”.